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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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alla conoscenza del divino, nel De natura deorum, esprime la sua convinzione nei limiti umani e mette in<br />

rilievo le difficoltà che s’incontrano allorché s’intenda conseguire una chiara nozione in materia religiosa e<br />

teologica.<br />

Cicerone fondatore di “humanitas”. Cicerone si attribuisce giustamente il merito di avere tradotto in elemento<br />

<strong>della</strong> romanità il concetto greco di “educazione e cultura dell’uomo”, di quella concezione <strong>della</strong> cultura che è<br />

basata sul famoso imperativo che impone la ricerca intorno alla realtà umana (“Conosci te stesso”). Questa<br />

cultura assume in primo luogo il carattere di consapevolezza dei limiti <strong>della</strong> conoscenza umana. Perciò<br />

Cicerone propende per il probabilismo <strong>della</strong> Nuova Accademia (quello di Filone di Larissa e di Antioco di<br />

Ascalona). 502 Non si può parlare di certezza o di verità assoluta; si può solo conseguire una conoscenza<br />

basata specialmente sulla testimonianza dei sensi, per cui l’esperienza rappresenta l’ambito stesso <strong>della</strong><br />

conoscenza e assume il carattere di criterio <strong>della</strong> verità in relazione alla sua costituzione universale. Così la<br />

ricerca dell’universalità è ricerca dell’umanità stessa e di quell’esperienza che è riconosciuta da tutti i<br />

soggetti. Cicerone ammette qualcosa come una dimensione trascendentale dello spirito umano, la presenza<br />

in tutti gli individui di un patrimonio di “semina innata” (disposizioni naturali) 503 delle virtù e di una<br />

fondamentale capacità di produrre alcune conoscenze fondamentali, “sine doctrina notitias parvas rerum<br />

maximarum”. 504 Qui in qualche modo si riprende il motivo protagoreo del consenso umano come criterio di<br />

verità. Ciò che all’uomo è possibile costruire è un “dis<strong>cor</strong>so migliore”, idoneo a consentire una più ampia<br />

vita civile. Che sia insuperabile il relativismo è <strong>prova</strong>to, secondo Cicerone, dalla diversità delle tesi proposte<br />

come soluzioni dei problemi e dal dissenso che regna tra i filosofi. 505 Cicerone assume come criterio di<br />

saggezza lo stesso principio <strong>della</strong> verosimiglianza e <strong>della</strong> probabilità, ritenendo segno di insipienza la<br />

pretesa di conoscere il vero e di conseguire nozioni definitive e complete. 506<br />

Egli rifiuta ogni dogmatismo e, pertanto, avverte che non è possibile abbracciare in modo definitivo una<br />

particolare dottrina e bisogna rimanere disponibili a mutare la propria opinione, se nuovi elementi<br />

intervengono a delineare meglio il campo <strong>della</strong> nostra conoscenza. D’altra parte, nessuno potrà mai dire che<br />

una data dottrina è errata, almeno che ciò non sia attestato da un consenso generale. 507 L’eclettismo di<br />

Cicerone, più che una raccolta di opinioni attinte a scuole diverse, è un modo di seguire la libertà di<br />

pensiero, in modo da non essere obbligato a una linea particolare espressa da una scuola. 508<br />

Il criterio del probabile non impedisce a Cicerone di affrontare i massimi problemi, che egli ritiene propri<br />

<strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>. Il principale problema, al quale tutti gli altri si connettono e rinviano, riguarda la definizione<br />

del sommo bene, cioè di ciò gli uomini devono perseguire come costitutivo <strong>della</strong> propria natura, dunque il<br />

fine, il “telos” fondamentale, che coincide con l’attuazione dell’umanità stessa. Il “sommo bene” è il fine<br />

ultimo per l’uomo. Si può dire conoscenza quella che riguarda questo termine fondamentale. Se si ha tale<br />

502 La formazione filosofica di Cicerone passa attraverso il pensiero di Panezio e di Posidonio, l’influenza di Filone e<br />

le lezioni di Antioco, nonché la lettura di Platone, Senofonte e dell’Aristotele essoterico; essa appare costituita<br />

dall’incontro di motivi neoaccademici e stoici. In questa sintesi un dato certo è la ferma avversione verso l’epicureismo.<br />

Intorno al metodo del confronto tra tesi diverse, Cicerone stesso osserva: “A me è sempre piaciuta la consuetudine dei<br />

Peripatetici e degli Accademici di discutere in ogni problema il pro e il contro: non soltanto perché questo sistema è<br />

l’unico adatto per scoprire in questione l’elemento di verosimiglianza, ma anche per l’ottimo esercizio che ciò<br />

costituisce per la parola” (Tusc. disput., II, 3, 9).<br />

503 Tusc. disp., III, 1, 2.<br />

504 De finibus, V, 21, 59.<br />

505 Cfr. De natura deorum, I, 5, 12 : “Non siamo di quelli che negano in assoluto l’esistenza <strong>della</strong> verità; ci limitiamo<br />

a sostenere che ad ogni verità è unito qualcosa che vero non è, ma tanto simile ad essa che quest’ultima non può offrirci<br />

alcun segno distintivo che ci permetta di formulare un giudizio e di dare il nostro assenso. Ne deriva che ci sono delle<br />

conoscenze probabili le quali, benché non possano essere compiutamente accertate, appaiono così nobili ed elevate da<br />

poter fungere da guida per il saggio”.<br />

506 Cfr. De officiis, II, 2, 7-8: “Come gli altri affermano la certezza di alcune e l’incertezza di altre cose, noi invece,<br />

dissentendo da loro, sosteniamo la probabilità e l’improbabilità di altre. Che cosa, dunque, i può impedire di seguire ciò<br />

che mi sembra probabile e di disap<strong>prova</strong>re ciò che mi sembra improbabile, e di fuggire così, evitando la presunzione di<br />

recise affermazioni, la temerarietà, che è lontanissima dalla vera sapienza?”.<br />

507 Cfr. Tusc. disp., IV, 4, 7: “Esiste libertà di pensiero, e ognuno può sostenere ciò che gli pare; per me io mi atterrò<br />

al mio principio, e cercherò sempre in ogni questione la probabilità massima, senza essere legato alle leggi di nessuna<br />

scuola particolare che debba per forza seguire nella mia speculazione”.<br />

508 Come avverte il Reale: “Il probabilismo di Cicerone è in tal modo strutturalmente congiunto col suo eclettismo:<br />

l’uno sta a fondamento dell’altro e viceversa ed ambedue hanno radice, più che teoretica, culturale e storica. Il che ben<br />

spiega, tra l’altro, come, a seconda dei problemi che Cicerone tratta, il probabile si assottigli fino a diventare dubbio,<br />

oppure, per contro, si consolidi fino a diventare quasi certezza” (Giovanni Reale, <strong>Storia</strong> <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> antica, Vita e<br />

Pensiero, Milano 1980, III, p. 548).

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