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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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L’Uno, in quanto fondamento, si costituisce, in primo luogo, come intelligibilità del reale, dunque come<br />

pensiero in atto. 565 L’Intelletto comprende il reale in quanto pensabile e intelligibile. La pensabilità è la<br />

condizione di ogni realtà. Il sistema delle idee comprende ogni ente possibile e ogni possibile modo<br />

dell’ente.<br />

L’Intelletto, che costituisce la struttura razionale di ogni reale possibile, si riflette nella mente umana, che<br />

è espressione dell’Anima. 566 Questa ha il compito di animare la materia e di mo<strong>della</strong>re l’universo; essa<br />

<strong>cor</strong>risponde a un modello determinato di universo e, precisamente, a quell’universo che ha come sua base la<br />

materia. 567 L’intelletto umano è costituito per pensare questo universo determinato, il reale esistente.<br />

La materia è l’indefinito, dunque un aspetto dell’Uno, il non-essere come totale indeterminatezza e che è<br />

espressione dell’essere. 568 Nell’Uno i contrari coincidono: il massimo di perfezione coincide col massimo di<br />

vittoria dello spirito è più intensa di quella del platonico, perché l’oscurità contrastata del male è sentita in modo molto<br />

più vivido. Plotino non conosce il demonio, né una malvagità operante nella natura delle cose. In tutta la sua <strong>filosofia</strong><br />

non c’è il senso dell’orrore. Il tono del santo neoplatonico è quieto e sereno, nella fiducia che la verità ultima del ondo<br />

sta dalla sua parte, e che soltanto nuvole ‘nate dalla terra’ possono interporsi tra lui e il sole” (The Philosophy of<br />

Plotinus, London 1918, vol. II, pp. 38-39; 152).<br />

565 Le ipostasi che derivano dall’Uno sono l’Intelletto e l’Anima universale. L’Intelletto è la stessa visione dell’Uno<br />

e che sussiste in virtù di questo suo essere visione essenziale: “L’Intelletto guarda a lui [l’Uno] per potere essere<br />

intelletto; e lo vede non standone separato, ma in quanto è dopo di lui, e non c’è intermediario tra loro” (V, 1, 6). In<br />

questa ipostasi si dà l’articolazione del reale in essere e pensiero. Questa articolazione costituisce la condizione primaria<br />

<strong>della</strong> determinazione dell’essere, cioè <strong>della</strong> costituzione stessa del reale come determinazione onto/logica. Così,<br />

“essendo due, quest’uno è insieme intelletto ed ente, pensante e pensato: intelletto in quanto pensa, ente in quanto è<br />

pensato”; e insieme si profilano le condizioni primarie <strong>della</strong> determinazione logica e reale: l’identità e la diversità, il<br />

moto e la quiete, il numero e la quantità, la qualità e la proprietà (V, 1, 4). L’Intelletto è la totalità del reale in quanto<br />

intelligibile: “Sono dunque una sola cosa tutte queste: l’intelletto, l’intellezione, l’intelligibile” (V, 3, 5); tuttavia tale<br />

identità è anche differenza (VI, 7, 41).<br />

566 L’Anima universale è “Verbo e atto dell’Intelletto” (V, 1, 6). Essa agisce in conformità del modello ideale, dando<br />

vita all’universo: “guardando a ciò che è prima di lei pensa, guardando a se stessa si conserva, guardando a ciò che è<br />

dopo di lei l’ordina e governa e regge; giacché non era possibile che tutto restasse nell’intelligibile, mentre poteva in<br />

seguito nascere altro ed altro, di esistenza inferiore, sì, ma necessaria, data l’esistenza del superiore” (IV, 8, 3).<br />

L’Anima ha una natura duplice, in quanto da una parte è rivolta all’Intelletto e dall’altra al mondo. Essa, infatti, è<br />

produttrice del mondo <strong>cor</strong>poreo, e, in quanto essa informa l’universo, si deve dire che il mondo è nell’anima e non<br />

viceversa: “giacché non è il <strong>cor</strong>po luogo dell’anima, ma l’anima è nell’Intelletto” (III, 6, 18).<br />

