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Aa.Vv. (2016), Commons/Comune, Società di studi geografici. Memorie geografiche NS 14, pp. 485-492<br />

GUIDO LUCARNO<br />

LE PENE-EXCLAVES LUNGO IL CONFINE TRA PIEMONTE E<br />

CANTON TICINO. PROBLEMI DI GESTIONE DI TERRITORI<br />

PERIFERICI E MARGINALI<br />

L’organizzazione del confine moderno fra Stati civili è assai complessa<br />

e si inscrive vivacemente nel paesaggio, caratterizzandone una striscia<br />

più o meno sottile in maniera inconfondibile.<br />

(Toschi, 1959, p. 154)<br />

1. INTRODUZIONE. — I confini, risultato finale della spartizione di una fascia di frontiera, sono un<br />

elemento di discontinuità del territorio di uno Stato e, per certi versi, la sua caratteristica politico-geografica<br />

più evidente, che viene immediatamente percepita quando si legge una carta, quando si viaggia,<br />

quando li superiamo per instaurare rapporti di qualche tipo con territori e popoli diversi dai nostri.<br />

Spesso considerati fonte di attrito tra Stati confinanti, la loro presenza è all’origine di limitazioni al libero<br />

movimento di persone e beni ed allo sviluppo di attività economiche transfrontaliere. Per lo<br />

stesso motivo, quando sono lontane le linee di comunicazione che le attraversano, le aree di confine<br />

vengono spesso relegate ad un ruolo marginale nel contesto delle attività umane, rischiano di essere<br />

escluse dai processi produttivi di un territorio e vengono percepite come <strong>luoghi</strong> remoti e poco accessibili,<br />

specie quando il confine si sviluppa lungo elementi fisici inospitali, come alte catene di montagne.<br />

Tuttavia, proprio perché in questi casi la presenza dell’uomo e le sue attività non sempre sono continuative<br />

nel tempo, spesso per semplici motivi climatici che le limitano ad alcuni mesi dell’anno, le aree di<br />

frontiera in genere non sono acquisite come proprietà privata, rimanendo un patrimonio indiviso utilizzabile<br />

dalle comunità umane per produzioni non intensive, come lo sfruttamento di pascoli e foreste. Siamo<br />

quindi in presenza di beni comuni che possiamo classificare come materiali, tangibili, locali, esauribili e, in<br />

una certa misura, rinnovabili (Bollier, 2002). Ed infine anche il confine stesso, con tutto ciò che esso significa<br />

nelle consuetudini e nel diritto internazionale, capace di limitare le libertà individuali, ma anche di<br />

costituire, per i suoi innumerevoli aspetti culturali, una fonte di ricchezza e di sviluppo economico (1),<br />

può forse essere considerato come un bene comune, immateriale ed inesauribile, una risorsa sfruttabile<br />

insieme da più utilizzatori, la cui esclusione dall’uso è costosa e poco praticabile (Ostrom, 2006, p. 30).<br />

2. ANOMALIE DI CONFINE: EXCLAVES, LORO CLASSIFICAZIONE E INFLUENZA SUI BENI COMUNI. —<br />

Le exclaves sono sacche territoriali (in genere di dimensioni relativamente piccole) appartenenti ad uno<br />

Stato, ma da esso separate dal territorio di un altro Stato, tanto che per raggiungerle è necessario, o al limite<br />

più conveniente, sconfinare e attraversare il territorio del Paese limitrofo. “Si tratta di fenomeni di<br />

nessun conto per la geografia politica e, anzi, è proprio questo loro scarso interesse che ha consentito la<br />

loro sopravvivenza” (Pounds, 1980, p. 65). Esse costituiscono quindi un argomento di nicchia per gli<br />

studi della geografia politica, tanto che non molti sono gli autori che se ne sono occupati.<br />

Un lavoro ancora oggi di riferimento per i manuali della materia attualmente editi in Italia (tra cui<br />

Glassner, 2002) è il saggio di G.W.S. Robinson, che classifica le exclaves in normali (parte di uno Stato<br />

(1) Pensiamo, ad esempio, al grande potere attrattivo di ciò che resta di confini relitti, come il Vallo di Adriano in Inghilterra, o il<br />

Muro di Berlino e le aree museali sorte accanto ad essi, grande richiamo per flussi di turismo culturale o della memoria.<br />

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