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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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Che è, dunque, l’uomo, alla cui costituzione appartiene, tra l’altro, il sapere filosofico? Oc<strong>cor</strong>re<br />

considerare ciò che vi è di specifico nell’uomo, cioè l’uomo come “progetto particolare” <strong>della</strong> natura. Infatti<br />

nell’uomo la natura ha avviato una tendenza organizzativa ed evolutiva particolare, non altrimenti<br />

riscontrabile, tanto che l’esistenza umana è apparsa come qualcosa di miracoloso e straordinario, neppure<br />

spiegabile con le leggi naturali. 5 Proprio dell’uomo (<strong>della</strong> stessa organizzazione biologica <strong>cor</strong>rispondente<br />

all’”esistenza”) è che la sua esistenza diventi il suo proprio compito. L’uomo non semplicemente “esiste” ma<br />

dispone di capacità per progettare la sua esistenza; egli non tanto “vive”, ma “dirige” la propria vita. E ciò è<br />

possibile sulla base di capacità che si esplicano attraverso gli strumenti dell’intelligenza - la mano, l’occhio, il<br />

linguaggio - cioè, in una parola, mediante il pensiero. La determinazione a pensare e ad agire è la condizione<br />

generale di tutte le funzioni e capacità umane: essa è già nell’organizzazione <strong>cor</strong>porea dell’uomo. L’uomo,<br />

cioè, come essere fisicamente strutturato, è tale che può sopravvivere (e vivere) solo in quanto pensa<br />

(percepisce, immagina, ragiona, parla, dis<strong>cor</strong>re) e agisce. Dal punto di vista morfologico, l’uomo è caratterizzato<br />

da una serie di “carenze” e “inadattamenti” (non specializzazioni, primitivismi). In condizioni “naturali”,<br />

originarie, cioè in ambienti non trasformati dalla sua attività, egli non avrebbe i mezzi di sopravvivenza.<br />

L’”apertura” dell’uomo al mondo significa che egli “difetta” degli strumenti specifici dell’adattamento. La<br />

sopravvivenza, perciò, per l’uomo, è un problema. L’uomo è soggetto a una serie infinita di stimoli, che deve<br />

infine padroneggiare. L’uomo, cioè, è capace di trasformare quelle che sono, in una condizione “naturale”,<br />

difficoltà insormontabili per la sopravvivenza in fattori di sviluppo dell’esistenza. Questa situazione<br />

“problematica” dell’esistenza fa sì che l’uomo solo in quanto possiede l’attitudine alla <strong>filosofia</strong> (che coincide<br />

con la messa in questione di ogni aspetto <strong>della</strong> realtà) risolve (dà soluzioni provvisorie e possibili) ai<br />

problemi di fronte ai quali via via viene a trovarsi. La “questione filosofica”, dunque, appartiene alla<br />

costituzione dell’esistenza ed è molto più profonda dei modi in cui l’attività del pensiero filosofico si è<br />

venuta sviluppando nella storia <strong>della</strong> cultura.<br />

Trasformando attivamente il mondo in qualcosa di utile alla vita, l’uomo dà luogo a una “seconda<br />

natura”, alla “cultura”. L’”ambiente” proprio dell’uomo è sempre un ambiente culturale, cioè un “mondo”:<br />

non esiste l’uomo allo stato “naturale”. Il mondo percettivo che vediamo intorno a noi è il risultato<br />

dell’attività peculiare dell’uomo. Esso è, già sotto il profilo ottico, “simbolico”, cioè un campo di allusione ad<br />

esperienze (che sono possibilità dell’agire umano). L’uomo via via apprende le modalità del dominio dei dati<br />

dell’esperienza. La complessa articolazione e manifestazione di impressioni è trasformata in una serie<br />

significativa di “cose”, ciascuna delle quali contiene una quantità di allusioni a possibili forme di<br />

padroneggiamento e, dunque, a particolari campi di attività. Così l’uomo può guardare con tranquillità<br />

intorno a sé, dominando una serie di elementi ad alto contenuto simbolico: mentre l’animale si trova ogni<br />

volta irretito direttamente nel campo di stimoli rappresentati dalla situazione contingente, l’uomo invece<br />

può ritrarsene, prendere le distanze da esso, rendendo disponibili i diversi dati per l’intera programmazione<br />

<strong>della</strong> sua attività. Mediante la rappresentazione simbolica, l’uomo spezza il cerchio dell’immediatezza, nel<br />

quale l’animale resta prigioniero e crea intorno a sé uno “spazio vuoto”, lo spazio di un mondo pienamente<br />

dominabile, allusivo e disponibile. Egli accumula una grande riserva di capacità variabili, che possono essere<br />

impiegate ovunque si presentino opportunità vantaggiose. Nel pensiero e nel linguaggio si compie l’esonero<br />

dalla pressione del “qui” e “ora” e dalla reazione al contingente e al casuale. In ciò, inoltre, è racchiusa ogni<br />

possibilità di intesa tra gli uomini, sulla base <strong>della</strong> comune tendenza all’attività, a un mondo comune e a un<br />

comune futuro.<br />

L’uomo è “filosofo”, già dal punto di vista biologico, in quanto è caratterizzato dalla “non<br />

specializzazione”, dall’”apertura al mondo”, dalla necessità di doversi procurare le possibilità e le condizioni<br />

<strong>della</strong> sua esistenza. Perciò l’uomo vive una specie di “indefinitezza” e la sua natura si esprime in un progetto<br />

sempre aperto verso possibilità nuove e che di volta in volta deve essere definito.<br />

La <strong>filosofia</strong> si iscrive in questa “indefinitezza” e risponde al bisogno dell’uomo di definire il suo essere<br />

stesso e, insieme, l’orizzonte del mondo in cui vive e, al limite, dell’intera realtà. Si può dire che quest’ultima<br />

istanza abbia costituito la principale spinta alla riflessione: la <strong>filosofia</strong>, almeno per un lungo periodo <strong>della</strong><br />

sua storia, è coincisa col tentativo di abbracciare sul piano concettuale l’intera realtà, considerata nel suo senso e<br />

nella totalità dei rapporti tra gli enti che essa comprende.<br />

Indubbiamente, si tratta <strong>della</strong> tendenza propria dell’uomo a colmare la sua “incompiutezza” e ad attuare in modo<br />

il più completo possibile quell’”esonero” dall’infinito profluvio di stimoli e di domande che gli giunge dall’ambiente<br />

circostante.<br />

Secondo questa ipotesi di interpretazione generale dell’esistenza umana, i diversi livelli ai quali si attua il<br />

padroneggiamento dell’esperienza (a partire dallo sviluppo del sistema motorio per arrivare all’astrattezza<br />

5 Arnold Gehlen, L’uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo, tr. it., Feltrinelli, Milano 1983, p. 63.

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