Storia popolare della filosofia - prova-cor
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imperfezione, cioè con l’indefinito stesso. L’Uno contiene in sé la possibilità di dare luogo a infiniti universi,<br />
proprio a partire dalla sua indefinitezza. Esso conserva la sua natura illimitata, anche quando diviene<br />
fondamento di un ordine definito di realtà. Perciò possibilità e necessità coesistono in esso: in quanto infinità<br />
e indefinitezza, l’Uno è fonte di possibilità infinite; in quanto principio dell’universo definito, è principio di<br />
necessità. Si può dire che l’universo risulta dall’assunzione di una forma definita da parte di quell’indefinito<br />
essere che è l’Uno stesso. Nulla è fuori dell’Uno e tutto proviene da esso. Questa verità fondamentale trova<br />
una conferma nella derivazione dell’universo dall’Uno anche dal lato negativo, cioè per la materia. L’Uno<br />
dispone se stesso come materia per l’universo.<br />
Se l’Intelletto rappresenta il reale intelligibile e pensabile, l’Anima è il modello del reale configurato come<br />
esistente, cioè come tale da avere una consistenza materiale e temporale. Essa rappresenta quel modo<br />
d’essere che <strong>cor</strong>risponde all’universo derivato dall’assunzione di una forma dalla materia indefinita.<br />
L’universo è razionale in quanto è fondato sull’ordine delle idee: questo, infatti, in virtù <strong>della</strong> sua<br />
trasposizione nell’Anima, diventa principio attivo di formazione degli enti che lo costituiscono. 569<br />
L’uomo riporta, in qualche modo, gli enti dell’universo sul piano del pensiero, cioè a quella condizione di<br />
intelligibilità originaria che precede la trasmutazione delle idee in princìpi attivi <strong>della</strong> formazione degli enti.<br />
Il pensiero riguarda l’ordine intelligibile delle idee e i modi in cui l’ordine degli enti è riportato al suo<br />
modello.<br />
uno specchio l’oggetto appare in un punto mentre è situato altrove”, “ombre che cadono su una ombra informe e che in<br />
essa si rendon visibili per tramite <strong>della</strong> sua stessa mancanza di forma”; dunque, un vuoto che sembra avere tutto, dunque<br />
un inganno, una menzogna (perciò è male) (III, VI, 7). La materia è prodotta dall’Anima che si volge verso il nonessere,<br />
che, come abbiamo visto, si situa al termine dell’emanazione. E dalla forza con cui l’Anima è riuscita a trarre di<br />
nuovo un essere dalla materia è nato il cosmo fisico, si è prodotta, cioè, la stessa realtà <strong>cor</strong>porea. L’Anima ha dato una<br />
forma alla materia informe: “Perché non sarebbe stato giusto che a un vicino dell’Anima fosse negata la forma<br />
razionale” (IV, III, 9). Per Plotino la materia è uno stato del reale, lo stato dell’infinitità in se stessa, come assenza di<br />
qualsiasi limite e definizione. Come ha osservato il Carbonara: “Bisogna innanzitutto mettersi in guardia contro una<br />
possibile interpretazione <strong>della</strong> materia secondo Plotino, che ne faccia qualche cosa di simile a ciò che in generale<br />
intende per materia la fisica moderna. Plotino chiama materia ciò che noi diremmo piuttosto immateriale. Ciò che è<br />
senza qualità, infatti, non può essere un <strong>cor</strong>po. La materia non è un <strong>cor</strong>po e non ha nulla di <strong>cor</strong>poreo, se nel <strong>cor</strong>po si<br />
deve pensare realizzata già una certa forma, mentre la materia è ciò che sussiste an<strong>cor</strong>a informe, assolutamente privo di<br />
qualità positive” (La <strong>filosofia</strong> di Plotino, pp. 17-18). In questo senso, la materia è presente ovunque vi sia una possibilità<br />
d’essere, cioè ovunque qualcosa non sia atto per sé ma con<strong>cor</strong>ra, in qualche modo, all’attualità di qualcos’altro. La<br />
