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La Comunità Europea ha fatto delle regioni degli interlocutori privilegiati, al fine di promuovere uno sviluppo locale<br />

in grado di superare i confini tra Stati membri, ritenendo più efficace un’azione che veda come protagoniste<br />

aree territoriali contigue, accomunate da problematiche simili, piuttosto che interi territori statali, considerati separatamente<br />

l’uno dall’altro (Berionni, 2012, p. 729).<br />

Con il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), sin dagli anni Settanta, le regioni hanno giocato<br />

un ruolo via via più rilevante non solamente come beneficiarie di interventi, ma anche come promotrici<br />

di iniziative finalizzate allo sviluppo. In questo percorso evolutivo di sempre maggiore protagonismo<br />

regionale, si inserisce il tema delle macroregioni. Le strategie europee per le macroregioni,<br />

che la UE sta definendo in questi ultimi anni, in quanto aggregati di Stati o di regioni amministrative<br />

all’interno di uno Stato, possono costituire strumenti innovativi per il governo di territori che abbiano<br />

alcune caratteristiche in comune o che, più semplicemente, vogliano raccogliere sfide comuni ed agire<br />

in maniera integrata tra di loro (Bianchi, 2014). In questo senso, la macroregione non è un’entità politica<br />

a sé né possiede istituzioni specifiche che si pongano al di sopra o al pari di quelle nazionali. I suoi<br />

confini possono variare a seconda del problema che si vuole affrontare e delle strategie che si intendono<br />

promuovere. In un’ottica geografica, si tratta tecnicamente di una “regione programma”, che<br />

viene pensata perché in essa si intende svolgere un certo tipo di interventi e di attività programmate, e<br />

ciò indipendentemente dal grado di omogeneità delle caratteristiche presenti e dalle relazioni economiche<br />

che già intercorrono. Non solo, con la macroregione, l’approccio tradizionale di intervento,<br />

strutturato sulla base della prossimità territoriale, può venire meno in favore di identificazione di aree<br />

che appartengono a reti funzionali dalle più svariate geometrie ed ampiezze. Si tratta, perciò di aree<br />

generalmente molto vaste, costituitesi di recente, nelle quali si stanno attualmente sperimentando<br />

nuovi modelli di gestione senza tuttavia prevedere, da parte della UE, speciali ed ulteriori fonti di finanziamento<br />

per la loro implementazione, partendo dalla convinzione che Stati diversi debbano confrontarsi<br />

con sfide comuni e con problematiche comuni, e che a tal fine, siano indispensabili nuove<br />

forme di cooperazione regionale rispetto a quelle sino ad ora sperimentate (European Commission,<br />

2009a; Braun, Kovács, 2011; Cugusi, 2012; Bialasiewicz et al., 2013).<br />

2. LE STRATEGIE DELL’UNIONE EUROPEA CON RIFERIMENTO ALLE MACROREGIONI. — La prima<br />

strategia macroregionale che è stata adottata dall’Unione europea ha interessato la regione del Mar<br />

Baltico, un’area che conta circa 85 milioni di abitanti (ossia il 17% della popolazione della UE) e che<br />

comprende otto Stati membri: Svezia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania e<br />

Polonia.<br />

La strategia dell’Unione europea per la regione del Mar Baltico (EUSBSR, nell’acronimo in lingua<br />

inglese), approvata dal Consiglio europeo nel 2009, mira a rafforzare la cooperazione e l’integrazione<br />

all’interno di questo ampio territorio, e, pertanto, contribuisce alla realizzazione degli obiettivi previsti<br />

dalle politiche europee. In questo specifico caso, la strategia è uno strumento per perseguire alcuni<br />

obiettivi generali: “Saving the sea, connecting the region and increasing prosperity” (http://balticsearegion.eu).<br />

Ogni obiettivo generale si riferisce a un’ampia gamma di politiche da attuare e ad obiettivi<br />

più specifici.<br />

La salvaguardia del mare è un obiettivo prioritario; attualmente, infatti, il Mar Baltico manifesta<br />

pesanti criticità, essendo un mare fra i più inquinati al mondo e costantemente a rischio di eutrofizzazione<br />

delle acque e di forti prelievi a seguito dell’attività di pesca. Salvare questo mare vuol dire innanzitutto<br />

raggiungere un buon stato ecologico e tutelare ed incrementarne il grado di biodiversità, condizioni<br />

che porterebbero benefici sulle popolazioni dell’area e che sarebbero importanti anche per sviluppare<br />

un’industria turistica. L’obiettivo “Save the sea” tende anche a ripristinare un modello di navigazione<br />

pulita, stanti gli intensi traffici che coinvolgono queste aree del Baltico e a sostenere la crescita<br />

delle piccole e medie imprese. L’intera regione del Mar Baltico, come è noto, è fra le più competitive al<br />

mondo. Per questa ragione, in effetti, sono previsti entro il 2020 quasi 10 miliardi di euro di spesa in<br />

oltre 1.000 progetti nell’ambito dei programmi di cooperazione territoriale della UE, mentre alcuni<br />

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