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terreno dell’organizzazione come intimamente interconnesso alla generazione delle forme di vita,<br />

di comunanze, e non come un’architettura separata. Come dicevamo, alcune esperienze <strong>spazi</strong>almente<br />

radicate costituiscono già di per sé, o mettono a disposizione, strutture preesistenti, seppur<br />

parziali, di organizzazione (i territori, ad esempio). Quella <strong>spazi</strong>ale è del resto la modalità che i<br />

movimenti italiani conoscono meglio, a partire dall’esperienza dei centri sociali. Se queste sono<br />

forme di organizzazione intensive, dense, in verticale (analogamente alle università, o alle fabbriche,<br />

o ai territori), dobbiamo immaginarne altre che si dipanino in modo orizzontale, diffuso, a<br />

maglie larghe e reti relazionali in territori diversi (o deterritorializzate), mettendo in comune un<br />

oggetto o una condizione condivisa (come è stata la battaglia per l’acqua pubblica, o i tentativi che<br />

vanno nella direzione del mutualismo sociale). In questo secondo caso, la potenzialità connettiva<br />

aumenta, ma si fa più difficile generalizzare, più difficile contattare la dimensione fisica, corporea,<br />

relazionale. Il movimento delle occupazioni culturali ha tentato di coniugare questi due momenti,<br />

prendendo corpo in <strong>spazi</strong> culturalmente produttivi e significativi per la <strong>città</strong> e sperimentando pratiche<br />

di autorganizzazione tra lavoratrici/lavoratori precari e intermittenti dell’economia creativa.<br />

4. LA DIMENSIONE ISTITUENTE. — Al Valle Occupato e nella rete degli <strong>spazi</strong> culturali, è stata<br />

messa a tema fin dall’inizio la questione dei linguaggi e del loro potenziale istituente, anche per una<br />

prossimità alla sperimentazione artistica, agli immaginari, alle cartografie, alle scritture del contemporaneo.<br />

Una ricerca aperta, attorno ad un lessico che svolgesse funzione di traduzione, più aderente alle<br />

pratiche, multiformi e mobili, una provvisoria grammatica tutta declinata al plurale. Si è così andato<br />

facendo un linguaggio comune attorno all’idea di politiche dei beni comuni, di “usi” politici del diritto,<br />

di pluralità degli strumenti, delle fonti giuridiche, delle Carte, delle scritture. Poiché si trattava di muoversi<br />

nel campo denso, molare del diritto, la strategia adottata è stata abitare livelli complementari,<br />

sperimentando soluzioni diverse in risposta a differenti bisogni politici: l’occupazione dello <strong>spazi</strong>o e<br />

insieme la produzione artistica, la scrittura di statuti e insieme la costruzione di reti trasversali tra le<br />

lotte, l’autonomia gestionale e insieme l’alleanza con istituzioni culturali e territoriali/internazionali, e<br />

così via. Questa pluralità ha generato una composizione sociale eterogenea e, con un movimento circolare,<br />

ne è a sua volta un effetto, garantendo a molte/i differenti <strong>spazi</strong> d’azione.<br />

Illustrazione. Una delle sperimentazioni più rilevanti è stata quella della Fondazione Teatro Valle Bene Comune e<br />

della scrittura partecipata dello Statuto (18). Ma la Fondazione non è l’esito unico della sperimentazione sul piano<br />

delle istituzioni, possiamo considerare tali anche gli <strong>spazi</strong> di produzione teorica nella modalità dell’autoformazione;<br />

la formazione permanente per maestranze teatrali; il modello economico di sostenibilità elaborato con<br />

gli artisti che hanno preso parte alla programmazione; la Cassa mutualistica; i tavoli di lavoro per la progettazione<br />

collettiva delle pratiche artistiche… Tutti esperimenti “istituenti”, su scale diverse e con differenti livelli di densità<br />

e visibilità, che si sono costituiti come moduli cooperativi e autorganizzati.<br />

Una matrice molto potente d’immaginazione politica è un frammento di “Istinto e istituzioni”, nel<br />

quale Deleuze enuncia la differenza tra l’istituzione e la legge: “quest’ultima è una limitazione delle<br />

azioni, mentre la prima è un modello positivo di azione”. Si intende qui l’istituzione come “sistema organizzato<br />

di mezzi” di soddisfazione, non le istituzioni governative, “costituite”. Questa distinzione ci<br />

darà dei criteri politici: “La tirannia è un regime in cui vi sono molte leggi e poche istituzioni, la democrazia<br />

un regime in cui vi sono molte istituzioni e pochissime leggi” (Deleuze, 2014). Nel pensiero di<br />

Deleuze, l’istituzione entra dunque in gioco come alternativa forte nei confronti dello Stato, fornendo<br />

le premesse ad una critica radicale delle teorie del contratto basate sul primato della legge. La legge ha<br />

funzione negativa, sta nella semantica della limitazione, dell’obbligo, dell’assoggettamento. Se nelle<br />

teorie contrattualistiche il sociale è visto come originariamente rissoso, competitivo, distruttivo, po-<br />

(18) http://www.teatrovalleoccupato.it/wp-content/uploads/2013/10/STATUTO-FONDAZIONE-TEATRO-VALLE-BENE-COMUNE.pdf.<br />

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