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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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soggetti sia quelli liberi, cioè sia quelli che sono alle dipendenze di altri (gli schiavi) sia quelli che sono alle<br />

dipendenze <strong>della</strong> società, cioè gli artigiani e i mercanti. 390<br />

Aristotele rifiuta la tesi che sostiene la condizione degli schiavi essere contraria alla natura <strong>della</strong><br />

condizione umana e ritiene la disuguaglianza come un dato naturale, basato sul fatto che “fin dalla nascita<br />

alcuni son fatti per essere comandati e altri per comandare”, per cui “è evidente che per natura alcuni sono<br />

liberi, altri schiavi, cui anzi giova ed è giusto servire”. 391 Invece contro natura è la “disuguaglianza tra uguali<br />

e la disparità tra pari”. 392<br />

Il popolo deve conservare il potere di “scegliere i magistrati e chiedere loro conto <strong>della</strong> loro gestione<br />

[<strong>della</strong> cosa pubblica]: ché, privo di tale potere, il popolo sarà schiavo e nemico”. 393<br />

Aristotele enumera, quindi, le diverse forme di governo, cioè le diverse modalità in cui si esprime la<br />

sovranità (il potere sovrano). E’ da osservare, preliminarmente, che le costituzioni sono rette (basate sulla<br />

giustizia), allorché “l’uno [monarchia, regno* o i pochi [aristocrazia, governo dei “migliori”] o i molti<br />

[repubblica, “politeia”) governano per l’utile pubblico”. Ad ogni forma di retto governo <strong>cor</strong>risponde una<br />

determinata degenerazione (tirannide, oligarchia, democrazia). 394 Ogni popolo è adatto a una particolare<br />

costituzione; ma le forme degenerate sono contro natura, dunque non rispondenti a nessuna disposizione di<br />

qualche popolo. 395 La repubblica è la forma mista di governo, basata sulla presenza di una condizione sociale<br />

media. 396 Si tratta, secondo Aristotele, <strong>della</strong> forma migliore di costituzione. 397 Così, tra l’oligarchia<br />

(degenerazione dell’aristocrazia) e la democrazia (degenerazione <strong>della</strong> repubblica), Aristotele ritiene<br />

migliore la seconda, poiché “si ha democrazia quando son sovrani gli uomini liberi, oligarchia quando sono i<br />

ricchi”. 398<br />

Le tre funzioni fondamentali dello stato sono quella deliberativa, quella amministrativa e quella<br />

giudiziaria. 399<br />

In definitiva, Aristotele conclude che la bontà di uno stato è basata sulla virtù dei cittadini. 400 Perciò lo sttao<br />

deve provvedere all’educazione dei cittadini. Infatti, “per tre fattori divengono buoni o virtuosi gli uomini: e<br />

questi sono la natura, l’abitudine e la ragione. 401 E accade che “ogni arte o educazione si sforza di completare<br />

ciò che manca alla natura”. 402 E “poiché unico è il fine dello stato, è evidente che una sola e stessa educazione<br />

390 L’attività politica si profila come una funzione che comprende l’intero impegno del cittadino e si qualifica come<br />

condizione di piena libertà, come “ozio” nel senso di indipendenza da lavori costrittivi.<br />

391 Pol., I, 2, 1254.<br />

392 Pol., VII, 3, 1325. L’uguaglianza è giusta allorché riguarda individui uguali. In definitiva, l’uguaglianza è una<br />

condizione naturale, cioè riguarda le disposizioni degli individui. Così, ad esempio, la disuguaglianza e l’uguaglianza<br />

non riposano su singoli elementi accidentali, come la ricchezza e la povertà. Coloro che sono diseguali per qualche<br />

aspetto (per esempio per la ricchezza) non sono diseguali in tutto; e così non tutti quelli che sono uguali in qualcosa (ad<br />

esempio nella libertà) sono uguali in tutto (ad esempio nei diritti politici) (Pol., III, 5, 1280). Tenendo presente tale<br />

condizione di uguaglianza e disuguaglianza tra i cittadini, “ciò che è ugualmente retto è ciò che giova a tutto lo stato e<br />

alla comunità dei cittadini.<br />

393 Pol., II, 9, 1274. Così, “l’esenzione da ogni responsabilità e il potere a vita sono privilegi troppo grandi […]; e il<br />

potere non regolato da leggi ma fondato sul proprio arbitrio[il potere assoluto] è pericoloso” (II, 7, 1272).<br />

394 Pol., III, 5, 1279.<br />

395 Pol., III, 11, 1287.<br />

396 Pol., V, 6, 1294.<br />

397 “Vuol dunque lo stato esser composto di uguali e di simili al massimo; e questo si ha soprattutto nella condizione<br />

media; sicché bisogna che ottimamente sia governato questo stato, formato degli elementi di cui dicemmo per natura<br />

risultare la stessa formazione dello stato” (Pol., IV, 9, 1295).<br />

398 Pol., IV, 3, 1290. La democrazia è più stabile e meno agitata dell’oligarchia (V, 1, 1302): essa assicura un<br />

giudizio più equilibrato, quale è quello espresso da una moltitudine (rispetto a quello espresso da uno solo); e così è<br />

meno <strong>cor</strong>ruttibile la moltitudine rispetto a un solo individuo, che più facilmente lascia che il suo giudizio sia inquinato<br />

da fattori estranei (come le stesse passioni individuali o le pressioni esterne) (III; 10, 1286). Nella democrazia<br />

fondamento <strong>della</strong> costituzione rimane la libertà. In essa la giustizia consiste nell’uguaglianza secondo il numero (e non<br />

secondo il merito) ed è assicurato l’avvicendarsi dei cittadini nell’ubbidienza e nel comando (VI, 1, 1317). Nella<br />

democrazia, tutti i cittadini con<strong>cor</strong>rono all’elezione dei magistrati, si fanno rendere conto <strong>della</strong> loro gestione e li<br />

giudicano; sicché i governanti risultano essere i migliori (i peggiori non vengono eletti).<br />

399 Pol., IV, 11, 1298.<br />

400 Pol., VII; 1, 1223.<br />

401 Pol., VII, 12, 1332.<br />

402 Pol., VII, 15, 1336.

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