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corso interessa più Stati nazionali. Inoltre, sul piano funzionale, e si potrebbe dire anche su quello<br />

economico e politico, si riconobbe l’unitarietà del bacino internazionale, sciogliendolo dalla frammentazione<br />

amministrativa derivante dalle sovranità internazionali concorrenti.<br />

La complessa ed articolata rete di relazioni transcalari, che così furono riconosciute, destarono la<br />

non piena condivisione in ambito internazionale. Infatti, soprattutto dove il controllo e la possibilità di<br />

definizione unilaterale degli assetti di gestione rappresentavano una prerogativa volta alla definizione degli<br />

assetti strategici internazionali, tale tesi fu maggiormente avversata. Avvenuto il riconoscimento dello<br />

status internazionale dei fiumi, anche lo stesso concetto di bacino idrografico avrebbe risentito della<br />

stessa sorte. Tuttavia occorre ricordare che per la portata territoriale del concetto stesso di bacino idrografico,<br />

non è stata facile l’evoluzione normativa; in tal senso, è divenuto ancora più evidente il conflitto<br />

tra la sovranità nazionale e lo status dei bacini internazionali.<br />

In tale prospettiva, solo a partire dalla fine degli anni cinquanta del secolo scorso, sulla base del<br />

concetto dell’interdipendenza, l’International Law Association (ILA) introdusse il concetto di international<br />

drainage basin. La definizione dell’ILA comprendeva il corso principale del fiume i suoi tributari<br />

e le acque sotterranee, compresi i territori da esse interessati (Caponera, 1980). Questa definizione<br />

sposta l’attenzione su quello che lo stesso organismo definiva system of water, inteso quale elemento<br />

imprescindibile nella definizione del bacino idrografico, con un immediato riflesso sul tema della gestione<br />

e dello sfruttamento.<br />

Da questi cenni possiamo desumere che l’elemento dell’interdipendenza, insieme a quello della sistemicità,<br />

hanno rappresentato i fattori determinanti per l’innovazione normativa e la rimodulazione<br />

dell’azione politico-amministrativa degli Stati, in ordine ai bacini idrografici internazionali.<br />

Lo sviluppo dei concetti che abbiamo ricordato ha fatto capo all’attività normativa posta in essere<br />

per lo più sotto gli auspici delle Nazioni Unite, con l’intendimento di ridurre il potenziale di conflittualità<br />

in un ambito così complesso e dibattuto. Tuttavia occorre osservare che l’ambito delle risorse<br />

idriche ha conosciuto un’antica tradizione normativa di carattere consuetudinario, che la pratica degli<br />

Stati ha via via definito e strutturato. Va però detto che i principi che hanno informato il corpus consuetudinario<br />

in materia non si ispiravano ai concetti che hanno informato l’evoluzione pattizia delle<br />

norme, bensì alle prerogative derivanti dalla sovranità nazionale.<br />

Tale situazione ha fatto sì che, all’interno dello stesso corpus giuridico, convivessero, almeno fino<br />

alla seconda metà del Novecento, orientamenti giuridici e di prassi fondanti su presupposti geografici e<br />

giuridici contrapposti.<br />

Lo status giuridico internazionale come abbiamo detto viene riconosciuto in tempi relativamente<br />

recenti. Prima di questa evoluzione epocale, convivevano in ambito giuridico due visioni sostanzialmente<br />

opposte, finalizzate a far valere le posizioni relative degli Stati riguardo al corso del fiume e<br />

quindi all’interno del bacino idrografico.<br />

Da una lato abbiamo la “Dottrina Harmon”, facente capo ad un pronunciamento dell’avvocato generale<br />

degli Stati Uniti del 1895, circa lo sfruttamento del Rio Grande. Questa sentenza rifiutava le richieste<br />

del Messico di un accordo preventivo con gli Stati Uniti per lo sfruttamento del Rio Grande. Il<br />

principio cui faceva riferimento la sentenza era sostanzialmente quello della piena sovranità dello Stato<br />

per la porzione di fiume che interessa il proprio territorio. Tale scelta nella prospettiva della più recente<br />

evoluzione giuridica tendeva a negare lo status internazionale del fiume. Anzi, la sentenza ribadiva che lo<br />

Stato autonomamente poteva accettare limitazioni di sovranità, senza riconoscere l’esistenza di principi<br />

generali in tale direzione. Questa posizione era quella che, nella maggior parte delle controversie, caratterizzava<br />

il comportamento degli Stati a monte, cui si opponeva invece la “Dottrina dell’assoluta integrità<br />

territoriale”, sostenuta dagli Stati a valle. Questo approccio voleva garantire l’integrità del flusso sia in<br />

termini di volumi, sia qualitativi del corso a valle. Entrambe le dottrine facevano comunque capo alla sovranità<br />

statale, escludendo l’ipotesi della cooperazione, che invece si sarebbe fondata sulla limitazione<br />

della sovranità nazionale, e sul fattore dell’interdipendenza. Su questi presupposti come abbiamo visto si<br />

sarebbe basata l’innovazione sul piano giuridico.<br />

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