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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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appresenta in modo più compiuto la bellezza in sé come armonia perfetta e proporzione tra le parti di un<br />

intero. L’essere, che è uno e identico a sé, è anche la bellezza stessa; in esso, infatti, non vi sono neppure<br />

distinzioni di parti, per cui si ponga il problema <strong>della</strong> ricostituzione di un’armonia originaria. Esso è già<br />

costitutivamente armonia assoluta. Il cosmo nella sua unità riflette questa armonia in quanto ricostituzione<br />

<strong>della</strong> sua forma originaria (quella che è connessa all’essere) mediante la perfetta <strong>cor</strong>rispondenza armonica<br />

tra le parti. Il cosmo comprende la totalità delle parti nelle modalità <strong>della</strong> loro connessione armonica,<br />

secondo numero, ritmo e misura. E il <strong>cor</strong>po umano è riproduzione del cosmo: dunque esso reca in sé, in<br />

modo riflesso, la bellezza cosmica, che a sua volta riproduce la bellezza in sé.<br />

Il “Teeteto”<br />

Dopo la confutazione <strong>della</strong> tesi protagorea <strong>della</strong> relatività <strong>della</strong> conoscenza e <strong>della</strong> verità, Socrate pone<br />

una questione di fondamentale importanza: è più esatto dire che gli occhi sono ciò con cui oppure ciò per<br />

mezzo di cui noi vediamo? (184 c). In tale questione è compreso tutto il problema <strong>della</strong> funzione da attribuire<br />

ai sensi nel processo <strong>della</strong> conoscenza. Se si ritiene che i sensi costituiscono il principio attivo <strong>della</strong> conoscenza (e<br />

<strong>della</strong> stessa conoscenza sensibile, come il sentire e il vedere), allora ha ragione Teeteto di ritenere che la conoscenza<br />

coincide con la sensazione. Se bisogna ammettere che i sensi siano semplici veicoli secondari (ausiliari) e che il principio<br />

attivo sia oltre i sensi (nell’intelletto), bisogna superare la prospettiva sensistica. Teeteto stesso deve convenire su<br />

quest’ultima ipotesi. Socrate, allora, sottolinea l’esigenza di ammettere un principio sensibile attivo unico,<br />

che si serve dei diversi sensi per produrre le diverse sensazioni: tale principio potrà essere concepito come<br />

l’anima stessa o in altro modo. Infatti, com’è possibile avere nello stesso tempo percezioni diverse, se non<br />

rapportandole a una facoltà unica, la quale determina quelle stesse in una unità di forma? E poi come<br />

sarebbe possibile avere, attraverso i sensi, la percezione di idee come quelle di “uguale”, “diseguale” e così<br />

via? Teeteto deve convenire che è l’anima la facoltà di tali idee, così come essa è il principio <strong>della</strong> percezione<br />

dell’unità del molteplice sensibile. Bisogna concludere, quindi, che l’anima compie alcune osservazioni da<br />

sola e altre con l’aiuto delle percezioni specifiche dei sensi. Tra le idee che l’anima concepisce da sé<br />

medesima Teeteto deve porre in primo luogo l’idea di essere, che è quella più universale. Analogamente si<br />

deve dire di altre idee, come quelle di identico, diverso, simile, dissimile, bello, brutto, bene, male. E, osserva<br />

Socrate, sebbene il duro e il molle vengano percepiti attraverso i sensi, è l’anima che fonda l’idea <strong>della</strong> loro<br />

opposizione e diversità. E proprio da questa idea è data la conoscenza del loro “essere”: dunque dalla funzione<br />

intelligibile dell’anima. Dunque, “non è nelle impressioni che risiede la scienza, ma nei ragionamenti sulle<br />

impressioni; infatti l’essere e la verità si possono attingere in codesto modo e non mediante le sensazioni” (186 d). Si<br />

conclude che la scienza non coincide con la sensazione (186 e). La scienza è fondata dall’atto attraverso il quale<br />

l’anima si rivolge solo e unicamente allo studio dell’essere delle cose (187 a).<br />

Teeteto avanza, allora, l’ipotesi che la scienza possa intendersi come l’opinione vera. Socrate esamina perciò<br />

il problema dell’essere connesso all’opinione falsa. Egli osserva che in questa si assumono alcuni elementi di<br />

conoscenza (alcune cose che si sanno) per altri, con la conseguenza di non conoscere più né gli uni né gli<br />

altri. L’errore è spiegato qui come confusione (non <strong>cor</strong>rettezza) nel rapporto <strong>della</strong> sensazione con l’idea. Non può<br />

aversi opinione falsa nell’ambito dei rapporti tra sole idee o tra sole sensazioni.<br />

L’opinione vera consiste, allora, nella <strong>cor</strong>rispondenza <strong>della</strong> percezione attuale all’idea che si ha<br />

dell’oggetto <strong>cor</strong>rispondente. La scienza, invece, non consiste nella sensazione e non può essere definita in<br />

base alla ortothés, alla <strong>cor</strong>rettezza del rapporto <strong>della</strong> percezione all’idea. Essa, infatti, riguarda l’essenza<br />

intelligibile delle cose.<br />

Teeteto introduce la terza definizione, <strong>della</strong> scienza come opinione vera accompagnata da ragione (201 c). Così<br />

le nozioni prive di base razionale non sarebbero elementi di scienza, mentre lo sarebbero quelle inserite in un<br />

contesto razionalmente ordinato (in un dis<strong>cor</strong>so filosofico). A questo proposito sorgono altre difficoltà.<br />

Infatti, come può la ragione stabilire una connessione tra elementi se non sulla base di una adeguata<br />

conoscenza di tali elementi medesimi? Bisogna ammettere che gli elementi stessi sono razionali e conoscibili,<br />

perché non potremmo spiegarci, ad esempio, come possiamo leggere o ascoltare una musica, se non<br />

ammettessimo che sono conoscibili gli elementi di cui si compongono le parole e i suoni.<br />

Nessuna delle definizioni che riconducono la scienza all’esperienza sensibile appare, dunque, plausibile; e,<br />

per definire la scienza, bisogna per<strong>cor</strong>rere altre vie.<br />

Il Teeteto si conclude in modo aporetico.

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