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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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Se la questione fondamentale è la paideia, se questa rappresenta la stessa forma essenziale dello stato e se la<br />

mancanza di paideia, l’incultura, è la causa di decadenza di ogni stato, per cui bisogna sottrarre agli incolti la<br />

facoltà di stabilire le leggi e di influire sul governo, come si ha la figura del giusto legislatore?<br />

Platone deve attribuire a una fonte divina l’ispirazione del legislatore: tanta alta, infatti, questa deve<br />

essere, se detta le condizioni e i modi per i quali si compie la perfezione umana e si attua la virtù completa. Il<br />

legislatore deve apparire come il tramite attraverso il quale il logos divino riesce a giungere agli uomini e si<br />

muta in <strong>cor</strong>po legislativo e, quindi, in istituzione politica. Egli è, perciò, un uomo che conosce Dio. La stessa<br />

tradizione greca chiamava tali uomini “divini”: così, il leggendario Minosse, mitica figura esemplare di<br />

legislatore, era considerato figlio di Zeus e si diceva che egli si recasse periodicamente dal padre per<br />

attingere indicazioni sul modo di governare; e la sapienza del legislatore era riportata a una specie di<br />

rivelazione. 218<br />

Il problema fondamentale che si pone alla base di ogni opera legislativa consiste nella individuazione<br />

dello stesso principio che regge l’ordine cosmico e che è al di sopra <strong>della</strong> volontà umana.<br />

Nella Repubblica, questo principio è individuato nell’idea del Bene; ora il fondamento è posto in Dio, come<br />

principio, mezzo e fine di tutte le cose. 219 Il cosmo è ordinato teleologicamente e la polis è inserita nell’ordine<br />

cosmico. Il legislatore, dunque, assume a principio e fondamento <strong>della</strong> sua opera lo stesso principio stabilito<br />

dal dio per l’ordine dell’universo. Così la paideia che costituisce la sostanza dello stato giusto si riporta al<br />

fondamento primo di tutte le cose e Dio appare come il pedagogo del mondo, che “dirige tutto verso la giustizia<br />

e la felicità”. 220 Nel Timeo Platone dimostra come l’ordine delle idee è inserito dal Demiurgo nell’universo<br />

fisico; nelle Leggi dimostra come il filosofo si fa demiurgo <strong>della</strong> città e come la paideia si dispiega nell’ordine<br />

dello stato, in modo da attuare la giustizia e la perfezione umana. L’opera di Dio, dunque, si completa<br />

attraverso l’opera del legislatore, che mo<strong>della</strong> la città in relazione al cosmo. 221<br />

Il legislatore svolge la sua azione educativa specialmente attraverso i proemi preposti alle leggi. Dopo il<br />

proemio riguardante la natura <strong>della</strong> famiglia e il fondamento divino che questa istituzione assume, 222 Platone<br />

si sofferma sulla struttura dell’anima. Quindi incomincia la trattazione più specifica intorno alle istituzioni<br />

dello stato, sugli uffici e sulle varie competenze.<br />

Tutti coloro che sono chiamati a svolgere un ruolo nel governo dello stato devono possedere un’areté<br />

eminente e, dunque, ricevono un’educazione adeguata. Si fa distinzione, perciò, tra la “paideia” elementare,<br />

propria di tutti i cittadini, e quella approfondita e completa, riservata a chi svolge funzioni di governo. 223<br />

