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ma anche di <strong>città</strong> del Regno Unito, dell’Olanda, della Svezia e, più recentemente, dell’Europa meridionale.<br />

Di strumenti analoghi, ma con differenti declinazioni del concetto di sicurezza alimentare, si<br />

stanno dotando anche metropoli della Cina, del Brasile e del Sud del mondo (1).<br />

Queste pratiche, che condividono molti tratti della più ampia pianificazione strategica, sono<br />

l’esito di processi partecipati che coinvolgono gli attori del sistema alimentare (gli operatori economici,<br />

le istituzioni, il mondo della ricerca, la società civile) nell’elaborazione di una visione condivisa e di<br />

azioni per il suo raggiungimento. Le Urban Food Strategies (UFS) rappresentano un’importante evoluzione<br />

degli interventi sul sistema alimentare, perché per la prima volta il cibo e l’alimentazione vengono<br />

riconosciuti come temi che necessitano di una politica “formale”. In particolare, gli elementi di<br />

innovazione di queste iniziative, che il dibattito anglosassone traduce con il termine urban food planning<br />

(Morgan, 2009), risiedono da un lato nell’approccio integrato alla multidimensionalità e multifunzionalità<br />

del cibo e dall’altro nella visione olistica del sistema alimentare urbano e della filiera agro-alimentare.<br />

In quest’ottica, le strategie alimentari urbane perseguono generalmente obiettivi integrati di<br />

sostenibilità ambientale, sviluppo economico e occupazionale, salute pubblica, educazione alimentare,<br />

qualità della vita e giustizia sociale.<br />

Possibili nessi fra queste pratiche e le riflessioni sul cibo come bene comune si ritrovano in primo<br />

luogo nei modelli di governance dei sistemi alimentari proposti dalle UFS. Sebbene questi strumenti siano<br />

il frutto di una nuova consapevolezza del soggetto pubblico circa le proprie responsabilità (nonché competenze)<br />

in tema di cibo e alimentazione, tanto i processi di governance sottesi, quanto le azioni proposte<br />

si muovono verso una gestione dei sistemi alimentari più dal basso, autoregolata e collaborativa. Questo<br />

non significa negare la natura privata di un bene come il cibo, né pensare di sottrarlo tout court al mercato<br />

o al controllo pubblico, quanto piuttosto restituire ai cittadini, ai produttori e ai consumatori le capacità,<br />

gli <strong>spazi</strong> e le possibilità di informazione, di scelta e di azione sul sistema alimentare.<br />

Inoltre, le UFS rappresentano uno strumento privilegiato di sicurezza alimentare (Sonnino,<br />

Spayde, 2014) in virtù del loro approccio sistemico al cibo e alla filiera agroalimentare, capace di superare<br />

le tradizionali – e fallimentari – posizioni dominanti polarizzate sulla produzione e sul consumo.<br />

Le riflessioni sulla sicurezza alimentare ne hanno infatti rivelato la complessità, generata dalle profonde<br />

connessioni con l’intera ecologia del sistema alimentare (Lang, 2010). Partendo da questa prospettiva,<br />

le UFS cercano di affrontare il tema dell’accesso al cibo in termini economici, <strong>spazi</strong>ali, sociali e<br />

culturali sottendendone – e sostenendone – la valenza di diritto universale.<br />

3.2 Gli Alternative Food Networks. — La definizione del concetto di reti agro-alimentari alternative,<br />

o Alternative Food Networks (AFN), avviene quasi sempre per negazione. Come tali si riconoscono<br />

infatti pratiche molto eterogenee, formali e informali, di produzione, distribuzione e consumo di cibo,<br />

che propongono e mettono in pratica modelli che si oppongono, in maniera più o meno esplicita, al<br />

sistema alimentare convenzionale, fondato sull’industria agroalimentare e la grande distribuzione organizzata.<br />

L’eventuale “alternatività” di queste pratiche può quindi fare riferimento a elementi molto<br />

differenti, come le relazioni tra gli attori della rete, i rapporti tra i <strong>luoghi</strong> di produzione e consumo, la<br />

distribuzione del potere, la sostenibilità ambientale, la giustizia sociale e <strong>spazi</strong>ale, e così via (Goodman<br />

et al., 2012). La netta separazione tra pratiche alternative e pratiche convenzionali, predominante nel<br />

dibattito iniziale su questi temi, ha lasciato tuttavia progressivamente <strong>spazi</strong>o a una visione maggiormente<br />

critica nei confronti degli AFN, che vengono presi in considerazione non più solo come esplicite<br />

pratiche di resistenza, bensì come modi di organizzazione delle filiere agroalimentari, in stretta relazione<br />

con le pratiche convenzionali (Sonnino, Mardsen, 2006; Dansero, Puttilli, 2013).<br />

(1) Per maggiori informazioni sulle Urban Food Strategies si veda Moragues et. al. (2013) in bibliografia e il sito http://www.foodlinks<br />

community.net/fileadmin/documents_organicresearch/foodlinks/publications/Urban_food_strategies.pdf.<br />

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