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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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Il “Filebo”<br />

La discussione sul tema del piacere nel “Filebo” offre a Platone l’occasione per sviluppare una organica<br />

riflessione sull’uomo e, nello stesso tempo, focalizzare il nucleo concettuale intorno al quale ruota il suo<br />

pensiero. Si può dire, infatti, che l’intera riflessione platonica si svolga intorno a un motivo fondamentale che<br />

può essere definito come “plesso onto-antropologico”. E a questo proposito il “Filebo” costituisce un<br />

significativo punto d’arrivo, in quanto esso offre una sintesi dei molteplici elementi che confluiscono nello<br />

sviluppo <strong>della</strong> dottrina platonica dell’uomo. La natura etica dell’uomo (in virtù <strong>della</strong> quale l’uomo progetta<br />

e costruisce se stesso), dice in conclusione il filosofo, risulta costituita come “mescolanza” di piacere puro e<br />

di conoscenza <strong>della</strong> verità, cioè riposa sulla compiuta attuazione <strong>della</strong> sfera sensibile (nella forma<br />

dell’esperienza estetica) e di quella intellettuale e sull’armomica fusione di entrambe.<br />

La tematica del “Filebo” relativa alla definizione del “piacere puro” presenta, poi, significative analogie<br />

con alcune teorie recenti intorno al ruolo <strong>della</strong> “dimensione estetica” nel superamento di aspetti culturali<br />

connessi alla configurazione del soggetto moderno, tra i quali principalmente la tendenza alla “divisione”<br />

nell’ambito <strong>della</strong> realtà umana, con la costituzione di sfere separate e autonome di funzioni spirituali<br />

specifiche, e lo sviluppo <strong>della</strong> tecnica come strumento <strong>della</strong> pianificazione del mondo, in rapporto<br />

all’espansione illimitata <strong>della</strong> sfera del bisogno e alla proiezione “oggettiva” di questa medesima.<br />

La dottrina platonica s’inquadra nella generale concezione ontologica dei “princìpi”.<br />

Platone, secondo la configurazione più sistematica del suo pensiero, pone alla base di ogni processo reale i<br />

princìpi dell’Uno e del Due (che nel “Filebo” appaiono come “limite” e “illimitato”): il primo come principio<br />

<strong>della</strong> determinazione, il secondo come principio <strong>della</strong> divisibilità infinita e, dunque, <strong>della</strong> “materia” (nel<br />

senso di potenzialità d’essere) indeterminata. Il “mondo delle idee” costituisce, secondo questa prospettiva,<br />

la sfera delle modalità <strong>della</strong> determinazione: l’idea del Bene è la modalità più generale, che indica la forma<br />

complessiva e primaria <strong>della</strong> totalità reale (nella sua determinazione in atto), e in diretta connessione con<br />

essa sono le idee del Vero e del Bello. Si tratta di princìpi generali <strong>della</strong> determinazione, che presiedono,<br />

pertanto, alla costituzione di ogni ente. L’azione limitante dell’Uno si esplica secondo queste fondamentali<br />

esigenze ideali e ogni idea, che costituisce il modello immutabile del determinato ente sensibile, risulta<br />

costituita sulla base <strong>della</strong> sua “partecipazione” a tali princìpi fondamentali e ad altri più particolari (ma tutti<br />

subordinati ai primi). Così ogni idea partecipa del Bello e ogni ente sensibile presenta una qualche bellezza<br />

che si rivela nel suo aspetto, nella sua forma fenomenica.<br />

La sfera “estetica” ha il suo fondamento in questa partecipazione: essa comprende i modi in cui la<br />

struttura intelligibile in base alla quale ogni ente è costituito si manifesta sensibilmente e viene ad alimentare<br />

una tipica esperienza dell’uomo. Si può dire che la bellezza appartiene a ogni ente nella misura in cui esso è<br />

“vero”, cioè costituito in conformità al modello ideale e, dunque, intelligibile. In realtà, poiché ogni idea<br />

risulta dall’unificazione di una molteplicità, è questa stessa composizione armonica di elementi e parti che si<br />

manifesta sensibilmente e produce, in chi la contempla, un piacere disinteressato.<br />

Platone distingue il piacere estetico da quelle forme di piacere che sono da considerare imperfette o false e<br />

impure e che sono generate dalla dinamica dei desideri, coincidono, cioè, con le situazioni soggettive in cui<br />

una mancanza viene colmata, un bisogno è soddisfatto, un equilibrio ristabilito. I “piaceri puri”, egli dice,<br />

sono “quelli che riguardano i colori che si dicono belli, e le figure, e la maggior parte dei piaceri che<br />

riguardano odori e suoni, e tutto ciò che, rendendoci insensibili al bisogno e indifferenti al dolore, ci offre<br />

una soddisfazione coinvolgente e piacevole” (“Filebo”, 51 b, tr. di Enrico Pegone). Sono, dunque, le idee<br />

stesse che, manifestandosi sul piano sensibile, producono il piacere puro: ad esempio, il rosso in sé, il<br />

triangolo in sé, l’armonico in sé (il suono in quanto rivela l’essenza dell’armonia), il profumo in sé (l’odore in<br />

quanto rivela, a sua volta, un ac<strong>cor</strong>do, una straordinaria e quasi divina mescolanza). Si tratta di<br />

un’esperienza che ci avvicina alla natura del limite e ci conduce sul piano in cui i princìpi e le forme, che<br />

esercitano l’azione limitante, raggiungono il loro scopo, attuando mescolanze perfette, che si rivelano<br />

sensibilmente sotto l’aspetto <strong>della</strong> bellezza. Le mescolanze, così, di cui sono costituiti tutti gli enti, risultano<br />

tanto più idonee a produrre forme di piacere vicine ai piaceri puri quanto più l’ac<strong>cor</strong>do tra gli elementi in<br />

essi confluenti risulta armonico e perfetto.<br />

In rapporto alla tematica relativa a genere di vita proprio dell’uomo, cioè il genere “misto” di piacere puro<br />

e di intelligenza <strong>della</strong> verità, si può dire che dal conseguimento di tale mescolanza deriva la più significativa<br />

esperienza estetica. In questo senso, nelle forme prodotte dall’arte l’uomo contempla la sua stessa bellezza,<br />

riuscendo a comprendere come la sua realtà risulti dall’ac<strong>cor</strong>do di diverse componenti e consista<br />

specialmente nel modo in cui queste sono condotte a un’unità. Il grande problema etico di Platone appare,<br />

così, quello del conseguimento dell’unità all’interno di ogni individuo e di ogni società. Il piacere estetico è<br />

connesso con questo fine etico: esso risulta da uno stato di equilibrata fusione fra le molteplici inclinazioni

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