Storia popolare della filosofia - prova-cor
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infinita in atto (che è forma operante infinita) come condizione dell’infinità in potenza (durata infinita<br />
dell’azione). Così l’infinità riconosciuta a Dio è concepita come perfezione e non come difetto. 280<br />
La fisica<br />
La fisica riguarda l’universo naturale, il cui carattere principale è il movimento. “Considerare se l’essere<br />
sia uno e immobile non appartiene alla fisica”. 281 Questa considera gli enti materiali, che sono in movimento<br />
o in quiete. 282<br />
Aristotele chiama “natura” “la materia prima sottostante a ciascuno degli esseri, che in sé hanno il<br />
principio del moto e del mangiamento” 283 , cioè proprio l’essenza che caratterizza tutti gli enti in quanto<br />
rientranti nel dominio del movimento e del divenire. La natura, dunque, è lo stesso principio del divenire,<br />
del movimento e <strong>della</strong> trasformazione degli enti. Essa è piuttosto “forma” che “materia”: si può dire la forma<br />
propria di ogni ente che diviene e che si muove (il cui “essere”, cioè, è intrinsecamente legato al movimento<br />
e al divenire). Perciò Aristotele dice che “la natura è principio del movimento e del mangiamento”. 284<br />
L’intera natura, in quanto processo di produzione di enti e di movimento, ha un’intrinseca finalità: tutto ciò<br />
che in essa avviene è in rapporto al fine. Il fine è “causa <strong>della</strong> materia, e non la materia è causa del fine”. 285<br />
Dato il fine, l‘intero processo naturale cade nell’ambito <strong>della</strong> necessità. Aristotele sottolinea la finalità<br />
dell’accadere naturale. Tutto ciò che accade in natura acca in rapporto a un motivo, cioè in vista di un fine.<br />
Così il vapore acqueo si eleva dalla terra per poi ricadervi in forma di pioggia: che poi la pioggia faccia<br />
andare in rovina il grano ammucchiato nell’aia, questo è un fatto accidentale (che non accade per necessità e<br />
dunque non rientra nella finalità del processo naturale). La necessità appare, pertanto, collegata al fine; E si<br />
deve dire che i processi naturali sono regolati dal fine e non dalla pura necessità. Non si può così dire che<br />
l’effetto è una semplice conseguenza <strong>della</strong> necessità naturale, ad esempio che i denti davanti spuntino aguzzi<br />
e atti a strappare e i molari larghi e adatti a ridurre in poltiglia, soltanto per necessità, in modo che l’effetto<br />
(lo strappare, il ridurre in poltiglia) sia soltanto un effetto contingente. 286 Nella natura, così, le condizioni per<br />
la produzione di un fenomeno (di un certo effetto) sono altrettanto necessarie: e dati certi fini da<br />
raggiungere, si pongono determinate condizioni (che, rispetto al fine, che è “forma”, possono dirsi<br />
“materia”): ad esempio, nella casa le pietre e i mattoni sono condizioni e “materia” (condizioni<br />
indispensabili): e per la conservazione <strong>della</strong> salute, nell’uomo, si pongono determinate condizioni, che sono<br />
altrettanto necessarie. 287<br />
SE le condizioni di produzione delle cose e dei fenomeni sono necessarie, non è altrettanto necessario che<br />
si producano determinati fenomeni e cose in determinati tempi e luoghi. Bisogna, cioè, ammettere anche la<br />
realtà <strong>della</strong> contingenza. Peraltro la contingenza cade nel campo dell’indeterminato: pertanto essa non è<br />
conoscibile per l’uomo. 288 La scienza riguarda l’ordine necessario, cioè come da certe condizioni derivano<br />
certe conseguenze (certi effetti da certe cause). Ciò vuol dire scoprire la “ragione” stessa per cui qualcosa<br />
280 Cfr. R. Mondolfo, Il pensiero antico, cit., p. 300.<br />
281 Fisica, I, 2, 184.<br />
282 “Gli esseri naturali appaiono tutti quanti avere in se stessi un principio di movimento e di quiete, sia riguardo al<br />
luogo, sia riguardo all’accrescimento e alla diminuzione, sia riguardo alla mutazione: in quanto la natura è un principio<br />
e una causa di moto e di quiete, in ciò in cui essa inerisce primieramente, per sé e non accidentalmente” (Fisica, II, 1,<br />
192).<br />
283 Fisica, II, 1, 193.<br />
284 Fisica, III, 1, 201.<br />
285 Fisica, II, 9, 200.<br />
286 “Sicché per natura e per un fine la rondine fa il nido e il ragno la tela, e le piante producono le foglie per<br />
(proteggere) i frutti, e le radici non all’insù ma in giù per la nutrizione: è evidente che siffatta causa è presente in tutte le<br />
cose che si producono e sono per natura” (Fisica, II, 8, 199).<br />
287 Fisica, II, 8, 199.<br />
288 Aristotele precisa la differenza tra contingenza e caso: “La differenza è che il caso è più esteso; giacché ogni<br />
contingenza è casuale, ma questo non sempre è contingente[…]. Soprattutto esso è distinto dal contingente nei fatti<br />
naturali; perché quando un fenomeno avviene contro natura, allora non diciamo che è contingente, ma piuttosto che<br />
avviene a caso. E’ differente anche per questo: perché la causa dell’uno è esterna, dell’altro interna” (Fisica, II, 6, 197).<br />
Il contingente, cioè, rientra interamente nella normalità naturale, invece il caso e il fortuito rappresentano una<br />
deviazione dall’ordine regolare (come quando, date certe condizioni, ne deriva un effetto diverso da quello che<br />
normalmente si ha).