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AaVv_Commons_2016_intero

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Chi vorrebbe vivere in una <strong>città</strong> in cui lo <strong>spazi</strong>o pubblico assume sempre più le fattezze d’un interno<br />

familiare da salotto borghese, per giunta di una famiglia italiana? È il peggior incubo distopico<br />

immaginabile, senza neanche l’adrenalina di un’apocalisse. La vita politica e civile finisce con l’assomigliare<br />

ad un infinito centro diurno in cui infilare perline e ripulire aiuole di quartiere.<br />

Oltre al fatto che – rimango nel campo dei saperi, della loro produzione e dei conflitti proprietari<br />

connessi – intorno ai saperi prodotti dai commons sui commons si sta procedendo con modalità da enclosures<br />

proprietaria: università private, master a pagamento, sponsor, corsi di formazione in Commons<br />

Management… Prende piede il progetto di una classe dirigente dei beni comuni. Dovremmo<br />

chiederci allora come riconquistare e moltiplicare le possibilità di praticare il comune a partire da qui,<br />

dalle aule di università, dai <strong>luoghi</strong> di produzione dei saperi. Dopo la sconfitta del movimento dell’Onda,<br />

quali sono le pratiche che garantiscono l’accesso alla produzione dei saperi e liberano i prodotti<br />

della conoscenza (11)? Come dare vita a <strong>luoghi</strong> ed esperienze che però non siano autosufficienti,<br />

marginali per vocazione?<br />

Illustrazione. Harvey spiega molto chiaramente come i progetti di “riqualificazione” urbana (ad esempio il<br />

progetto della High Line a New York) abbiano un impatto enorme sui valori immobiliari delle proprietà<br />

residenziali, impedendo in tal modo la presenza di case economiche alla portata della maggioranza dei cittadini,<br />

con l’impennarsi degli affitti. Creare questo genere di <strong>spazi</strong> pubblici fa forse aumentare il numero dei beni a<br />

disposizione, ma “fa diminuire il potenziale del commoning, salvo che per i ricchi” (Harvey, 2013).<br />

Link video: https://www.youtube.com/watch?v=RaOn1e6sLE.<br />

Fig. 3 - Blu cancella il murales a Kreutzberg, dicembre 2014 (12).<br />

Potenziare dunque le pratiche e le narrazioni. Una delle strategie di risposta che le lotte hanno<br />

elaborato è stata di iniziare a parlare di beni comuni produttivi. Ricollocare al centro la produzione e<br />

potenziare le reti fino a creare vere e proprie infrastrutture di scambio: così si possono attivare dispositivi<br />

di reddito e di redistribuzione, ispirati non alla sussistenza o alla remunerazione, ma alla sperimen-<br />

(11) Sulla conoscenza come bene comune, cfr. Ostrom (2009).<br />

(12) Nella notte tra l’11 e il 12 dicembre 2014, nel quartiere di Kreuzberg a Berlino, sono stati cancellati due murales enormi di Blu,<br />

riconosciuto come uno dei più importanti writer del mondo. Le opere in questione – accompagnate dalla scritta “Reclaim your city” – erano<br />

state dipinte da Blu tra il 2007 e il 2008 in collaborazione e in sostegno con il Camp Cuvry, una sorta di villaggio autogestito che sorgeva<br />

nell’area, ed erano diventate un vero e proprio punto di riferimento per il quartiere. Negli ultimi due mesi, era stato sgomberato Camp Cuvry<br />

e annunciata la prossima ristrutturazione dell’area e la costruzione di 250 appartamenti e un supermercato. Qui il comunicato dell’artista che<br />

rivendica l’azione anti-gentrification: http://blublu.org/sito/blog/?p=2524.<br />

– 17 –

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