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mune come diritto universale e propone un vero cambio di paradigma giuridico, definito anche come<br />

costituzionalismo dei bisogni (ibidem).<br />

Infine, un terzo approccio ravvisabile ad esempio negli scritti di Negri e Hardt (2010) e di Mattei<br />

(2011) è quello caratterizzato dall’obiettivo politico della riappropriazione di tutto ciò che è “comune”,<br />

da parte di “movimenti destrutturati e a potere diffuso”, attraverso la creazione di nuovi modelli<br />

di gestione (ibid., p. 81) in ragione dell’alterità dei beni comuni “rispetto alla declinazione esaustiva<br />

del rapporto pubblico/privato Stato/mercato” (ibid., p. 80). Questo tipo di interpretazione si associa<br />

a una più generale critica radicale dei fondamenti filosofici, politici ed epistemologici dello Stato<br />

moderno e del libero mercato, rifiutando la gerarchia a favore di un modello di autogoverno collaborativo<br />

e partecipativo.<br />

2.1 Il cibo nel dibattito sui beni comuni. — Anche se da un punto di vista economico il cibo è classificabile<br />

in maniera prevalente come bene privato, in quanto risorsa facilmente escludibile e soggetta a<br />

rivalità nel consumo, a un’analisi più approfondita esso può essere classificato come bene economico<br />

di natura mista. Il cibo è infatti soggetto in maniera preminente alle regole del mercato, ma al tempo<br />

stesso per molti aspetti gestito in base a regole e politiche di natura pubblica (si pensi al ruolo delle<br />

politiche europee nell’indirizzare l’intera filiera alimentare) e di recente sempre più al centro di azioni,<br />

progetti e politiche di gestione collettiva della filiera del cibo o di alcune sue componenti (ad esempio,<br />

patti produttori-consumatori, community kitchens, scambi di semi, ecc.), spesso finalizzate a modificare<br />

il sistema alimentare nel suo complesso (Vivero Pol, 2015). Per questa ragione esso non appare,<br />

almeno in maniera esplicita e diretta, nei vari tentativi di tassonomia che la storia, antica e recente, dei<br />

beni comuni ci consegna. Tuttavia, già all’interno delle prime definizioni di beni comuni, che risalgono<br />

al diritto romano e poi al Medioevo, si può osservare la presenza di molti elementi riconducibili alla<br />

sua produzione. Per esempio nelle res communes omnium del diritto romano si trovano quelle risorse,<br />

come l’aria e l’acqua, non suscettibili di appropriazione individuale. Fra i communalia medievali, cioè<br />

fra quei diritti individuali che si esercitavano insieme ad altri, si annoverano invece i diritti al pascolo<br />

del bestiame su terre non di proprietà, i diritti ad attingere acqua alle sorgenti, a praticare la spigolatura<br />

(la raccolta delle spighe rimaste a terra dopo la mietitura), che possono essere in qualche modo ricondotti<br />

all’ambito della produzione agro-alimentare.<br />

Anche nelle riflessioni più attuali sui beni comuni, sono inseriti fra i commons ambiti come quello<br />

dell’agricoltura, delle risorse forestali, dei i pascoli, del possesso e dell’uso della terra, della biodiversità,<br />

ma anche degli <strong>spazi</strong> urbani e della gestione dei rifiuti (Carestiato, 2008).<br />

Un riferimento esplicito al cibo nel dibattito sui commons appare invece in uno scritto di Rodotà,<br />

in cui si legge come questa nuova attenzione ai beni comuni sia da intendersi come un vero e proprio<br />

cambio di paradigma, che<br />

si esprime con il riconoscimento a livello giuridico delle nuove parole che percorrono il mondo: software libero,<br />

no copyright, accesso libero all’acqua, al cibo, ai farmaci, a Internet e queste diverse forme di accesso assumono la<br />

veste di diritti fondamentali. L’assemblea generale dell’ONU […] ha sottolineato il diritto di ognuno a un adequate<br />

food (Rodotà, 2012, p. 316).<br />

In termini concreti, uno degli esempi più evidenti di gestione di risorse alimentari secondo un regime<br />

di bene comune è quello degli stock ittici, tanto alla scala locale quanto a quella globale (Spagnolo,<br />

2006).<br />

2.2 I beni comuni nei discorsi sul cibo. — Le critiche al sistema alimentare dominante si concentrano<br />

in prevalenza proprio sull’eccessiva mercificazione del cibo in ogni fase della filiera, dalla produzione<br />

al consumo, controllata in maniera egemonica da pochi grandi attori economici internazionali e<br />

da flussi globali di informazioni, merci e denaro (Morgan et al., 2006). A questo paradigma alimentare,<br />

si contrappongono modelli alternativi, finalizzati alla redistribuzione del potere, a una maggiore soste-<br />

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