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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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parmenideo intorno all’essere: tutti i dis<strong>cor</strong>si che si sono via via fatti in realtà non sono stati altro che<br />

interpretazioni <strong>della</strong> prospettiva iniziale, sviluppi e approfondimenti, se si vuole, ipotesi di svolgimento<br />

sistematico, chiarimenti e commenti, o come altro si voglia dire. E in questa luce e da tale punto di vista<br />

cercheremo di esaminare, a grandi linee, questa storia.<br />

Platone è famoso per avere introdotto la molteplicità nell’ambito dell’essere medesimo. Ma, in realtà, egli<br />

non ha fatto altro che esplicitare, in modo coerente e sistematico, il concetto parmenideo di “essere”. E’ nella<br />

logica di questo concetto che egli s<strong>cor</strong>ge il principio <strong>della</strong> molteplicità, in modo che questa non abbia a<br />

cercare di se stessa un principio in una sfera diversa e separata dall’essere. In questo senso, Platone ha<br />

rispettato il “divieto” parmenideo: anzi ha fatto in modo che mai più si potesse tentare di separare l’ente<br />

molteplice dall’essere. La metafisica, in questo modo, ha la sua prima organica sistemazione: essa riguarda la<br />

connessione degli enti con l’essere, dunque non le modalità empiriche degli enti, bensì le modalità<br />

“ontologiche” , secondo cui gli enti appartengono essenzialmente all’essere. Si tratta di considerare gli enti<br />

per ciò che essi “sono”, dunque nella loro “identità” univoca e permanente. La metafisica di Platone finisce<br />

per riguardare non solo le modalità secondo cui le idee molteplici sono connesse tra di loro sulla base <strong>della</strong><br />

loro appartenenza a un medesimo principio o fondamento, bensì anche le modalità secondo gli enti sensibili<br />

partecipano dell’identità dell’essere attraverso la loro partecipazione alla realtà delle idee.<br />

Aristotele ha quindi approfondito la metafisica come dottrina dell’essere in quanto tale, distinto dall’essere<br />

in quanto ente, ma strettamente legato ad esso nella struttura unitaria <strong>della</strong> realtà. La metafisica, anzi,<br />

riguarda propriamente questa unità fondamentale. Le categorie, ad esempio, che sono le modalità generali<br />

secondo gli enti sono costituiti, appartengono all’essere: così la “qualità” in quanto tale non appartiene a un<br />

qualche ente determinato (al quale appartengono qualità specifiche), e così analogamente il “tempo” in<br />

generale. L’essere, in quanto fondamento <strong>della</strong> realtà, si articola nelle modalità che costituiscono il reale nelle<br />

sue determinazioni: ad esso appartiene tutto ciò che ha un carattere fondante. In questo modo è mantenuta<br />

la distinzione parmenidea tra la sfera dell’essere e quella degli enti. Dio rientra nella metafisica in quanto<br />

rappresenta la totalità delle potenzialità ontiche nella sua piena attualità. Così l’essere diventa causa del<br />

sistema degli enti attraverso la mediazione <strong>della</strong> “natura”. Tra l’essere, Dio e la natura si stabilisce un nesso<br />

che costituisce, si può dire, la struttura del fondamento.<br />

Questo schema unitario si ritrova an<strong>cor</strong>a più accentuato in Plotino, dove l’essere/Uno in sé assorbe anche<br />

la sfera degli enti e <strong>della</strong> natura. La ricerca dell’unità del reale diventa il vero compito <strong>della</strong> metafisica, intesa<br />

come esperienza e vita filosofica, ascesi dell’io e contemplazione estatica dell’Uno medesimo, anticipata dalle<br />

forme dell’esperienza nel mondo, a partire dalla pratica delle virtù fino alla visione delle idee nelle forme<br />

sensibili e alla scienza intesa come dis<strong>cor</strong>so e connessione logica delle idee stesse.<br />

La metafisica, riguardando l’articolazione del reale nelle sue varie forme, è anche la scienza <strong>della</strong> connessione tra<br />

queste forme. Così si spiega il tentativo di Hegel di restaurare questa scienza filosofica nel suo carattere sistematico. Ciò<br />

che, tuttavia, rappresenta una specie di limite di questa poderosa costruzione è la base idealistica (sostanzialmente<br />

soggettivistica) ereditata dalla <strong>filosofia</strong> moderna. Nell’“età <strong>della</strong> rappresentazione del mondo”, infatti, l’essere si dissolve<br />

nell’ “essere pensato”, con una infrazione, si può dire, del divieto parmenideo di separare il pensiero dall’essere, in modo<br />

che esso potesse anche diventare possibilità di pensare il “nulla”. Il dramma <strong>della</strong> coscienza moderna consiste, appunto,<br />

nel suo configurarsi come il soggetto che ha anche un potere nullificante, in rapporto a cui l’essere si manifesta e si<br />

ritrae. L’essere è consegnato, così, alle mani di un ente (l’uomo) che decide intorno a ciò che è o non è realtà. Hegel<br />

eredita questa prospettiva pervasa di nichilismo. Perciò il “ritorno a Parmenide” di cui oggi si parla, anche come<br />

condizione di una restaurazione metafisica, rappresenta un’istanza legittimata dalle conseguenze fallimentari <strong>della</strong><br />

svolta moderna, che sostanzialmente ha operato prima la doppia separazione dall’essere dell’ente e del pensiero e, dopo,<br />

ha cercato, ma senza successo, di ricostituire l’unità irrimediabilmente scissa.<br />

La concezione metafisica <strong>della</strong> realtà come totalità ha sostanzialmente sviluppato la tesi parmenidea e la<br />

<strong>filosofia</strong> antica si è mantenuta aderente ad essa, con particolare riguardo al divieto perentorio di separare<br />

l’ente dall’essere e di concepire come distinti princìpi l’essere e il pensiero. Questa fondamentale linea di<br />

matrice eleatica è anche quella nella quale prosegue la <strong>filosofia</strong> cristiana e medievale, per la quale, anzi, il<br />

principio o il fondamento di ogni realtà, l’essere parmenideo, è concepito come il creatore dell’ente, Dio, che<br />

vuole l’esistenza dell’universo degli enti. Dio è il custode dell’ente ed è garanzia di senso, di ragion d’essere.<br />

L’ente, in quanto creato da Dio, è investito di un significato, ha una funzione, una finalità, una costituzione<br />

connessa a un ordine. La metafisica si lega strettamente alla teologia, che è la scienza, basata essenzialmente<br />

sulla rivelazione, <strong>della</strong> creazione e del rapporto tra l’ente e Dio. E’ la teologia che può rispondere alle<br />

domande sul senso <strong>della</strong> realtà, sul destino dell’uomo e delle cose. L’ente viene, così, an<strong>cor</strong>a doppiamente<br />

legato all’essere: senza un riferimento a Dio, non è possibile dire nulla intorno al mistero <strong>della</strong> creazione e al<br />

senso del mondo; non solo non è possibile separare l’ente dall’essere, ma non è neppure possibile attribuire<br />

un senso all’ente fuori del rapporto con l’essere. L’ente trova nell’essere che lo fonda non solo il suo

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