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acquisirne un’altra sulla quale anche la borsa stessa avesse messo gli occhi. Un’ulteriore criticità è rappresentata<br />

dalla natura stessa di società per azioni. La strategia aziendale viene dettata dagli shareholders,<br />

interessati sovente alla pura redditività di breve periodo. In questo modello non vi è <strong>spazi</strong>o per<br />

la voce delle altre categorie di stakeholders. Siamo dunque anni luce lontani dalle rivendicazioni dei<br />

propugnatori di “commons finanziari”. A complicare il tutto in termini di trasparenza e public accountability<br />

vi è l’estrema opacità che caratterizza i dati sulla compagine proprietaria delle nuove borse SpA,<br />

una compagine potenzialmente instabile e in frequente alternanza.<br />

Le borse si sono demutualizzate – così recita la versione ufficiale – per ammodernarsi. Davanti alle<br />

difficoltà di organizzare il consenso all’interno di una struttura mutualistica e alla necessità di scelte<br />

drastiche e celeri in un settore in rapida evoluzione – come l’abbandono del trading fisico a favore di<br />

quello elettronico – nonché all’urgenza di reperire fondi con cui finanziare gli investimenti in nuove<br />

tecnologie, la panacea sembrò convertirsi in società per azioni. Ciò garantiva una gestione più snella e<br />

l’allestimento in grande stile di infrastrutture informatiche. L’aspetto invece meno evidenziato è che<br />

ciò ha comportato l’esautorazione dei pesci piccoli a vantaggio delle grandi banche d’investimento e<br />

delle principali agenzie di intermediazione.<br />

L’essersi trasformate in società per azioni ha certamente conferito alle borse un dinamismo prima<br />

impensabile. Si sono spalancate le porte delle fusioni e con esse la possibilità di ampliare la gamma dei<br />

prodotti offerti (unendo ad esempio una borsa valori ad una a termine) e il proprio bacino d’utenza. Anziché<br />

cercare di attrarre società in cerca di quotazione o strapparle (cosa poco agevole) ai concorrenti, è<br />

diventato possibile procurarsele come portafoglio clienti portato in dote da una borsa acquisita. Fusioni e<br />

accordi di cooperazione di varia natura hanno poi permesso di sfruttare economie di scala nello sviluppo<br />

congiunto di piattaforme informatiche. Mai presi in considerazione a notizia della scrivente, ma forse non<br />

trascurabili sono anche i vantaggi di natura fiscale (o, più generalmente, legale) derivanti dallo status di<br />

multinazionale. Probabilmente la sede nei Paesi Bassi di Euronext non è casuale.<br />

Quest’epoca di grande vitalità del mercato è stata contrassegnata paradossalmente dal declino<br />

delle borse regolamentate. Con la rivoluzione informatica e sotto gli auspici di una legislazione – negli<br />

Stati Uniti e in Europa – sempre più aperta, hanno iniziato a proliferare piattaforme telematiche alternative<br />

ai mercati tradizionali. Si tratta di sistemi più economici in quanto non prevedono la quotazione<br />

di titoli ma soltanto l’incontro fra domanda e offerta di titoli già quotati risparmiando sull’intermediazione<br />

e sostituendola con algoritmi di appaiamento automatico degli ordini. Questo sviluppo<br />

parrebbe indice di maggior concorrenzialità e più estese possibilità di accesso al credito. La realtà è invece<br />

è un po’ più complessa. Innanzitutto, se è vero che le borse tradizionali hanno iniziato a fondersi<br />

anche per rafforzarsi rispetto ai nuovi concorrenti, questi ultimi a loro volta sono andati soggetti a un<br />

processo di consolidamento. Negli Stati Uniti Bats e Direct Edge erano le maggiori piattaforme informatiche<br />

di negoziazione, forti ciascuna di circa un decimo del giro d’affari azionario del Paese (Banks,<br />

2014, p. 28). Nel 2014 l’una ha acquistato l’altra. Ma i consolidamenti non sono puramente settoriali.<br />

Molto spesso invece avvengono fra borse tradizionali e non. Si tratta sia dell’opportunità di neutralizzare<br />

un pericoloso rivale che di aprirsi nuovi mercati. Così nel 2006 NYSE ha acquistato Archipelago,<br />

uno delle principali piattaforme elettroniche, e NASDAQ Instinet, pioniere storico nel campo del<br />

trading alternativo (5).<br />

Accanto al fenomeno delle piattaforme non convenzionali, vi è quello più tradizionale dell’internalizzazione<br />

delle transazioni da parte delle grandi banche d’investimento, che possono facilmente<br />

soddisfare gli ordini di compravendita dei clienti internamente, senza bisogno di passare per le borse.<br />

Ad entrambi questi fenomeni si collega quello più specifico dei dark pools. L’evocativa dizione si riferisce<br />

a tutti quei mercati (elettronici e non) che assicurano l’anonimità delle transazioni, a differenza dei<br />

lit pools. L’investitore che non desideri lasciar traccia e modificare i corsi a proprio sfavore tramite la<br />

(5) Ceduto a Nomura nel 2007.<br />

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