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gestire il patrimonio (naturale, secondo Ostrom) in modo soddisfacente per se stessi e duraturo nel<br />

lungo periodo.<br />

Tutti i beni comuni incorporano un sistema di relazioni sociali basato sulla cooperazione e sulla<br />

partecipazione, che è l’esatto contrario dell’individualismo e del competitivismo, su cui si fonda il sistema<br />

capitalista.<br />

Il principale problema che pongono i beni comuni e la loro “tragedia” (Ostrom, 1990) consiste pertanto<br />

nel definire regole di gestione che ne consentano un uso equo e continuato nel tempo. Si tratta, in<br />

altre parole, di preservare il singolo bene comune nel lungo periodo attraverso forme di gestione eque e<br />

cooperative che ne garantiscano la fruizione senza che porti a privatizzazioni. Nell’era della globalizzazione<br />

il concetto di bene comune si amplia sia nella tipologia che nello <strong>spazi</strong>o. Il clima, l’aria, l’acqua in<br />

tutte le sue forme, la biodiversità per i quali non è possibile, in quanto appunto “globali”, instaurare regimi<br />

comunitari territoriali di gestione (Salomone, 2014), ma anche alcuni beni intangibili e tangibili (tra<br />

questi ultimi i beni demaniali), che appartengono a quello che Dematteis e Governa (2005) chiamano<br />

“capitale territoriale” (1), inteso come un “insieme localizzato di beni comuni, materiali e non, che<br />

producono vantaggi collettivi non divisibili e non appropriabili privatamente”.<br />

Il secondo tema è invece connesso all’idea di territorio che i decisori pubblici intendono attuare o<br />

perseguire in coerenza con il mandato ricevuto dai cittadini. Le scelte di valorizzazione del patrimonio<br />

pubblico hanno un enorme impatto di natura sociale ed economica sui territori interessati. In particolare,<br />

un’azione di utilizzazione delle aree militari dismesse deve favorire lo sviluppo socio-economico<br />

di un regione in relazione all’idea che si vuol perseguire. Le iniziative di riqualificazione sono,<br />

non solo necessarie, ma a volte ineludibili, se non si vuol mettere a rischio la sopravvivenza del bene<br />

stesso. Inoltre, laddove l’iniziativa imprenditoriale privata inevitabilmente ha un ruolo importante,<br />

deve esserci un’attenzione prioritaria ai benefici a favore delle comunità locali.<br />

Le diverse opere per cambiare le <strong>città</strong> attraverso azioni di rivitalizzazione delle periferie, di riqualificazione<br />

del patrimonio edilizio, di realizzazione di nuove architetture sostenibili ed intelligenti (2),<br />

costituiscono occasioni per la circolazione e accumulazione del capitale economico e culturale, ovvero<br />

per la creazione di forme (più o meno virtuose o bilanciate) di sviluppo (Vanolo, 2015).<br />

In particolare le ex caserme rappresentano una straordinaria opportunità per gli enti territoriali<br />

coinvolti, perché gli permette di migliorare e ridisegnare il tessuto urbano (Turri, 2010).<br />

Infatti, le aree ex militari per le loro caratteristiche intrinseche (estensione, posizione, valore architettonico,<br />

ecc.) sono dei beni da riqualificare attraverso azioni di tipo strategico-funzionale. Queste<br />

devono essere finalizzate a dare, attraverso l’integrazione fra benessere, loisir, sport e cultura, una risposta<br />

convincente e qualitativamente importante per riunire due parti (la caserme e la <strong>città</strong>) per<br />

lungo tempo separati. I grandi contenitori dismessi dovrebbero essere rigenerati in <strong>luoghi</strong> ed edifici il<br />

cui riuso possa essere fatto in modo appropriato e soddisfacente per i cittadini (utilizzatori) e di lunga<br />

durata (concetto di bene comune).<br />

3. LE AREE EX MILITARI: “VUOTI URBANI” CHE DIVENGONO PATRIMONI RIFUNZIONALIZZATI. —<br />

Il patrimonio delle aree ex militari è molto ampio e articolato. Distribuito su tutto il territorio nazionale,<br />

lungo le coste e nelle zone alpine, nelle <strong>città</strong> metropolitane e nei piccoli comuni posti sui confini, esso<br />

consiste in una grande varietà di costruzioni e insediamenti: dalle caserme, ad arsenali, industrie, laboratori,<br />

sistemi fortificati, alloggi, ospedali, depositi, porti, basi aeree, fino alle aree libere di valore paesaggistico<br />

e ambientale, ai campi di esercitazione, ai poligoni di tiro.<br />

(1) Sul capitale territoriale e i processi di patrimonializzazione si vedano in particolare Choay (1995); Governa (1997); Dansero e<br />

Governa (2003).<br />

(2) Sull’argomento si vedano tra gli altri, Hollands (2008); EU-POLIS (2013); Gibbs et al. (2013); Murgante e Borruso (2013); Aru et<br />

al. (2014); Vanolo (2014).<br />

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