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iologica. Il principio si basa su un contratto tra coloro che possiedono un terreno inutilizzato (antichi<br />

orti, prati, terreni incolti, giardini, ecc.) con altri soggetti (agricoltori o altri cittadini che vivono in appartamento)<br />

che non hanno accesso al terreno, per coltivare frutti, legumi, ortaggi e fiori, i quali aiutano<br />

il proprietario a coltivare il terreno, e il raccolto viene diviso.<br />

In altri contesti si è partiti dal dare in concessione, attraverso una serie di bandi, intere aree e fabbricati<br />

a organismi collettivi (associazioni, comitati di cittadini, cooperative) che hanno fatto da tramite fra i<br />

singoli orticoltori e le istituzioni, configurandosi come responsabili di progetti organici di gestione.<br />

In entrambi i casi l’idea motrice del progetto è creare un’iniziativa comunitaria, a lungo termine,<br />

volta allo sviluppo e alla sostenibilità della coltura delle particelle di terreno inutilizzato che saranno<br />

gestite di anno in anno dagli stessi stakeholders/comunità che collaborano tra di loro, e, con la definizione<br />

di regole condivise si adoperano alla valorizzazione del contesto in cui operano. Fino ad ora gli<br />

orti urbani hanno avuto diversi meriti come quello di promuovere il ricorso a tecniche agricole di minore<br />

impatto ambientale, come l’agricoltura biologica, o incentivare la riconversione del territorio<br />

verso forme di utilizzo “non produttive” ma aventi un impatto positivo sul piano ecologico o paesaggistico,<br />

o ancora, in alcuni contesti, stimolare forme alternative di produzione del reddito,come pure<br />

rompere l’isolamento sociale e ricreare degli scambi intergenerazionali, la produzione di meno imballaggi<br />

di prodotti, una migliore utilizzazione dello <strong>spazi</strong>o per creare ecosistemi prosperi, ecc. ecc.<br />

L’agricoltura entra a far parte di un processo più complesso di green economy e diventa anche una<br />

funzione capace di re-interpretare gli <strong>spazi</strong> aperti peri-urbani in chiave identitaria, di assicurare un’adeguata<br />

biodiversità, di contrastare il processo di marginalizzazione delle aree rurali (Quattrone, 2013).<br />

Si crea un progetto di paesaggio che attiva strategie di governo del territorio insieme alle comunità,<br />

tese a contrastare la marginalizzazione dei contesti periferici e periurbani.<br />

Altri progetti si basano su una metamorfosi degli usi basata su un cambiamento radicale dei modi<br />

di vita per sviluppare una maggiore coesione sociale.<br />

Tanti progetti sulla riqualificazione “verde” degli <strong>spazi</strong> aperti come occasione di rigenerazione sociale<br />

sono stai messi a punto in Europa e a volte hanno coinvolto diverse <strong>città</strong> in rete spesso a livello<br />

sperimentale nell’ambito di progetti di ricerca. È il caso del progetto Greenkey – Urban Green as a<br />

Key for Sustainable Cities sperimentato in 12 <strong>città</strong> della Bulgaria, Germania, Grecia, Ungheria, Italia,<br />

Slovenia che è focalizzato sul miglioramento del sistema degli <strong>spazi</strong> verdi urbani come elemento chiave<br />

verso la creazione di <strong>città</strong> sostenibili. Tutte le <strong>città</strong> partner del progetto hanno implementato progetti<br />

pilota in cui gli <strong>spazi</strong> verdi venivano sviluppati o migliorati con speciale attenzione ai requisiti sociali,<br />

ecologici ed economici. Inoltre tutte le <strong>città</strong> coinvolte nel progetto hanno iniziato un processo di formulazione<br />

di proprie strategie “Urban Green Spaces Strategy” con un approccio e una visione collettiva<br />

per lo sviluppo di <strong>spazi</strong> verdi che soddisfino i bisogni della Comunità.<br />

3. LE ESPERIENZE DI ORTI URBANI E GIARDINI CONDIVISI. — Gli orti urbani promuovono<br />

l’agricoltura e l’economia locale, contribuendo al mantenimento della biodiversità e alla conoscenza e<br />

diffusione di pratiche sostenibili, tra cui: gestione razionale dell’acqua e dei rifiuti introduzione di piccoli<br />

sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili, ridotto consumo di concimi minerali e pesticidi<br />

in sintesi sostituiti da prodotti naturali, introduzione di sistemi di coltivazione biologici o integrati,<br />

ecc. (Di Jacovo, 2008).<br />

In Inghilterra la pratica degli orti urbani prende piede già dall’epoca della Rivoluzione industriale<br />

per consolidarsi durante le due guerre mondiali quando la riduzione delle importazioni comportava la<br />

necessità di auto-sostentamento da parte della popolazione. Fu così che il governo inglese avviò una<br />

campagna volta a trasformare parchi, giardini ed aree incolte in appezzamenti produttivi chiamati allotments.<br />

Questi appezzamenti, protetti dal 1908 e normati dall’Allotment Act del 1909, destinati prevalentemente<br />

alle fasce di popolazione a basso reddito, sono oggi circa 40mila e occupano una superficie<br />

di circa 831 ettari, solo nella <strong>città</strong> di Londra. Si tratta di terreni (generalmente intorno ai 250 mq) di<br />

proprietà pubblica che vengono affittati per la coltivazione di frutta e ortaggi.<br />

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