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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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dell’anima. Socrate osserva che l’anima non può essere considerata come un ac<strong>cor</strong>do di elementi<br />

diversi di cui si compone il <strong>cor</strong>po, perché un tale ac<strong>cor</strong>do non potrebbe esistere prima degli<br />

elementi stessi. Inoltre, è ac<strong>cor</strong>do anche l’anima malvagia? Non possiamo dire che l’anima trista è<br />

s<strong>cor</strong>data, se l’anima per se stessa è ac<strong>cor</strong>do. Cebète solleva un’obiezione più profonda: per il fatto<br />

che l’anima conosce le idee non deriva che debba esse necessariamente simile (o <strong>della</strong> stessa<br />

natura) ad esse. Le idee sono le essenze, i fondamenti per cui le cose sono, diverse dalle “cause” o<br />

dai principi naturali di cui parlavano i fisici antichi. Se l’anima ha in sé le idee, partecipa <strong>della</strong><br />

natura di esse. Ms se una cosa esiste in quanto partecipa <strong>della</strong> sua idea, s’intende che non può<br />

continuare ad essere quando cessa di aderire a quell’idea e in sé accoglie un’idea contraria. Il pari<br />

non può accogliere il dispari, restando pari; il tre non può accogliere il pari, restando tre; la neve<br />

non può accogliere il caldo, senza cessare di essere neve. E allora che fa il tre, che fa la neve,<br />

quando si avvicinino loro il pari e il caldo? Due casi sono possibili: o ritirarsi o accogliere l’idea<br />

contraria, cessando di essere. Così, un <strong>cor</strong>po perché sia vivo, oc<strong>cor</strong>re che contenga il principio<br />

<strong>della</strong> vita che è l’anima. L’anima non può accogliere l’idea <strong>della</strong> morte, senza cessare di essere<br />

anima. L’ani,a, dunque, in quanto principio di vita, non può partecipare mai dell’idea <strong>della</strong> morte,<br />

senza cessare di essere anima. L’anima, dunque, in quanto principio di vita, è immortale.<br />

Accertata l’immortalità dell’anima, Socrate introduce il mito del destino delle anime dopo la<br />

morte (107 d-114 c).<br />

“La Repubblica”<br />

Eros è anche la forza generatrice dello Stato: esso congiunge l’attività dell’uomo nel mondo al<br />

modello ideale: così lo Stato può essere l’immagine vivente di quell’Uno che è il Bene. Il Convito<br />

parla di questa forza che congiunge la città al cosmo nella sua totalità; la Repubblica indica la<br />

maniera in cui questa congiunzione si attua nel mondo, attraverso la fondazione dello Stato<br />

ideale. E’ questo un problema politico, ma è anche un problema metafisico, tanto unitario e<br />

vivente come un organismo è il cosmo di Platone. Il problema politico investe tutti gli altri<br />

problemi del pensiero platonico (il problema dell’anima e <strong>della</strong> conoscenza, <strong>della</strong> virtù e<br />

dell’educazione) e ne costituisce la sintesi unitaria e significativa. Il motivo centrale <strong>della</strong><br />

Repubblica è questo: “Se i filosofi non diventano re negli Stati, oppure coloro che sono chiamati<br />

oggi re e governanti non cominciano a filosofare nobilmente e in misura sufficiente, in modo che la<br />

potenza politica e la <strong>filosofia</strong> coincidano, e se non vengono esclusi a viva forza i molti individui che<br />

ora per<strong>cor</strong>rono una delle due strade senza curarsi dell’altra, non finiranno mai i mali dello Stato, e<br />

anzi, a quanto credo, <strong>della</strong> stirpe umana in generale”. La <strong>filosofia</strong> non è astratta attività mentale<br />

ma è concreta costruzione <strong>della</strong> società umana e del mondo; e chi si accinge a condurre le cose<br />

umane deve mettersi a filosofare. Platone tiene lo sguardo fisso all’unità: è unità è il cosmo, unità<br />

l’anima, unità lo Stato. L’unità cosmica è una condizione originaria che bisogna conoscere; l’unità<br />

dell’anima e dello Stato deve essere fondata sulla base <strong>della</strong> scienza e <strong>della</strong> volontà ordinatrice.<br />

L’anima e lo Stato sono unità parallele: come l’anima è viva connessione delle virtù (sapienza,<br />

<strong>cor</strong>aggio, temperanza), così lo Stato è connessione organica delle tre classi sociali (i governanti, i<br />

difensori, i produttori). Nell’anima Platone distingue tre elementi: uno spirituale, che comprende<br />

la giustizia e la sapienza; uno medio di collegamento, che comprende il <strong>cor</strong>aggio e la passione<br />

entusiastica; infine un elemento concupiscente, relativo ai bisogni materiali e alla vita sensibile.<br />

L’unità dell’anima è la connessione di questi elementi: la giustizia è appunto questa connessione<br />

per opera <strong>della</strong> ragione. Così anche l’unità dello Stato è data dalla giustizia: la quale esige che ogni<br />

cittadino stia al suo posto e adempia la sua funzione, relativa alla classe cui appartiene. Ognuno<br />

deve occuparsi di quel lavoro per cui è nato (al quale lo dispongono le attitudini naturali). 189 In<br />

ognuno si attua lo spirito <strong>della</strong> comunità e il ruolo specifico è stabilito dall’appartenenza a una<br />

classe. Tuttavia non c’è ordine di classi chiuse: succede che alcuni <strong>della</strong> nobiltà scendano al<br />

popolo e altri per<strong>cor</strong>rano il cammino opposto.<br />

Ma come è possibile che lo Stato sia l’immagine dell’idea, che in esso viva la suprema unità del<br />

Bene? Noi già conosciamo l’opinione di Platone: che è necessario che a governare siano chiamati i<br />

filosofi, che dunque i governanti diventino filosofi. Giungiamo così al punto centrale del dialogo,<br />

che riguarda la formazione del filosofo.<br />

189 “Quale contrasto con la moderna ‘divisione del lavoro’! Platone desidera l’unità <strong>della</strong> perfezione perfino nei<br />

contadini e negli artigiani, affinché essi rimangano uomini completi. Quanto più alto è il valore dell’uomo, tanto meno<br />

‘specializzata’ è la sua perfezione. I guerrieri sono le immagini dello Stato, i filosofi governanti invece portano nel loro<br />

spirito l’intero universo, secondo il quale essi ordinano e guidano lo Stato” (K. Hindebrandt, Platone, cit., p. 290).

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