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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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Per Protagora la “verità” dipende dal tipo di dis<strong>cor</strong>so che intorno a un argomento si riesce a sviluppare: così<br />

“dis<strong>cor</strong>so migliore” è quello che è condiviso da un pubblico più vasto e “peggiore” è quello che non persuade. Jaeger<br />

interpreta questa differenza come riferita a due forme di civiltà: quella basata sulla tecnica e quella fondata sull’ordine<br />

politico e sociale.<br />

La crisi del mito esplode nell’esperienza del pensiero dei Sofisti. E’ interamente abbandonata ogni<br />

supposta interferenza di elementi metafisici, divini o naturali, nello sviluppo del pensiero umano.<br />

Protagora 94 per primo scoprì la forza del logo che dissolve il mito; si tratta di un logo contrapposto a un<br />

altro logo: “per primo sostenne che intorno a ogni esperienza vi sono due logoi in contrasto tra di loro” (Diogene<br />

Laerzio, IX, 51). La duplicità (molteplicità) irrompe nel cuore del logo, che cessa di essere compatto e rigido e<br />

di avere i caratteri dell’essere e del principio unico <strong>della</strong> realtà e acquista la forma dell’esperienza umana.<br />

L’interno contrasto del logos appariva soprattutto nel campo dell’esperienza morale. Tale situazione si<br />

profilava nella tragedia come polarità e tensione di opposte leggi (la legge del cuore e la legge dello stato). 95<br />

Il nucleo del pensiero di Protagora è espresso dalla celebre affermazione che l’uomo è misura di tutte le cose,<br />

in quanto sono e in quanto non sono. E’ evidente che intorno al significato di questa proposizione si siano<br />

moltiplicate le interpretazioni. Nell’antichità si è vista generalmente l’affermazione <strong>della</strong> impossibilità di<br />

andare oltre i modi in cui le cose appaiono nell’ambito dell’esperienza umana. 96 Ma la critica moderna tende<br />

94 Protagora nacque ad Abdera, come riferisce Eraclide Pontico nell’opera Intorno alle leggi, verso il 485.<br />

Apollodoro riferisce che esercitò l’insegnamento sofistico per 40 anni. Filostrato attesta che fu discepolo di Democrito<br />

(ma perché la notizia sia verosimile bisogna accettare per il rappresentante dell’atomismo la cronologia di Diodoro<br />

(494-404) e non quella di Apollodoro, di circa trent’anni più avanti) e che ebbe rapporti anche coi magi persiani in<br />

occasione <strong>della</strong> spedizione di Serse e avanza l’ipotesi che da essi abbia tratto l’aporia intorno all’esistenza <strong>della</strong> divinità<br />

(ma l’ipotesi sarebbe verosimile se si potesse collocare la nascita di Protagora intorno al 495). Sicuramente Protagora si<br />

recò ad Atene ed ebbe da Pericle l’incarico di disporre la legislazione di Turi, la nuova colonia fondata nel 444 con<br />

spirito panellenico. Un altro soggiorno ad Atene cade intorno al 432, anno in cui si colloca verosimilmente l’azione del<br />

Protagora di Platone. Forse risale a un terzo soggiorno ateniese l’attacco di Eupoli nei suoi Adulatori e che suona come<br />

una velata accusa di empietà (simile a quella mossa ad Anassagora, che aveva negato il carattere divino degli astri).<br />

Diogene Laerzio riferisce che in casa di Euripide lesse il suo scritto Intorno agli dèi. Dei suoi viaggi, che fece come<br />

sofista, coperto di onori e ricercato, sappiamo di quello in Sicilia, dove incontrò Ippia il Giovane, forse prima <strong>della</strong><br />

spedizione ateniese. Ad Atene intorno al 411 Protagora venne accusato di empietà da Pitodoro figlio di Poliselo (uno<br />

dei Quattrocento), in coincidenza con la reazione religiosa propria dell’ambiente oligarchico. Non si sa se egli si sia<br />

sottratto alla condanna fuggendo da Atene o se sia stato bandito dalla città. Sarebbe morto nel naufragio <strong>della</strong> piccola<br />

nave sulla quale era imbarcato. I suoi libri sarebbero stati dati alle fiamme in seguito a un decreto dell’assemblea<br />

