Storia popolare della filosofia - prova-cor
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inoltre, che Platone ammetteva, come realtà intermedie tra le Idee e gli enti sensibili, gli enti matematici, e<br />
che considerava i numeri ideali come causa e sostanza di tutte le cose, ponendoli come diretta espressione<br />
dei princìpi. Il sistema platonico, in questo modo, si reggerebbe essenzialmente sulla tradizione non scritta.<br />
Speusippo sposta al primo posto (immediatamente dopo i princìpi) gli enti matematici e colloca le Idee e i<br />
numeri ideali dopo di essi. I princìpi assumevano la configurazione di Uno e Molti (Unità e Molteplicità). In<br />
questo modo, la metafisica di Platone sarebbe quella fondata sulla dottrina dei princìpi, che non troviamo<br />
nei dialoghi, ma è attestata da Aristotele e dagli altri discepoli diretti di Platone.<br />
I neoplatonici hanno elaborato un altro paradigma, in gran parte ispirato a una interpretazione teologica<br />
del platonismo. Qui l’accento è posto sulla struttura gerarchica <strong>della</strong> realtà sovrasensibile, che è articolata nei<br />
tre momenti del Primo Intelletto, del Secondo Intelletto, dell’Anima del Mondo; e il fine dell’uomo è<br />
identificato con l’ascesa e l’assimilazione al Primo Intelletto (a Dio stesso).<br />
La <strong>filosofia</strong> di Aristotele nel periodo platonico e gli scritti essoterici<br />
Per la formazione filosofica di Aristotele è fondamentale il periodo in cui egli rimase alla scuola di Platone,<br />
dove giunse diciassettenne nel 367 e si trattenne un ventennio fino al 347 (l’anno stesso <strong>della</strong> morte del<br />
maestro). In quel periodo Platone stesso procede a un ampio ripensamento critico <strong>della</strong> sua dottrina<br />
fondamentale, la teoria delle idee. Infatti, a cominciare dal Parmenide, questa teoria è sottoposta a una serie di<br />
revisioni, che sono testimoniate dai dialoghi successivi e che, infine, conducono il filosofo a modificare il<br />
complessivo quadro teorico del suo pensiero. Secondo quanto è attestato da Aristotele, Platone avrebbe ora<br />
elaborato la “dottrina dei princìpi”, secondo la quale si avrebbe la deduzione delle idee dai due princìpi<br />
fondamentali, l’Uno e la Diade, dai quali deriverebbe la serie delle idee-numeri (per la determinazione <strong>della</strong><br />
Diade indefinita da parte dell’Uno), dalle quali deriverebbero le idee-modelli e su queste, infine, sarebbero<br />
mo<strong>della</strong>ti gli enti sensibili. Questo orientamento riflette una nuova esigenza teorica, dominata ampiamente<br />
dall’istanza matematica: infatti, mentre prima il mondo delle idee è organizzato a partire dall’idea del Bene<br />
(e dunque in rapporto a un significato essenzialmente morale e a un’esigenza etico-politica), ora il principio<br />
dell’organizzazione è ricercato nella direzione pitagorica delle strutture matematiche (da una parte più<br />
rispondenti all’esigenza di una determinazione esatta e d’altra parte più vicine alla visione pitagorica<br />
dell’universo fisico, disposto secondo rapporti matematici e le forme regolari delle figure geometriche). E’<br />
indicativo che in questo periodo un’importanza sempre maggiore assume l’astronomia, tanto che nelle Leggi<br />
questa è considerata come un presupposto indispensabile per la realizzazione del nuovo più realistico<br />
progetto di società politica, sia perché l’architettura dell’universo appare sempre di più come il modello di<br />
ogni ordinamento (e di ogni legislazione), sia perché gli astri sono assimilati alle divinità, il cui culto è<br />
garanzia <strong>della</strong> coesione <strong>della</strong> società.<br />
L’Accademia frequentata da Aristotele era, dunque, dominata da questa nuova tendenza <strong>della</strong> ricerca<br />
platonica, rivolta a individuare le grandi componenti metafisiche e matematiche dell’universo. Secondo<br />
questo orientamento l’ideale <strong>della</strong> vita filosofica andava coincidendo sempre di più con un modello di vita<br />
contemplativa, interamente dedita alla scienza delle strutture immutabili dell’universo.<br />
L’adesione completa del giovane Aristotele all’orientamento dell’Accademia è attestato dalle opere scritte<br />
in quel periodo e che, come è noto, sono chiamate “essoteriche” e, nella forma stessa, riproducono il modello<br />
dialogico.<br />
Il primo dialogo aristotelico, l’Eudemo (che assieme al Protreptico riprenderebbe motivi propri del<br />
platonismo), riguarda il problema dell’anima, secondo la trattazione platonica. La vera natura dell’uomo è<br />
fatta consistere nell’anima razionale, dunque nella vita dedita alla ricerca e alla contemplazione <strong>della</strong> verità,<br />
nella fuga da ogni interesse <strong>cor</strong>poreo e nella aspirazione alla liberazione finale. 594 Aristotele riprende il<br />
motivo platonico <strong>della</strong> reminiscenza: l’anima, cadendo nel mondo, dimentica le visioni che hanno costituito<br />
la sua esperienza nella sede divina; perciò la vita nel mondo è imperfetta, una specie di “decadenza” (o<br />
“caduta”) dalla condizione originaria, un allontanamento dall’essenza in<strong>cor</strong>porea, dunque una specie di<br />
“malattia”.<br />
Nota critica su Aristotele<br />
594 Il contenuto del dialogo Eudemo è possibile in base a un racconto di Cicerone (De div., I, 25, 53; Arist., fr. 37, Rose): Eudemo,<br />
scolaro di Platone, durante un viaggio in Tessaglia, aveva sognato che presto sarebbe guarito dalla malattia che lo aveva colpito e che<br />
dopo cinque anni sarebbe tornato in patria; in realtà, egli morì allo scadere di quel lasso di tempo: dunque la divinità nel sogno gli<br />
aveva annunciato il ritorno alla patria celeste.