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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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Nella maggior parte delle città greche mancavano regolamenti legali sull’ordine familiare e<br />

sull’educazione dei fanciulli.<br />

Platone prevede una commissione di donne, con sede ufficiale nel tempio di Eylethya (la dea delle<br />

nascite), col compito di sovrintendere alla maternità, fornendo assistenza e consigli alle giovani coppie ed<br />

esercitando la dovuta sorveglianza per il periodo assegnato alla procreazione (i dieci anni dopo le nozze). Il<br />

filosofo si sofferma a lungo sui princìpi dell’eugenetica e, poi, sull’educazione dei bambini, a partire dalla<br />

nascita e per tutta la prima infanzia.<br />

Particolarmente notevoli, per la profondità dell’intelligenza psicologica, appaiono le osservazioni<br />

sull’educazione del fanciullo dal 3° al 6° anno, periodo in cui prevale il giuoco. L’educazione di maschi e<br />

femmine è curata da educatrici e avviene in forma di coeducazione. In questo periodo è curata specialmente<br />

l’attività ginnica e il principio dominante è quello dell’imparare giocando. Nel giuoco liberamente scelto e<br />

praticato, i bambini rivelano le loro inclinazioni: perciò il giuoco deve essere lasciato alla inventiva dei<br />

fanciulli.<br />

D’altra parte, Platone ritiene che lo spirito umano, in quanto dotato di una natura stabile, si esprime, in<br />

quest’età, in forme spontanee pressoché immutabili. I fanciulli colgono con particolare forza l’immutabilità<br />

delle forme fondamentali <strong>della</strong> realtà: perciò essi vanno educati sulla base di ritmi, di canti, di figure che<br />

abbiano una identità che li faccia apparire perfetti. Le forme delle cose appaiono quasi come sacre, tali da<br />

contenere in sé qualcosa di divino e di eterno.<br />

Così anche il giuoco appare in una prospettiva teologica, secondo il concetto che l’uomo è una marionetta<br />

nelle mani del dio. 224 In realtà, Dio dirige le inclinazioni umane verso le forme più alte di umanità; e proprio<br />

questo moto bisogna assecondare e rafforzare con l’educazione, in modo che il giuoco umano sia il più<br />

possibile rispondente a ciò che Dio vuole che noi facciamo. Giocare nel modo in cui è voluto da Dio vuol dire<br />

lasciare che la ragione guidi le nostre inclinazioni e che la nostra vita si realizzi nella virtù. E tutto ciò rientra<br />

nella paideia.<br />

Platone rileva che la lotta e la guerra non <strong>cor</strong>rispondono a ciò che di veramente serio ha la vita, giacché<br />

non contengono alcuna forma di giuoco e di educazione. 225<br />

All’intero sistema educativo sovrintenderà un funzionario supremo, scelto tra i membri del Consiglio<br />

Notturno dei “custodi delle leggi”.<br />

Un altro problema trattato in modo particolareggiato riguarda lo studio dei poeti. Questo comprende,<br />

secondo Platone, passi significativi di opere poetiche e la lettura del testo stesso delle Leggi, presentate come<br />

opera di vera poesia, in quanto imitazione <strong>della</strong> vita più bella e migliore. 226<br />

L’educazione <strong>popolare</strong> comprende anche gli elementi <strong>della</strong> matematica e dell’astronomia, che sono visti<br />

nella loro funzione teologica, cioè in quanto aiutano a comprendere la struttura armonica dell’universo.<br />

[…] Il passo, di portata rivoluzionaria, fatto da Platone nelle Leggi, l’ultima sua parola in fatto di educazione e politica, è la proposta<br />

istituzione di un autentico sistema di istruzione <strong>popolare</strong> ad opera dello stato” (Ib.).<br />

224 “Dobbiamo pensare che ciascuno di noi, esseri viventi, è come una macchina prodigiosa realizzata dagli dèi, vuoi per loro<br />

divertimento, vuoi per uno scopo serio; questo non lo sappiamo. Ciò che invece sappiamo è che queste passioni, che sono in noi<br />

come <strong>cor</strong>de o funicelle, ci tirano, ed essendo opposte tra loro, ci tirano in senso contrario, trascinandoci verso azioni opposte, ed è<br />

così che si stabilisce la differenza tra la virtù e il vizio. La ragione ci consiglia di seguire sempre uno solo di questi stimoli, di non<br />

abbandonarlo affatto, e di resistere a tutti gli altri fili: questa è la regola d’oro <strong>della</strong> ragione, quella sacra condotta che viene chiamata<br />

la pubblica legge dello stato […]. Bisogna collaborare sempre con la splendida guida <strong>della</strong> legge: poiché la ragione è bella, mite, e<br />

priva di violenza, la sua guida ha bisogno di collaboratori affinché in noi la stirpe d’oro vinca sulle altre stirpi. E così il mito <strong>della</strong><br />

virtù, secondo cui noi siamo come macchine prodigiose, verrà salvaguardato, e in un certo senso comprenderemo più chiaramente il<br />

senso dell’espressione: ‘essere superiori o inferiori a se stessi’. E per quanto riguarda lo stato e il privato cittadino, bisogna che il<br />

privato cittadino accolga dentro di sé la vera ragion d’essere di questi stimoli e ad essa conformi la propria vita, mentre lo stato,<br />

ricevendo da un dio o da quel cittadino che abbia conosciuto tale ragione, deve stabilirla come legge sia nelle relazioni con se stesso,<br />

sia in quelle con gli altri stati” (Leggi, 644 d-645 b).<br />

225 “Io dico che dobbiamo occuparci di ciò che è serie, e non di ciò che serio non è: e per natura ciò che è divino è degno di ogni<br />

interesse, come un essere beato, mentre l’uomo, come dicevamo prima, è soltanto un giocattolo fabbricato dagli dèi, ed in effetti<br />

questa è la sua parte migliore. In conseguenza di questa concezione, ogni uomo e ogni donna devono vivere giocando al meglio<br />

possibile questo gioco, pensando il contrario di ciò che oggi si pensa. […] Oggi si pensa che le cose serie siano in funzione dei<br />

divertimenti: si ritiene, ad esempio, che le questioni riguardanti la guerra, che sono appunto cose serie, debbano essere bene stabilite<br />

in funzione <strong>della</strong> pace. Ma ciò che accade in guerra non è per natura un divertimento, e non ha e non avrà mai una funzione educativa<br />

che meriti la nostra attenzione, mentre questa diciamo che secondo noi è la cosa più impegnativa: ognuno deve tras<strong>cor</strong>rere il più<br />

possibile la propria esistenza in pace. Quale sarà allora un retto criterio per vivere? Bisogna vivere giocando i propri giochi, facendo<br />

sacrifici, cantando e danzando, in modo da poter rendere benevoli a se stessi gli dèi” (Leggi, 803 c-e).<br />

226 Ai poeti tragici che domandano ospitalità, così rispondono i legislatori: “Ospiti nobilissimi, noi stessi siamo poeti di una<br />

tragedia che, nei limiti del possibile, è la più bella e la più nobile: tutta la nostra costituzione politica si è formata sull’imitazione<br />

<strong>della</strong> vita più bella e più nobile, e in questo noi diciamo che consiste in realtà la tragedia più vera. Poeti siete voi, poeti lo siamo<br />

anche noi, poeti <strong>della</strong> stessa materia, vostri rivali nell’arte, vostri antagonisti nel comporre il dramma più bello che soltanto la vera<br />

legge può per natura compiere, come noi ora speriamo” (Leggi, 817 b).

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