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AaVv_Commons_2016_intero

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Aa.Vv. (2016), Commons/Comune, Società di studi geografici. Memorie geografiche NS 14, pp. 227-233<br />

MARINA FUSCHI, VALENTINA EVANGELISTA<br />

IL PAESAGGIO URBANO COME PROCESSO DI COMMONING:<br />

UNA LETTURA GEOGRAFICA<br />

1. I BENI COMUNI: VERSO UNA LETTURA GEOGRAFICA. — Il tema dei beni comuni è stato oggetto<br />

di un concerted endeavor sul piano internazionale a partire dagli anni Ottanta (van Laerhoven, Ostrom,<br />

2007) anche se la “logica dei commons” risale alla scoperta dell’agricoltura (Hardin, 1968). La ricerca<br />

sul tema è frutto di una cross fertilization tra discipline, approcci e metodi eterogenei. In particolare si<br />

è avuta una progressiva estensione dell’impianto teorico-concettuale dai c.d. big five topics (pesca,<br />

foreste, irrigazione, water management ed allevamento) a ulteriori “oggetti” (paesaggio, <strong>città</strong>, beni demaniali,<br />

questione ambientale, solo per citarne alcuni).<br />

In prima approssimazione (1) i commons sono “<strong>spazi</strong> istituzionali in cui gli individui possono<br />

interagire, liberi dai limiti specifici imposti dai mercati [ma] ciò non significa che siano <strong>spazi</strong> anarchici”<br />

(Benkler, 2003, p. 1). Secondo Benkler (2003) i beni comuni sono classificabili in base al grado<br />

di apertura della fruizione (alcuni beni sono comuni in quanto fruibili da chiunque, in altri casi, invece,<br />

la fruizione è limitata ad un gruppo ristretto di individui) ed in base al grado di regolamentazione (alcuni<br />

beni sono regolamentati nelle modalità e nei limiti di fruizione mentre altri non presentano alcun<br />

livello di regolamentazione).<br />

A Mark Giordano (2003) si devono l’introduzione dei beni comuni nel discorso geografico e<br />

l’enfasi sul carattere <strong>spazi</strong>ale di tali beni nonché sulla necessità di un’opportuna scala di analisi. Secondo<br />

Giordano “The commons problem is in many respects fundamentally geographic in nature, in<br />

that the phenomenon is predicated on the relationships between the spatial domains of resources and<br />

resource users” (p. 365). Tuttavia, nonostante il riconoscimento della <strong>spazi</strong>alità dei commons, possono<br />

essere riscontrate almeno tre myopic perspectives (Moss, 2014): nella crescente e multidisciplinare letteratura<br />

sul tema lo <strong>spazi</strong>o viene inglobato come criterio di delimitazione dell’oggetto analizzato più che<br />

come categoria concettuale da osservare; la <strong>spazi</strong>alità viene inoltre percepita in senso fisico o politico e<br />

dunque priva di quegli aspetti sociali, economici e culturali che possono contribuire alla geografia dei<br />

commons; la <strong>spazi</strong>alità è infine generalmente percepita come pre-costituita sottovalutando il ruolo della<br />

sua potenziale “costruzione” delle pratiche di commoning. Una più critica lettura geografica dei beni<br />

comuni è dunque ancora da esplorare (Gattullo, 2015).<br />

2. IL PAESAGGIO URBANO, BENE COMUNE? — Parlare di paesaggio urbano vuol dire parlare della<br />

<strong>città</strong> che si racconta attraverso il suo patrimonio materiale e simbolico e della <strong>città</strong> che si produce e riproduce<br />

attraverso le proprie pratiche sociali e culturali. Proprio la cultura rappresenta l’essenza stessa<br />

della <strong>città</strong> e del suo paesaggio laddove, citando Vallega (1979), ogni cultura genera un paesaggio ed<br />

ogni paesaggio è espressione di una determinata cultura: binomio, questo, tanto più visibile, formalizzato<br />

e circoscritto nella <strong>città</strong> che ne densifica e definisce la propria immagine e rappresentazione. Infatti,<br />

la <strong>città</strong> è senza dubbio il soggetto territoriale che meglio sintetizza e fissa nel suo paesaggio le<br />

processualità valoriali e con esse quelle storiche e socio-culturali.<br />

(1) La letteratura, specie giuridica, sulla ontologia dei beni comuni è pressoché sterminata; pertanto, per le finalità e l’impostazione<br />

dello studio non si propone che “una” delle possibili definizioni.<br />

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