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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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piaceri e i dolori”. 214 Platone rileva come la stessa sfera delle passioni costituisce la base <strong>della</strong> vita psichica e<br />

che proprio essa, opportunamente educata nel senso <strong>della</strong> capacità di orientamento verso ciò che è bene,<br />

rappresenta la condizione primaria <strong>della</strong> virtù. Il fanciullo deve imparare giocando ad amare il bene e a<br />

odiare il male. La paideia incomincia, dunque, con la <strong>cor</strong>retta formazione dei sentimenti di piacere e di<br />

dolore: il piacere vero, infatti, è connesso al possesso del bene, mentre il dolore deriva dalla presenza del<br />

male nell’anima.<br />

Qui emerge in modo esplicito il problema dell’educazione delle forze irrazionali dell’anima; e tale<br />

educazione è vista come il presupposto di ogni altra, cioè come la condizione per l’instaurazione del<br />

dominio <strong>della</strong> ragione nell’intero comportamento, al fine dell’attuazione <strong>della</strong> giustizia.<br />

L’educazione al moto ritmico e alla danza ha la stessa funzione: essa con<strong>cor</strong>re a formare il senso del bello,<br />

dell’armonico, dell’ordinato. Qui Platone sottolinea la sostanziale unità tra il bello e il buono. Le melodie canore<br />

e i ritmi <strong>della</strong> danza sono fattori formativi di ethos: perciò essi non possono essere lasciati al gusto soggettivo<br />

e al capriccio individuale dei poeti. Platone, a questo proposito, ammira quelle forme d’arte che gli sembrano<br />

sottratte al gusto unilaterale e come ricondotte a criteri ideali di misura, come, ad esempio, le figure e le<br />

forme artistiche egiziane, quasi ieraticamente composte. Poesia e musica sono vera paideia solo se sono<br />

strutturate in base alla chiara visione <strong>della</strong> gerarchia dei beni. I canti del poeta sono “incanti” (epodai) per gli<br />

ascoltatori: perciò è necessario che essi agiscano sull’anima in senso educativo e nella direzione <strong>della</strong> vera<br />

paideia. Il legislatore, che vigila sull’educazione, ha anche il compito di curare che si dispongano strumenti<br />

educativi efficaci e adatti allo scopo: perciò egli deve decidere anche in merito alle opere di musica e di<br />

poesia che possono essere accostati ai fanciulli. Egli, disponendo un insieme di strumenti atti a incidere<br />

piacevolmente sullo spirito, diventa formatore e mo<strong>della</strong>tore (plastes) di buoni cittadini e uomini completi.<br />

Nelle Leggi la paideia costituisce la questione fondamentale. Platone dice che l’educazione consiste<br />

essenzialmente in un ac<strong>cor</strong>do profondo di passione (educata nel senso dell’amore verso il bene) e intelletto<br />

(come consapevolezza di ciò che è bene) e che “proprio questo ac<strong>cor</strong>do rappresenta la più completa virtù”. 215<br />

A questo problema sono dedicati ben tre libri: il I, il II e il VII. Al legislatore è attribuito il compito di<br />

disporre la paideia come condizione fondamentale <strong>della</strong> costituzione dello stato. Il buon legislatore, infatti,<br />

non è colui che semplicemente impone le leggi, ma colui che educa i cittadini a comportarsi secondo le norme<br />

più adatte alla civile convivenza: egli è come il buon medico, che discute col paziente intorno al metodo<br />

migliore per tenersi in ottima salute e non si limita a prescrivere le medicine. 216 E come il medico ha la<br />

funzione di curare il mantenimento <strong>della</strong> buona salute, più che quella di intervenire quando sono insorte le<br />

malattie, così il buon legislatore non ha tanto la funzione di punire i delitti, una volta che sono stati compiuti,<br />

quanto piuttosto quella di vigilare affinché le condizioni dei rapporti tra i cittadini siano le migliori possibili,<br />

in modo che non siano prodotte offese reciproche. 217 Come la sanità è l’obiettivo del buon medico, così la<br />

pacifica convivenza è lo scopo del buon legislatore.<br />

Nella Repubblica ogni opera legislativa è resa superflua dall’educazione dei governanti e dei custodi, in<br />

modo che lo stato perfetto si regge sulla sapienza dei filosofi che mo<strong>della</strong>no la loro attività di governo<br />

sull’idea di giustizia e attuano sempre, nelle concrete situazioni storiche, l’ordine armonico <strong>della</strong> vita umana.<br />

Nelle Leggi, invece, i governanti hanno come fondamentale punto di riferimento, per la loro opera, le norme<br />

scritte: ad essi, pertanto, non è necessaria la formazione prospettata nella Repubblica. Ora è la legislazione che<br />

viene sottoposta al principio educativo, in modo da essere, essa stessa, strumento di paideia, allo stesso modo<br />

che nella Repubblica lo erano i filosofi/reggitori.<br />

La funzione educativa delle leggi è affidata specialmente ai proemi, che hanno un carattere persuasivo (a<br />

differenza delle leggi vere e proprie, che hanno un carattere imperativo). I cittadini, così, sono riportati ai<br />

princìpi del retto agire. Platone segue, del resto, la tradizione greca, secondo la quale la legislazione<br />

promuove lo sviluppo delle virtù civiche. Egli ora si propone di investire di tutta la carica educativa il <strong>cor</strong>po<br />

delle leggi, che, con la sua duplice funzione, persuasiva e prescrittiva, assicura la paideia come ethos <strong>della</strong><br />

società civile.<br />

214 Leggi, 653 c.<br />

215 Leggi, 653 b: aυτη σθ η συµφωνια συµπασα µεν<br />

αρετη (aute ‘sth’e symfonia sympasa men areté).<br />

216 Si limita a prescrivere le medicine un medico di schiavi, cioè di individui che, non partecipando a una comunità di uomini<br />

liberi, non contemplano una vera e propria forma di educazione. E i legislatori attuali, osserva Platone, non essendo veri educatori e<br />

limitandosi a imporre leggi delle quali i cittadini non assumono consapevolezza, somigliano a tali medici, che, in modo autoritario e<br />

sbrigativo, prescrivono le medicine (Leggi, 720 a; 757 d-e).<br />

217 “Il proposito di Platone, nei suoi Nomoi, è di trarre le conclusioni dal parallelismo posto già nel Gorgia fra cura del <strong>cor</strong>po e cura<br />

dell’anima, azione medica e azione politica, e di condurre alla vittoria l’idea <strong>della</strong> paideia nel campo <strong>della</strong> legislazione” (W. Jaeger,<br />

Paideia, III, cit., p. 375).

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