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È questo il caso dei rifiuti marini; che a livello normativo hanno inquadramenti diversi in funzione<br />

della loro raccolta. Infatti i rifiuti spiaggiati sono rifiuti urbani assimilabili: “Sono rifiuti urbani: ‘rifiuti<br />

di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private<br />

comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi<br />

d’acqua’” (D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., art. 184 “Classificazione”, comma 2, lett. d). Quelli raccolti in<br />

mare, di converso, hanno una specifica legislazione precedente (D.Lgs. 182/03) che tuttavia essendo<br />

norma speciale è assoggettata al succitato D.Lgs. 152/06. Tale situazione appare complicare l’applicazione<br />

operativa.<br />

Sinteticamente, da osservatori di una visione più ampia e da analisti di processo, sembra che la<br />

pubblica amministrazione dimentichi i principi ispiratori che sono comunque presenti nei regimi di<br />

civil law e che dovrebbero guidare l’attuazione specifica nell’ultima responsabilità del “decisore” a<br />

scala locale: “La promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia<br />

ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse<br />

naturali” (D.Lgs. 152/06, art. 2).<br />

Il risultato è, come detto, un’inerzia amministrativa alla quale si aggiunge l’inerzia delle imprese<br />

del ciclo dei rifiuti nell’immaginare nuovi percorsi, trattandosi di filiere lunghe e frammentate che devono<br />

seguire norme e adesioni a regolamenti volontari per poter inserirsi al meglio nella filiera di recupero<br />

e/o smaltimento.<br />

Infine c’è da considerare almeno un altro livello di complessità: la mancanza di marginalità dell’operazione<br />

di recupero dei rifiuti marini spiaggiati o in mare, flottanti o sui fondali. Questa tematica<br />

soffre più delle altre della mancanza di una politica ambientale in termini di tasse e sussidi, tipiche<br />

delle metodologie classiche di contrasto della tragedia del bene comune.<br />

3.2 La soluzione. — Con un quadro così complesso appare impossibile districare una soluzione.<br />

Eppure la soluzione esiste o almeno appare necessario trovarla.<br />

Il modello proposto nel presente contributo può godere di un’esperienza pratica che consente una<br />

serie di analisi misurabili nel caso applicativo. Nello specifico il principio ispiratore che ha guidato<br />

l’intero processo è l’arte. L’arte di per sé è più forte e svincolato dalla “norma” per sua stessa natura:<br />

“fuori legge” per definizione.<br />

In questo modo, la realizzazione di opere ottenuta dai rifiuti marini da parte di artisti globalmente<br />

riconosciuti, ha offerto la necessaria visibilità e comunicazione a sostegno dell’azione sperimentale, così<br />

da spingere anche la pubblica amministrazione a prendere almeno in considerazione la possibilità, e le<br />

potenzialità, di percorsi sperimentali per la realizzazione di queste opere.<br />

Ciò ha unito l’umanità in senso lato di tutti gli stakeholders che hanno potuto superare i vincoli di<br />

“costo” e “margine” tipici dell’impresa. L’innesco ha generato anche la possibilità di instaurarsi un<br />

processo aggregativo – di massa – che ha permesso di consolidare le finalità specifiche di ogni portatore<br />

di interesse: a) per la pubblica amministrazione, la visibilità ed il rapporto con la cittadinanza;<br />

b) per le associazioni, per la prima volta la possibilità di “mostrare in piazza” in modo più ampio<br />

l’interesse di una comunità verso i valori etici sociali; c) per le imprese coinvolte, provare e “prototipare”<br />

a costi ridotti nuovi percorsi.<br />

Infine l’ultima chiave di soluzione, forse la più forte: la coesione, o nello specifico sarebbe più corretto<br />

dire il collante; ciò è dato dall’unione dell’umanità e della conoscenza, che diventano forte visione<br />

e missione strategica stabile di un’altra consapevolezza legata alla tragedia del bene comune: la durata<br />

nel tempo. Questo limite apparente – il tempo – si trasforma invece in un grande alleato, poiché consente<br />

la costituzione di soluzioni complesse declinate rispetto ad un “requisito” durevole, la tragedia<br />

appunto. Tale aspetto si lega alla mission di tutte le imprese sociali ed etiche, come dimostra ad esempio<br />

Banca Etica che spiega come il credito a economie reali e territoriali goda della loro resilienza.<br />

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