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gezzo per mezzo di una strada di valico ha sempre trovato l’opposizione dei comuni e dei privati i cui<br />

fondi avrebbero dovuto essere attraversati dall’infrastruttura, tanto che contributi già stanziati negli<br />

anni Novanta dalla UE per 7 miliardi di lire dovettero essere restituiti per scadenza dei termini di avvio<br />

del progetto. Nello stesso periodo (1997) le attività pastorizie cessavano definitivamente e tramontavano<br />

le ultime possibilità di rilancio turistico dell’area.<br />

Tutto il territorio della valle è ancora oggi costituito da proprietà collettive del Comune di Craveggia<br />

che nel 2014 ha acquisito dallo Stato anche la proprietà della piccola caserma della Guardia di Finanza,<br />

in prossimità del confine, abbandonata da alcuni decenni. Il fatto che non esistano proprietà private e<br />

che tutti i lotti siano detenuti da un unico ente può costituire un vantaggio in sede di pianificazione futura<br />

della gestione del territorio in un’ottica complessiva che esuli dagli interessi dei diversi proprietari.<br />

Il Comune, infatti, ha per il territorio alcuni precisi progetti di valorizzazione che porrebbero termine<br />

ad una situazione di abbandono. I ruderi del vecchio impianto termale furono già messi in sicurezza<br />

a partire dalla fine degli anni Novanta, con una spesa di oltre 1 milione di euro. La libera fruizione<br />

delle acque è consentita dalla presenza di due vasche esterne in granito, di una piscina e di un’area picnic<br />

frequentata dagli escursionisti (si stimano 8.000 passaggi all’anno, di cui 5.000 nella stagione estiva, quasi<br />

tutti provenienti dalla Svizzera). Ma un più ambizioso progetto vorrebbe andare alla ricerca nel substrato<br />

geologico dell’origine della vena d’acqua termale, che si stima possa essere molto più calda e copiosa di<br />

quella captata in superficie, limitata a pochi litri al minuto. In tal caso l’acqua potrebbe essere dirottata,<br />

con un traforo nella montagna, verso un nuovo impianto termale a Craveggia, sul versante vigezzino,<br />

dove la sua maggiore accessibilità e la straordinaria peculiarità terapeutica costituirebbero un nuovo fattore<br />

turistico che rivoluzionerebbe completamente l’attrattività e la frequentazione dell’intera valle. Urge<br />

inoltre proseguire nell’opera di ristrutturazione delle 14 baite e 4 ruderi ancora presenti nel settore italiano<br />

della valle. Se a Fondo Monfracchio una di esse è stata trasformata in rifugio alpino del CAI con 20<br />

posti letto (con apertura nel 2016), per gli altri edifici si prevede di trasformarli in 3 alpeggi e 11 case in<br />

affitto per turisti. Il vecchio oratorio delle terme, oggi sconsacrato e adibito a bivacco, dovrebbe tornare<br />

ad essere un edificio di culto e a rappresentare il simbolo della valle e della sua rinascita economica. L’ex<br />

casermetta della Guardia di Finanza dovrebbe essere trasformata in un centro visitatori con una disponibilità<br />

di 25 posti letto. Infine l’attuale funivia da Craveggia alla displuviale che separa la val Vigezzo dalla<br />

valle dei Bagni, tutta di proprietà pubblica, necessiterebbe di lavori di adeguamento per diventare un valido<br />

supporto che agevolerebbe parzialmente l’accessibilità della pene-exclave e la fruibilità delle sue<br />

strutture ricettive. In queste condizioni la valle diventerebbe l’elemento di sutura di un anello turistico<br />

che, con la Val Vigezzo e la riviera dell’alto Verbano, determinerebbe una più variegata offerta turistica<br />

con l’integrazione tra montagna, lago e attrattiva termale.<br />

Per realizzare tutti questi progetti occorrerebbero diversi milioni di euro disponibili solo con<br />

un’originale iniziativa che supererebbe l’ingombrante presenza del confine politico. Nel Canton Ticino<br />

è da tempo allo studio la realizzazione di un Parco nazionale del Locarnese, esteso su alcuni comuni<br />

delle Centovalli, della valle Onsernone e della Val Maggia, che avrebbe bisogno di comprendere anche<br />

il territorio della valle dei Bagni per raggiungere l’estensione minima richiesta dalla normativa federale.<br />

La sede sarebbe in Svizzera, ma con la presenza in Consiglio di amministrazione anche di un rappresentante<br />

dei comuni italiani. Se le comunità locali svizzere daranno il proprio assenso, superando la<br />

tradizionale opposizione delle associazioni dei cacciatori, il parco potrebbe iniziare la propria attività<br />

nel 2017 e una parte consistente dei contributi federali (si stima il 20%) per il suo funzionamento sarebbero<br />

a disposizione dei comuni italiani per la realizzazione dei progetti di valorizzazione sul proprio<br />

territorio. Sarebbe inoltre il primo esempio in Italia di Parco transfrontaliero con un Paese non appartenente<br />

alla UE. Il progetto vede naturalmente il forte interesse del Comune di Craveggia (722 abitanti;<br />

fonte: ISTAT, 1° gennaio 2015) che allo stato attuale non dispone di risorse alternative per poter<br />

valorizzare questa consistente frazione del proprio territorio e, a causa della mancanza di infrastrutture<br />

di collegamento, rischia di veder mutare le proprie risorse immobiliari in pesanti oneri solo per la manutenzione<br />

ordinaria o messa in sicurezza degli edifici ancora esistenti.<br />

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