<strong>popolare</strong> degli Ateniesi (come riferisce Sesto Empirico, Adv. m. IX, 55, riportando un passo dei Silli di Timone di<br />

Fliunti: “vollero cenere fare delle sue opere/ perché egli scrisse di non sapere/ né di poter scrutare quali e chi fossero i<br />

numi./ Questo a lui non giovò ma la fuga bramò per non bere/ la fredda bevanda socratica e scendere quindi nell’Ade” ).<br />

L’elenco delle opere tramandato da Diogene Laerzio sembra incompleto e relativo solo ai sottotitoli dell’opera<br />

principale, le Antilogie, che trattavano quattro problemi fondamentali: 1) intorno agli dèi e intorno alla sorte nell’Ade;<br />

2) intorno all’essere; 3) intorno alle leggi e a tutti i problemi inerenti al mondo <strong>della</strong> polis; 4) intorno alle arti.<br />

Sappiamo anche di un’opera intitolata La verità. Altri titoli di trattati autonomi o sezioni di opere generali sono: Intorno<br />

allo Stato; Intorno alla condizione originaria dell’uomo; Intorno alle virtù; Intorno alle azioni non compiute rettamente<br />

dagli uomini; L’arte dell’eristica; il Grande trattato (che però doveva indicare l’insieme dei libri in cui Protagora<br />

esponeva le sue tesi oppure era un altro titolo dell’opera sulla verità, come sostiene l’Untersteiner, I Sofisti, cit., p. 25).<br />

95 A questo proposito l’Untersteiner osserva: “E’ caratteristico del dramma eschileo il rigore spasmodico con cui<br />

questa duplicità del reale trova espressione. Questo pensiero è dominante in tutte le tragedie di Eschilo: nelle Supplici,<br />

ove contrasta il logos delle Manaidi contro quello del responsabile dello stato; nei Persiani il divino impone a Serse<br />

un’azione contraddittoria cosicché si è potuto parlare di uno sdoppiamento in Dio; nel Prometeo si solleva il più grande<br />

contrasto di dio con se stesso. Nelle Coefore il dissidio che si spalanca in seno a di##kh è portato a una tragicità<br />

sofferta con ansia durante il <strong>cor</strong>so di tutta la tragedia in modo che un po’ alla volta tutti ne sono investiti. Oreste che<br />

deve, per volere divino, compiere il matricidio, violando così un alto volere divino, quando dopo molto pensare la sua<br />

realtà gli si illumina, proclama: ‘Ares contro Ares a lotta verrà, Dike contro Dike’. – L’esperienza relativistica già<br />

abbozzata in Archiloco, con Eschilo è diventata tragica” (I Sofisti, cit., p. 32).<br />

96 Cfr. Platone, Cratilo, 386 a: “Suvvia, Ermogene, riflettiamo se a te pare che anche per gli enti la questione stia<br />

così: che la sostanza delle cose sia propria particolarmente per ognuno, come sosteneva Protagora, dicendo che ‘di tutte<br />

le cose misura’ è l’uomo, sicché quali a me esse sembrino, tali esse siano per me, e quali sembrino a te, tali esse siano<br />

per te. O sembra a te che esse di per se stesse abbiano una loro saldezza nella loro sostanza?”. Secondo Platone, la<br />

prospettiva di Protagora è quella di un relativismo soggettivistico: non sarebbe possibile, in questo modo, pervenire a<br />

una “verità” universale, valida per tutti i soggetti. L’unica verità sarebbe quella fenomenica, propria dell’apparire<br />

fenomenico delle cose ai singoli soggetti. L’accettazione di una verità comune avverrebbe per convenzione. In questo

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