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lemma, secondo la Ostrom, può essere superato attraverso la valorizzazione delle capacità di auto-organizzazione<br />

ed auto-governo (local empowerment) delle comunità stanziate in un luogo “per ottenere vantaggi<br />

collettivi permanenti, pur essendo tutti tentati di sfruttare le risorse gratuitamente, di evadere i contributi<br />

o comunque di agire in modo opportunistico” (ibid., p. 51). Gli attori, secondo questa formulazione<br />

– poiché sono “dotati di intenzionalità proprie” (Dematteis, Governa, 2005, p. 20) orientate a produrre<br />

e riprodurre relazioni materiali e immateriali – non creano solo istituzioni, ma si appropriano dello<br />

<strong>spazi</strong>o, lo forgiano, producono e riproducono territorio (9) al fine di assicurare la conservazione dei<br />

“beni comuni” a cui si attribuisce valore come società (Gattullo, 2015). Quanto appena asserito è<br />

l’espressione di un agire collettivo fondato su regole condivise che derivano dal coinvolgimento della<br />

maggior parte degli individui interessati alla gestione dei commons ed incentrate sui punti di forza<br />

della comunità, sulla minimizzazione dei conflitti, sulla sostenibilità e solidità dei processi di appropriazione<br />

delle risorse, al fine di generare percorsi di sviluppo locale duraturi ed autocentrati (Bonora,<br />

2001). In virtù del suddetto processo, le istituzioni sono tenute ad adeguare le loro azioni “alle circostanze<br />

locali, poiché gli individui che interagiscono tra loro e con il mondo fisico possono trasformare<br />

nel tempo i loro comportamenti, per meglio adattarli alle specifiche caratteristiche locali” (Ostrom,<br />

2006, p. 138). Ciò induce a riconoscere l’esistenza di una relazione tra molteplici livelli istituzionali<br />

coinvolti nella gestione dei “beni comuni”: infatti, secondo il Premio Nobel, “stabilire regole ad un livello,<br />

senza che esistano regole fissate agli altri livelli, produce un sistema incompleto che non può durare<br />

nel tempo” (ibid., p. 150). Si tratta, a ben riflettere, di una visione significativa che racchiude in sé<br />

non solo l’essenzialità della cooperazione e del dialogo tra la scala locale e quella sovralocale, ma anche<br />

il concetto di multilevel governance (Scarpelli, 2009) rispetto ai “beni comuni”. In questo complesso<br />

modello di governance la collettività, attivando nuovi istituti di democrazia, è in grado da una parte di<br />

promuovere energie verso la valorizzazione dei commons, dall’altra di contrastare poteri forti (esogeni o<br />

endogeni) che tendono ad appropriarsi delle risorse per trarne profitti, danneggiando e consumando il<br />

“bene comune” (Magnaghi, 2000).<br />

3. L’ORTO URBANO COME STRUMENTO PER LA GESTIONE DEL VERDE PUBBLICO. — Pur essendo<br />

state esposte brevemente nel paragrafo precedente alcune definizioni di beni comuni, quella che rimanda<br />

ad un significato più specifico e concreto è possibile ritrovarla nello schema di disegno della Legge Delega<br />

per la riforma del codice civile in materia di beni pubblici, per il quale era stata istituita, nel giugno<br />

2007, la Commissione presieduta da Stefano Rodotà che ha introdotto la categoria dei beni comuni:<br />

Ossia delle cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo<br />

della persona. I “beni comuni” devono essere tutelati e salvaguardati dall’ordinamento giuridico, anche a beneficio<br />

delle generazioni future. Titolari di beni comuni possono essere persone giuridiche pubbliche o privati. In<br />

ogni caso deve essere garantita la loro fruizione collettiva, nei limiti e secondo le modalità fissati dalla legge.<br />

Quando i titolari sono persone giuridiche pubbliche i beni comuni sono gestiti da soggetti pubblici e sono collocati<br />

fuori commercio; ne è consentita la concessione nei soli casi previsti dalla legge e per una durata limitata,<br />

senza possibilità di proroghe (art. 1, n. 3, lett. c).<br />

Tuttavia, la proposta della Commissione non è mai stata discussa in Parlamento e pertanto,<br />

nell’attuale contesto normativo italiano, non sussiste ancora alcuna nozione in materia.<br />

Considerata la natura “comune” dei beni, essi si caratterizzano per la necessità di garantire un accesso<br />

ed una fruizione universali, affinché la comunità possa liberamente assumersi la responsabilità di<br />

curarli e salvaguardarli. È, dunque, necessario ripristinare comportamenti cooperativi e partecipativi<br />

(9) Il concetto di “territorio”, contrariamente a quello di “<strong>spazi</strong>o omogeneo” presente nelle teorie dell’economia neoclassica, esprime<br />

una realtà complessa e multidimensionale, trasformata dall’azione continua dell’uomo ma, nel contempo, rappresenta una condizione<br />

ineludibile per il rinnovamento di ogni comunità. “La terra diventa territorio quando è tramite di comunicazione, quando è mezzo e oggetto<br />

di lavoro, di produzioni, di scambi e di cooperazione” (Dematteis, 1985, p. 74).<br />

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