218 Per Platone, la <strong>filosofia</strong> non è altro che lo sviluppo dell’antica sapienza oracolare e ha preso il posto <strong>della</strong> rivelazione divina già<br />

raccolta dai poeti. In realtà, il sapere dialettico, basato sul potere <strong>della</strong> ragione, rappresenta la piena conquista umana <strong>della</strong> capacità di<br />

conoscere. Perciò il legislatore è il filosofo.<br />

219 “Il dio è per noi misura di tutte le cose” (Leggi, 716 c).<br />

220 Leggi, 897 b.<br />

221 “Qui si esprime chiaramente la consapevolezza legislatrice di Platone. Il legislatore è, alla fine, Dio stesso; il legislatore umano<br />

parla in virtù <strong>della</strong> propria conoscenza di Dio; da Dio ricevono autorità le leggi che egli emana. Questo era stato il fondamento su cui<br />

anche l’antica polis greca aveva elevato la propria legislazione. Platone ricostruisce questo edificio, ma nuova è la sua idea di Dio, e<br />

di essa è compenetrata la totalità delle sue leggi” (W. Jaeger, Paideia, III, cit., p. 393, nota 78).<br />

222 Ecco, a proposito <strong>della</strong> famiglia, un esempio <strong>della</strong> doppia formulazione <strong>della</strong> legge, cioè di quella prescrittiva e di quella<br />

persuasiva, posta a modo di proemio: “Formuliamo in primo luogo la forma semplice <strong>della</strong> legge, che può suonare così: ‘Ognuno si<br />

deve sposare, tra i trenta e i trentacinque anni; in caso contrario, sia punito con una multa o con la privazione dei diritti civili, e la<br />

multa ammonti a tanto e a tanto, e in questo e in quel modo avvenga la privazione dei diritti civili’. Sia tale la formulazione semplice<br />

<strong>della</strong> legge riguardante i matrimoni, mentre quella doppia sia così: ‘Ognuno si deve sposare, tra i trenta e i trentacinque anni,<br />

considerando che in certo modo il genere umano per una certa sua natura prende parte dell’immortalità, di cui ognuno ha innato e<br />

profondo desiderio; e questo desiderio consiste nel diventare celebri, evitando di rimanere senza nome una volta che si è morti. La<br />

stirpe degli uomini è connaturata con il tempo nella sua totalità, perché lo accompagna e lo accompagnerà sino alla fine, e in tal<br />

modo è immortale, per cui, lasciando i figli e i figli dei figli e restando sempre identica ed una, mediante la generazione dei figli<br />

prende parte dell’immortalità: privarsi allora volontariamente di ciò non è cosa affatto pia, e deliberatamente agisce così chi trascura<br />

moglie e figli. Chi dunque rispetta la legge non sarà oppresso dalla punizione, chi al contrario non obbedisce, e non si è an<strong>cor</strong>a<br />

sposato pur avendo raggiunto l’età di trentacinque anni, sia punito ogni anno con una multa che ammonta a tanto e a tanto, in modo<br />

che non pensi che il celibato gli porti qualche guadagno o sollievo, e non prenda parte di quegli onori che in uno stato i più giovani<br />

rendono ogni volta ai più anziani’” (Leggi, 721 b-d).<br />

223 “In realtà la creazione di un sistema completo di istruzione elementare che costituisce la paideia del popolo e la base<br />

dell’istruzione superiore, che era stata argomento delle opere anteriori, fu una delle più audaci innovazioni di Platone, ben degna del<br />

suo genio pedagogico. […] Fu questo l’ultimo passo compiuto sulla linea del movimento socratico, per attuarne il programma, un<br />

passo che doveva avere a distanza i più vasti effetti, sebbene allora nessun legislatore si sentisse tentato a tradurre nei fatti l’ideale<br />

platonico di un’educazione generale delle masse” (W. Jaeger, Paideia, III, cit., p. 433). In realtà, l’antico ideale aristocratico di una<br />

formazione <strong>della</strong> personalità umana nella sua completezza, cioè <strong>della</strong> complessa areté, ora diventava ideale di formazione dell’uomo<br />

come cittadino. Come osserva an<strong>cor</strong>a lo Jaeger: “L’ideale dell’areté fu trasferito all’educazione dei cittadini tutti, che, nelle mutate<br />

condizioni sociali e politiche <strong>della</strong> città-stato dell’età classica, aspiravano ormai a partecipare alla kalokagathia dei gruppi più colti.

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