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Daewoo era in procinto di acquisire 1,3 milioni di ettari coltivabili per 99 anni, quasi gratuitamente e<br />

con il sostegno del governo malgascio.<br />

Da allora, la locuzione land grabbing – seppur contestata e/o criticata da una parte del dibattito<br />

accademico e politico – è divenuta una sorta di “catch-all framework” (Borras et al., 2010, p. 1) per<br />

identificare la crescente importanza della risorsa suolo. In effetti, anche se non vi è una definizione<br />

condivisa, si riscontra un sostanziale “underlying minimalist consensus about a worldwide upsurge in<br />

land” (Edelman et al., 2013, p. 1518).<br />

In questa fase iniziale del dibattito, definita “making sense period” (ibid., p. 1517), si registra un<br />

ruolo centrale dei mezzi di comunicazione. L’eco data al land grabbing dai mass media ha contribuito<br />

ad alimentare l’attenzione verso l’evento e, in un certo senso, anche ad orientarne la comprensione.<br />

Sono così emerse certe “<strong>geografie</strong>” del land grabbing, con un peso rilevante assegnato ad alcuni Stati e<br />

a determinati drivers come causa delle acquisizioni. L’universo narrativo proposto dai mezzi di comunicazione<br />

privilegiava una visione in chiave neocoloniale del fenomeno, identificando il land grabbing<br />

come un fenomeno innescato dalle aziende e dai governi di Paesi del Golfo Persico e di quelli provenienti<br />

dalle economie emergenti dell’Asia. Probabilmente, come suggerisce De Castro (2012, p. 111),<br />

proprio l’associazione del land grabbing al “meta-racconto del colonialismo”, ha contribuito alla sua<br />

popolarità. La narrazione delle <strong>geografie</strong> del land grabbing ne è risultata sbilanciata, oscurando sia il<br />

ruolo dei capitali occidentali, sia il complesso dei motivi che hanno dato nuova centralità alla terra.<br />

Una concezione come quella ricordata, per quanto in certi casi risulti pertinente (3), contiene infatti<br />

diverse semplificazioni ed imprecisioni. Solo per proporre un esempio, non rende conto delle acquisizioni<br />

di Stati esportatori netti di derrate agricole, come nel caso del Brasile con i suoi investimenti<br />

in Mozambico (Clements, Mançano Fernandes, 2013).<br />

Questo tipo di inquadramento dei processi di land grabbing, di fatto, ha inficiato la messa a fuoco<br />

di molte altre questioni che ruotano intorno al controverso fenomeno. In particolare, i limiti principali<br />

che il frame neocoloniale contiene possono essere così sintetizzati:<br />

– la propensione a sostenere una lettura del fenomeno foodsecurity centric, centrata cioè esclusivamente<br />

sulle questioni della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari;<br />

– la conseguente enfasi sul ruolo di nuovi colonizzatori svolto da alcuni Paesi come la Cina e le<br />

monarchie del Golfo Persico; più in generale, la tendenza a focalizzare sulla nazionalità “straniera”<br />

degli investitori, con il duplice rischio di oscurare le dinamiche interne e/o considerare negativamente<br />

tutte le transazioni fondiarie finanziate da capitali non nazionali;<br />

– un’impostazione fortemente africo-centrica, con una limitata attenzione alle pratiche relative<br />

all’accesso e al controllo della terra che si manifestano al di fuori del continente africano;<br />

3. LA “NUOVA” CORSA ALLA TERRA. — Le acquisizioni di vaste estensioni di terra, in effetti, non<br />

sono una novità. I precedenti storici più noti sono le enclosures britanniche e le espropriazioni di terre<br />

ai nativi americani e australiani. Durante il colonialismo, poi, erano pratica comune: attraverso di essa<br />

vaste estensioni di terre furono sottratte alle comunità indigene per essere destinate a coltivazioni, con<br />

la forza delle armi o con la debole copertura di atti “giuridici” assolutamente sbilanciati.<br />

Cogliere gli elementi che qualificano come “nuova” l’attuale corsa alla terra, implica allora uno<br />

sforzo di contestualizzazione. Come sostenuto da Peluso e Lund (2011), la comprensione delle dinamiche<br />

odierne passa per la messa a fuoco degli attori, dei meccanismi di controllo “as well as the political<br />

economic context of neoliberalism that dominates this particular stage of the capitalist world system”<br />

(ibid., p. 672).<br />

In linea con questa impostazione, il land grabbing va collocato all’interno della confluenza di molteplici<br />

crisi, connessa alla carenza di cibo, di energia, all’ipertrofia dei mercati finanziari e ai cambia-<br />

(3) Si veda il caso degli investimenti libici in Mali in Baxter (2011).<br />

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