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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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Il tempo, in quanto misura del movimento, implica una quantità che sia assunta a unità di misura. Tale<br />

unità è l’istante. L’istante deve essere inteso come tale da consentire, insieme, la continuità del tempo e<br />

misura di esso attraverso il numero. Il tempo è, perciò, divisibile secondo tale unità di misura. 320<br />

La natura comprende i processi di movimento e di mutamento. Oc<strong>cor</strong>re considerare, perciò, in primo<br />

luogo, il movimento, perché la conoscenza dei processi naturali è basata sulla conoscenza <strong>della</strong> natura del<br />

movimento e dei modi in cui esso si esplica. Il movimento, come abbiamo visto, è connesso allo spazio e al<br />

tempo. Ma, d’altra parte, esso è relativo agli enti stessi (che si muovono e che mutano). Il movimento e il<br />

mutamento ci sono perché ci sono gli enti mobili e mutevoli. E il mutevole muta sempre o nella sostanza o<br />

nella quantità o nella qualità o nel luogo: 321 per esempio, un ente è caratterizzato dalla sua forma (e<br />

privazione), dalle sue qualità, dal suo essere grande o piccolo, completo o incompleto, dal suo trovarsi in un<br />

dato luogo (fondamentalmente in virtù del suo essere leggero o pesante). In virtù del movimento l’ente si<br />

realizza in atto; ciò che è in potenza realizza così le sue possibilità. Perciò Aristotele dice che “il movimento è<br />

l’atto (entelechia) del possibile in quanto possibile”, 322 cioè “del mobile in quanto mobile”. 323<br />

Aristotele si chiede se il movimento debba concepirsi come tale che abbia un cominciamento e una fine<br />

(in modo da potersi pensare a una realtà caratterizzata dal movimento e a una realtà in cui vi sia assoluta<br />

assenza di movimento), oppure come tale che non abbia inizio né fine e che sia stato sempre e sempre sia,<br />

“immortale e inesauribile”, e costituivo di ogni ente naturale. Ma se il movimento non esistesse dall’eternità,<br />

oc<strong>cor</strong>rerebbe che pure si fosse verificata una condizione del passaggio dall’assenza di movimento al<br />

movimento. Analogo ragionamento si pone per l’indistruttibilità del movimento: infatti bisogna supporre<br />

una condizione di passaggio dal movimento all’assoluta mancanza di movimento, Ma è evidente che ciò è<br />

impossibile; non potrebbe aversi un mangiamento posteriore all’ultimo (come passaggio dal mutamento al<br />

suo contrario). Ne deriva che il moto è eterno. 324 Bisogna ammettere, dunque, l’eternità del movimento. Il<br />

movimento, in quanto ha come dimensione l’eternità, ha come suo principio e fondamento la stessa<br />

immobilità. Fondamento del movimento è, pertanto, un principio che sia motore immobile ed eterno.<br />

Connesso a tale principio è il primo mobile, che deve concepirsi anch’esso eterno. Il motore immobile, infatti,<br />

deve muovere qualcosa; e questo è il primo mobile, una realtà che, a sua volta, è principio di ogni<br />

movimento determinato e finito. 325<br />

Aristotele distingue tre specie di movimento: <strong>della</strong> qualità, <strong>della</strong> quantità, del luogo. 326 Il primo è il<br />

mangiamento, il secondo è l’aumento e la diminuzione, 327 il terzo è il moto locale (di traslazione). 328 Il<br />

movimento originario e fondamentale è la traslazione circolare (che riguarda il cielo e gli astri). Infatti non può<br />

darsi, ad esempio, aumento senza spostamenti locali (un <strong>cor</strong>po aumentando di volume occupa un maggiore<br />

spazio). 329 Che la traslazione sia il movimento originario è confermato dal fatto che essa sola costituisce un<br />

320 “E’ chiaro che l’istante non è una porzione del tempo, come la divisione non è una porzione del movimento, né il<br />

punto è porzione <strong>della</strong> linea” (Fisica, IV, 17, 220). L’istante è il limite del tempo: non è tempo (o parte del tempo), ma<br />

è il numero che serve a misurare il tempo. L’istante fa sì che il tempo sia sempre diverso e, insieme, sempre uguale a<br />

se stesso. In virtù di esso, il tempo si configura come passato e come futuro: infatti l’istante segna sempre la fine del<br />

passato e il principio del futuro; esso è, perciò, come una sintesi di entrambi (come il punto nel circolo è sintesi di<br />

convesso e di concavo) (Fisica, IV, 19, 222). L’istante è indivisibile (esso è principio <strong>della</strong> divisione del tempo) e in<br />

esso non si dà né movimento né quiete. Se nell’istante vi fosse movimento, esso si caratterizzerebbe in rapporto al più<br />

veloce e al più lento, e dunque sarebbe divisibile. Analogamente, nell’istante non si dà neppure quiete (VI, 2, 234).<br />

321 Fisica, III, 1, 201.<br />

322 Fisica, III, 1, 201.<br />

323 Fisica, VIII; 1, 250.<br />

324 Fisica, VIII, 1, 250-51. “E sarà necessario o che il movimento sia eterno o che non esista mai, non potendo<br />

nascere dal nulla” (VIII, 2, 252).<br />

325 “Giacché l’immobile muoverà sempre di uno stesso ed unico moto nella stessa maniera, una volta che non muta<br />

affatto il suo rapporto col mobile; ma poi il mobile, mosso da questo mobile, che è mosso dall’immobile, per la varietà<br />

dei suoi rapporti con le cose, sarà causa di movimenti diversi” (Fisica, VIII, 9, 269).<br />

326 Fisica, V, 3, 225.<br />

327 “Aumento quel che tende alla grandezza perfetta, diminuzione quel che parte da questa”.<br />

328 Fisica, V, 3, 225-26. “E poiché tre sono le specie di movimento […], è necessario che anche i mobili siano di tre<br />

specie” (VII, 3, 243). Cioè i mobili sono di tre tipi: che si muovo di moto locale, che si muovono nel senso<br />

dell’aumento e <strong>della</strong> diminuzione, che si muovono nel senso del mutamento <strong>della</strong> sostanza.<br />

329 Fisica, VIII, 10, 260.

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