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Nonostante la difficoltà di definire con precisione le pratiche che appartengono a questa categoria,<br />

seguendo il suggerimento di Jarosz (2008), è possibile individuare, sebbene in maniera non del<br />

tutto esaustiva, le esperienze che appartengono agli AFN in base alla presenza di almeno uno di questi<br />

elementi: a) la riduzione della distanza tra produttori e consumatori; b) un’agricoltura di piccola scala<br />

e/o a ridotto impatto ambientale; c) modelli di distribuzione e acquisto di cibo basati sulla prossimità e<br />

sulla relazione diretta tra produttore, distributore e consumatore; d) l’impegno esplicito nei confronti<br />

di un aumento della sostenibilità sociale, economica e ambientale dell’intera filiera.<br />

Un’ulteriore utile sistematizzazione di questo concetto in due macro-categorie proviene da Watts<br />

et al. (2005), che distinguono tra:<br />

– “alternative food networks”, dove l’accento è sulle caratteristiche del cibo oggetto delle pratiche<br />

(ad esempio, produzioni biologiche, salvaguardia di varietà vegetali o animali rare, valorizzazione<br />

delle ricette tradizionali, ecc.) e<br />

– “alternative food networks”, la cui natura alternativa al sistema è dovuta alle caratteristiche delle<br />

relazioni tra gli attori della rete (ad esempio, vendita diretta, patti produttori-consumatori, gruppi<br />

d’acquisto solidale, community-supported agriculture, commercio equo e solidale, ecc.).<br />

Il possibile punto di contatto tra il dibattito sugli AFN e il discorso sui beni comuni si può individuare<br />

nelle motivazioni che spingono gli attori di queste reti a scegliere di produrre, vendere o acquistare<br />

il cibo attraverso gli AFN, anziché tramite i canali convenzionali. Anche se sono ormai riconosciuti il possibile<br />

replicarsi di disuguaglianze e fattori di insostenibilità anche in pratiche definite come alternative, i<br />

dati ancora limitati in merito alle motivazioni di produttori e consumatori e la difficoltà a prendere in<br />

considerazione come un unico insieme pratiche tanto differenti (Treager, 2011). Ciononostante è possibile<br />

individuare nella partecipazione degli attori della filiera agro-alimentare agli AFN una costruzione<br />

attiva e una messa in pratica di nuove relazioni tra produttori e consumatori e tra filiere del cibo, ambiente<br />

e società (Hendrickson, Heffernan, 2002; Sonnino, Marsden, 2006). Escludendo i casi non rari in<br />

cui la scelta sia dettata da motivazioni economiche o di semplice comodità (Treager, 2011), spesso la partecipazione<br />

agli AFN è collegata, soprattutto dal lato dei consumatori, alla presunta consapevolezza degli<br />

effetti che la scelta del modo in cui si acquista il cibo può avere sull’economia, sulla società e sull’ambiente<br />

circostanti, in un’ottica di consumo critico o politico (Graziano, Forno, 2012).<br />

4. CONCLUSIONI. — Nel mondo contemporaneo, nonostante le eccezioni già sottolineate nei paragrafi<br />

precedenti, i prodotti alimentari sono considerati prevalentemente come beni di mercato, dipendenti<br />

dalle dinamiche di domanda e offerta e dai condizionamenti di potenti attori economici di<br />

scala mondiale. In questo contributo si è discusso tuttavia di come nel dibattito più recente – su temi<br />

come la sovranità alimentare, i movimenti del cibo e le pratiche e politiche che ambiscono a rendere i<br />

sistemi del cibo più sostenibili – sia diffusa una concezione di cibo molto più ampia.<br />

Attraverso una nuova consapevolezza alimentare, maturata in <strong>spazi</strong> alternativi come quello degli<br />

AFN, ma anche istituzionali come nelle UFS, il cibo supera infatti la propria natura di bene economico,<br />

diventando mediatore di un agire politico che mira a rendere esplicite le relazioni tra l’azione individuale<br />

(vendere o comprare cibo) e un’ampia sfera di elementi che possono essere considerati come<br />

beni comuni in senso ampio: gli elementi ambientali (aria, acqua, suolo, ecc.), la giustizia sociale e <strong>spazi</strong>ale,<br />

i saperi tradizionali, le sementi.<br />

Il merito del vivace dibattito che anima i food studies negli ultimi anni è quello di avere concettualizzato,<br />

in riferimento al cibo, un’efficace categoria di sintesi di questi elementi: quella del sistema territoriale<br />

(o urbano) del cibo (Pothukuchi, Kaufman, 2000). In conclusione, se può essere azzardato definire<br />

il cibo in sé come bene comune, alla base di fenomeni come la diffusione delle UFS e degli AFN<br />

sembra esserci una presa di coscienza della necessità di considerare invece come tale il sistema del<br />

cibo, in particolare attraverso la diffusione di modi di produzione, sistemi di distribuzione e pratiche<br />

di consumo più giusti e sostenibili.<br />

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