materia non è per sé principio di determinazione, essendo, anzi, proprio l’opposto, cioè totale indeterminazione. D’altra<br />
parte, essa, costituendo l’indeterminato, con<strong>cor</strong>re alla formazione degli enti determinati, assumendo in sé quella<br />
determinazione che le viene dalle strutture reali che provengono dall’Uno. Una materia, pertanto, riguarda anche le<br />
realtà intelligibili: infatti anche in tale sfera si hanno processi di determinazione, che presuppongono stati di<br />
indeterminazione. L’Intelletto, ad esempio, è la determinazione del reale in quanto intelligibile; esso presuppone uno<br />
stato dell’intelligibile anch’esso indeterminato. Invece, è da tenere presente la differenza <strong>della</strong> materia nella sfera<br />
dell’intelligibile e quella propria dei <strong>cor</strong>pi sensibili: l’universo <strong>cor</strong>poreo trae il suo essere da quella materia che si trova,<br />
come abbiamo visto, al confine estremo del processo emanativo; esso, perciò, conserva quella natura che le deriva<br />
anche dal non-essere: ed è, questa, la natura dell’ente <strong>cor</strong>ruttibile e mutevole. “Lo stesso mondo intelligibile è divisibile<br />
in un senso, indivisibile in un altro, perché consta di una molteplicità di forme, ma queste trovano la loro unità in un<br />
comune sostrato: se col pensiero togli da quel mondo ogni diversità o forma determinata, ciò che resta sarà informe e<br />
indefinito, sarà cioè la materia. Nella realtà la forma non si trova mai separata dalla materia. La materia intelligibile di<br />
Plotino trae la sua origine non già da un divenire simile a quello che vediamo quaggiù, ma da un certo processo<br />
dialettico, il cui movimento si svolge immutabilmente nell’eterno” (C. Carbonara, La <strong>filosofia</strong> di Plotino, cit., p. 20).<br />
Sul piano dell’intelligibile non vi è imperfezione, mentre questa è propria delle cose <strong>cor</strong>poree, che, appunto, partecipano<br />
del non-essere (<strong>della</strong> materia come non-essere). In questo modo, si può dire che mentre la materia sul piano<br />
dell’intelligibile è solo indeterminazione, quella che con<strong>cor</strong>re alla formazione dei <strong>cor</strong>pi è essenzialmente non-essere,<br />
collocandosi, appunto, al termine del processo emanativo. “Nel mondo intelligibile non trova posto la materia come<br />
puro non-essere: colà tutto è atto e perciò anche la materia è una forma. Lassù materia e forma sono una stessa cosa e<br />
solo per un’esigenza puramente logica (λογω) si distinguono l’una dall’altra” (C. Carbonara, op. cit., pp. 37-38).<br />
569 La materia con<strong>cor</strong>re alla formazione degli enti <strong>cor</strong>porei per ciò che essi hanno di <strong>cor</strong>ruttibile, cioè in quanto essi<br />
partecipano del non-essere. “La materia come povertà e privazione non è altro che la condizione negativa pel realizzarsi<br />
del mondo <strong>della</strong> natura, poiché tutto quello che v’ha di positivo in quest’ultimo deriva dalle ragioni seminali che,<br />
scendendo dall’anima, penetrano in essa materia e vi producono, come in un vasto ricettacolo, le forme <strong>della</strong> realtà<br />
sensibile. La materia non ha una sua figura, non può essere circoscritta nei limiti dello spazio, non è qui o colà, e, per<br />
conseguenza, non può essere intesa come <strong>cor</strong>poreità. […] Plotino intende la <strong>cor</strong>poreità come un λογοH ποιων πραγµα<br />
ossia come una forma attiva, produttrice dell’oggetto, che non comprende in sé la materia, ma viene nella materia e in<br />
essa appunto produce il <strong>cor</strong>po” (C. Carbonara, op. cit., pp. 55, 58).