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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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non deve considerarsi come un male; male è invece il timore <strong>della</strong> morte, che turba la serenità <strong>della</strong> vita. 515 Il<br />

II libro (De tolerando dolore) dimostra che la ragione è la facoltà capace di vincere ogni dolore, diminuendolo<br />

almeno di intensità. Nel III libro (De aegritudine lenenda) si dimostra che la <strong>filosofia</strong> agisce come medicina<br />

dell’anima, vincendo le passioni e infondendo serenità. Il IV libro (De reliquis animi perturbationibus) mostra<br />

come l’uomo ha il compito di vivere libero da affanni e timori. Il V libro (Virtutem ad beate vivendum se ipsa<br />

esse contentam) dimostra che per la felicità la virtù basta a se stessa.<br />

De natura deorum. E’ un trattato in tre libri, scritto nel 45 e dedicato a Bruto (come il De finibus, le<br />

Tuscolanae, i Paradoxa, il Brutus, l’Orator). 516 I tre interlocutori sostengono tre dottrine diverse intorno<br />

all’esistenza degli dei e ai caratteri <strong>della</strong> divinità. C. Velleio espone la dottrina epicurea, secondo cui gli dèi<br />

hanno natura interamente diversa rispetto a quella dell’universo fisico e dunque non hanno nessuna<br />

interferenza col mondo. Alla fine del I libro Aurelio Cotta riassume i difetti e le contraddizioni <strong>della</strong><br />

concezione epicurea. Nel II libro Q. Lucio Balbo espone la teoria storica sul governo divino del mondo. Nel<br />

III libro Cotta interviene per mettere in rilievo i limiti di ogni concezione antropomorfa <strong>della</strong> divinità e<br />

avanza, perciò, l’esigenza di una concezione razionalistica e naturalistica, da contrapporre specialmente al<br />

politeismo <strong>della</strong> religione <strong>popolare</strong>. Cicerone non avanza una soluzione propria ed esprime la sua<br />

propensione per l’ipotesi stoica sostenuta da Balbo.<br />

De divinatione. Il trattato, in due libri, è stato scritto a complemento dell’opera sul divino. Nel I libro il<br />

fratello di Cicerone, Quinto, difende la credenza nella divinazione e nella mantica, ritenendole<br />

manifestazioni <strong>della</strong> divinità. Nel II libro lo stesso Cicerone compie una vera e propria demolizione di quelle<br />

attività, ritenendole interamente frutto <strong>della</strong> superstizione. Egli afferma la causa naturale di tutti i fenomeni.<br />

De fato. Anche questo libro è stato composto a complemento <strong>della</strong> trattazione sul divino. Cicerone cerca di<br />

difendere il principio del libero arbitrio dell’uomo contro ogni concezione fatalistica dell’esistenza. Ma la<br />

trattazione rimane problematica, anche perché lo scritto è pervenuto frammentario.<br />

De officiis. Il trattato (che è il capolavoro filosofico di Cicerone) in tre libri, scritto tra il 44 e il 43 e dedicato<br />

al figlio Marco, riassume la riflessione ciceroniana sui problemi dell’etica e <strong>della</strong> politica. Cicerone si attiene<br />

generalmente alla dottrina stoica di Panezio (neostoicismo), secondo cui un principio razionale governa il<br />

mondo ed esso costituisce il motivo ispiratore dell’azione umana. L’uomo deve conformarsi all’ordine<br />

razionale dell’universo. Nei primi due libri, sulle orme di Panezio, si parla dei principi <strong>della</strong> morale, l’utile e<br />

l’onesto, ciò che è vantaggioso per l’individuo e la società e ciò che risponde ai criteri di giustizia e di<br />

armonia. Nel II libro emerge specialmente il tentativo (brillantemente riuscito) di Cicerone di fondare, sulle<br />

basi <strong>della</strong> cultura greca, l’umanesimo etico romano.<br />

De re publica. Il dialogo (scritto tra il 54 e il 52 e pubblicato nel 51) è articolato in sei libri e introduce nella<br />

discussione i personaggi più autorevoli in materia politica (Scipione Emiliano, Lelio, Manilio e altri), che in<br />

tre giorni (ogni giorno comprende due libri) dipanano la complessa materia relativa alla costituzione dello<br />

stato romano. Nel I libro Scipione dimostra che lo stato romano costituiva un modello di perfezione in<br />

quanto derivato dal contemperamento delle tre principali forme di governo (monarchia, aristocrazia,<br />

democrazia). 517 Nel II libro si svolge l’osservazione che la costituzione romana era il frutto e il risultato di un<br />

processo storico durato parecchi anni. Il III libro riguarda la questione <strong>della</strong> giustizia. I libri IV e V sono<br />

quasi interamente perduti: si esaminavano le istituzioni dell’antica repubblica. Nel VI libro, sotto la finzione<br />

di un sogno raccontato da Scipione, si parla delle connessioni delle buone istituzioni e dell’ordinata vita<br />

civile con l’ordine cosmico e divino. 518 Nel proemio si rileva che la politica è l’esercizio in atto <strong>della</strong> virtù<br />

515 Cicerone ripropone le classiche prove intorno all’immortalità dell’anima e alla sua irriducibilità alla vita <strong>cor</strong>porea.<br />

Cfr. I, 56-59: “Ma nell’anima umana ci sono certe attività che sono divine. Non solo c’è la vita: questa è anche nella<br />

pianta. Non solo c’è la sensibilità e l’appetito: questo è anche negli animali. L’uomo ha anche la memoria, che per<br />

Platone è il ri<strong>cor</strong>do <strong>della</strong> vita anteriore; c’è insomma il pensiero” (riassunto).<br />

516 Bruto era considerato come il grande difensore <strong>della</strong> libertà repubblicana, contro il tentativo di instaurazione di<br />

una monarchia dispotica.<br />

517 “Lo stesso, un secolo prima, aveva affermato il grande storico greco Polibio il quale, esaminando la costituzione<br />

romana, trovava che la sua forza e originalità era riposta nelle diverse forme di governo, e interpretando le forze<br />

politiche contrastanti e coesistenti <strong>della</strong> repubblica come forze consociate di un unico Stato, riponeva il potere<br />

monarchico nei consoli, il potere oligarchico nel senato e quello democratico nel popolo” (C. Marchesi, <strong>Storia</strong> <strong>della</strong><br />

letteratura latina, Principato, Milano 1950, I, p. 301).<br />

518 Fin dall’antichità questo libro ha avuto vita autonoma, come una vera e propria opera ciceroniana (Somnium<br />

Scipionis).

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