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uite su più reparti e più piani: un modello che rende efficiente la separazione planimetrica dell’impianto<br />

a padiglioni, effettuandola in altezza. Il dispositivo di “allontanamento e separazione” fa uso<br />

ancora una volta del criterio di localizzazione, ma a volte il tipo edilizio non rende necessario il recinto:<br />

isolato in un lotto di vaste dimensioni e organizzato secondo un accesso centralizzato, è sufficiente<br />

a garantire le forme della “società del controllo” rispetto a quelle della “società disciplinare”<br />

(Deleuze, 1990).<br />

2. DELLA DISMISSIONE E DEL RIUSO. — La dismissione di un universo concentrazionario ripropone<br />

l’interrogativo leniniano “che fare?” dei manufatti edilizi, delle infrastrutture, degli <strong>spazi</strong> che<br />

quell’universo occupava. Non hanno più chi li abita, costituiscono un patrimonio demaniale a volte<br />

inserito in pregiati brani di <strong>città</strong> e territori, il degrado sostituisce l’obsolescenza e nuove funzioni appaiono<br />

il necessario presupposto per insediarvi nuove popolazioni, seppure “transurbanti” (Careri,<br />

2006).<br />

Il riuso più difficoltoso, principalmente per il tipo edilizio con aperture a “bocca di lupo”, appare<br />

quello delle carceri “dure”, che pure suscitano un forte interesse nell’opinione pubblica: in occasione<br />

di “Monumenti aperti” del 2015, il sito più visitato è stato il carcere di Buoncammino a Cagliari, appena<br />

dismesso. Una possibilità di riuso è rappresentata dall’inserimento delle sedi carcerarie in parchi<br />

che, pur nascendo come “naturali” ed essendo posti sotto l’egida del Ministero dell’ambiente, sono<br />

spesso “a tema”, sulla scia di Alcatraz, come accade in alcune isole dell’arcipelago toscano, a Ustica o<br />

all’Asinara: forse anche per questo – oltre che per la maggiore adattabilità della funzione a una configurazione<br />

fisica che priva dell’illuminazione naturale – pare più agevole la musealizzazione o la realizzazione<br />

di archivi, in grado di operare una sorta di sospensione tra passato, presente e futuro.<br />

Un universo carcerario che permette una dismissione e un riuso parziali è la colonia penale, destinata<br />

a detenuti che svolgono attività lavorative – normalmente agricola o zootecnica – all’aperto:<br />

sorta di tipo “a padiglioni” diffusi in un territorio esteso, nei secoli XIX e XX la colonia penale è stata,<br />

in alcuni casi, il primo caposaldo di imponenti opere di bonifica idraulica o agraria, utilizzando la<br />

mano d’opera carceraria sul modello della damnatio ad metalla o delle saline.<br />

L’ospedale psichiatrico è la prima forma di istituzione totale, assieme ad alcune carceri, a mutare<br />

radicalmente funzione e ruolo nella <strong>città</strong>. Con la legge 180 del 1980 cambia il modello e molti <strong>spazi</strong> –<br />

spesso riferiti ai modelli a padiglione – sono destinati ad altri usi, spesso legati alla funzione originaria<br />

(sanità di base, università), mentre gli <strong>spazi</strong> aperti assumono una nuova funzione di parchi urbani: è il<br />

caso, per esempio, del colle di Monte Claro a Cagliari.<br />

Anche il nosocomio tradizionale cambia, rispetto alla machine à guérir (Foucault et al., 1979; Maguolo,<br />

2010), perseguendo un’umanizzazione, una “capacità di rendere i <strong>luoghi</strong> di cura […] aperti,<br />

sicuri e senza dolore, conciliando politiche di accoglienza, informazione e comfort con percorsi assistenziali<br />

il più possibile condivisi e partecipati con il cittadino” (1).<br />

A maggior ragione cambiano le istituzioni totali destinate alle forze armate: cambia l’idea di frontiera,<br />

cambia il nemico, cambia il modo in cui combatte. Gli eserciti servono per fronteggiare un nemico<br />

che, di norma, viene identificato con forze esterne o potenziali aggressori dello Stato. Sono addestrati<br />

per fare o evitare le guerre: fino a un secolo fa, il bilancio delle vittime era per il 90% costituito<br />

da militari e per il 10% da civili (Codonesu, 2013, p. 27). Ma dalla guerra “del Golfo” del 1991<br />

in poi il bilancio si è invertito e le vittime civili assommano oggi al 90%, a fronte di un 10% militare<br />

(ibidem). Il “nemico” è sempre più interno: oggi la guerra non si combatte lungo le frontiere, ma dentro<br />

le <strong>città</strong> (Davis, 2007); in Italia il nemico è ormai il terrorismo rappresentato dal Califfato e le armi<br />

con cui combatte sono quelle di una nuova guerriglia urbana: come ricorda Stefano Boeri (2015), “il<br />

(1) Audizione del ministro della salute Livia Turco alla Commissione affari sociali della Camera dei deputati “Un New Deal per la<br />

salute. Linee del programma di governo per la promozione ed equità della salute dei cittadini”, Roma, 27 giugno 2006.<br />

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