567 L’universo è un grande sistema unitario, “che contiene tutti i viventi entro di Sé, ed ha anche un’anima unica per<br />

tutte le sue parti, in quanto ognuna è parte di esso” (IV, 4, 32). Così come si ha l’animazione universale del mondo, così<br />

si ha la simpatia universale delle cose: tutti gli enti sono, cioè, insieme collegati, in modo che ciò che si verifica in una<br />

parte dell’universo si ripercuote in ogni altra parte (IV, 4, 41). L’universo nella sua totalità è armonioso e perfetto; e<br />

anche quelli che appaiono mali o difetti non sono “inutili del tutto all’ordine e alla pienezza dell’universo” (III, 2, 5).<br />

568 La materia è intesa come l’assoluta privazione <strong>della</strong> potenza emanativa dell’Uno, ciò che si colloca al termine<br />

dello stesso processo di emanazione e che, in qualche modo, deve essere riassorbito in esso. Essa è da intendersi come<br />

una condizione di indifferenza, dovuta specialmente al fatto che in essa non è più operante la potenza del Bene (o<br />

dell’Essere). Così Plotino deduce la necessità <strong>della</strong> materia: “Ma si può cogliere la necessità del male anche per questa<br />

via: poiché non c’è solo il Bene, di qui sorge la necessità che nella processione da lui o, se diversamente si preferisca<br />

esprimersi, in quel perenne digradare e allontanarsi, si abbia l’‘ultimo’, dopo il quale non è più possibile che venga<br />

all’esistenza una qualsiasi cosa: ed ecco il male. Che esista il termine successivo al primo risulta da una necessità; di<br />

conseguenza ci sarà pure il termine estremo: la materia, cioè, che ormai non ha più nulla di lui” (I, VIII, 7). Plotino<br />

avverte che sul piano dell’intelligibile la materia <strong>cor</strong>risponde all’indefinito, all’illimitato, all’assenza assoluta di<br />

determinazione; dunque la connotazione <strong>della</strong> materia come “male” si ha sul piano del reale, e indica, in qualche modo,<br />

il fatto che il processo emanativo si sia esaurito, dando luogo, così, al dominio dell’assenza stessa di ogni qualsiasi reale<br />

(dato che ogni reale appartiene al processo emanativo). In realtà, la materia sensibile è una immagine di quella<br />

intelligibile. Laddove, infatti, non vi è realtà di qualsiasi tipo, vi è assoluta indifferenza. Ciò che è chiaro è che anche la<br />

materia s’inserisce nel processo dell’emanazione e, in definitiva, rientra nell’ordine delle modalità d’essere che sono<br />

connesse a tale processo. Come dice Plotino in un altro passo: “Così, anche la materia, se essa esiste dall’eternità, non<br />

può, appunto per questo suo esistere, non partecipare di quella potenza che elargisce a tutti il bene, con l’unico limite<br />

<strong>della</strong> possibilità di ciascuno; ma se anche la sua nascita è solo una necessaria conseguenza di cause anteriori, neppure in<br />

tal caso ella dev’essere scissa dal suo principio, come se questo, che pure le diede in grazia, per così dire, l’esistere,<br />

dovesse poi di botto arrestarsi per impotenza, prima di giungere ad essa.” (IV, VIII, 6). Plotino dice, inoltre, che la<br />

materia “nacque proprio dalla mancanza di tutto ciò che dicesi essere”; che essa, per la sua indeterminatezza, è quasi<br />

“un’ombra e una parvenza di massa”, “una pura ansia a far da substrato”, qualcosa che “invisibile a se stesso, sfugge a<br />

ciò che vorrebbe vederlo; e qualora uno non veda, gli sorge dinanzi, ma se quegli scruta attentamente, ritorna<br />

invisibile”; perciò “quasi gioco fuggente”, per cui le cose che appaiono in essa sono “vere ombre nell’aombra, come in

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