22.05.2013 Views

Storia popolare della filosofia - prova-cor

Storia popolare della filosofia - prova-cor

Storia popolare della filosofia - prova-cor

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

contiene una critica (e costituisce un superamento) del concetto pitagorico dello spazio come insieme di<br />

“punti” separati da “vuoti”. Analogamente lo spazio pitagorico non è “isotropo” e risulta da un intrecciarsi<br />

di direzioni stabilite sulla base di coppie di opposti (alto/basso, destra/sinistra, avanti/indietro). Lo spazio<br />

parmenideo, invece, non implica misura definita (rimane, perciò, base e condizione di ogni misura),<br />

grandezza (dunque non pone limite al grande o al piccolo), luogo (dunque supera ogni limitazione spaziale<br />

ed è condizione di ogni spazio definito), parti (non può diventare maggiore o minore): è, perciò, il<br />

fondamento di tutte le determinazioni e di tutte le relazioni, il substrato che non ha forma ma che è matrice<br />

di tutte le forme. 21<br />

Da questo punto di vista, l’”essere” di Parmenide rappresenta il momento estremo di un processo di<br />

astrazione e di idealizzazione che (anche attraverso la via <strong>della</strong> geometria) investiva ormai l’intera realtà. Il<br />

concetto di “essere”, <strong>cor</strong>rispondente al “reale” come “assoluto” idealizzato, “intelligibile” puro, costituiva lo<br />

strumento idoneo a consentire l’intelligenza di ogni aspetto del reale, al di là dei limiti dell’esperienza<br />

sensibile. E l’”essere” come “spazio puro” rappresenta la condizione generale <strong>della</strong> pensabilità matematica,<br />

per cui il reale si configura come una particolare determinazione del “possibile” logico, che rientra nel<br />

dominio del puro pensiero.<br />

In realtà, sembra che a questo punto, una volta scoperto il principio metodico di pensabilità del reale nella<br />

sua assolutezza, indipendentemente, cioè, dalle sue forme particolari, si sia dischiuso qualcosa come la<br />

metafisica come conoscenza assoluta. In questo senso, è tanto più significativa l’affermazione di parmenide,<br />

che presenta la sua dottrina dell’essere come rivelata dalla stessa divinità. Tra conoscenza divina e<br />

conoscenza umana si stabilisce una fondamentale uguaglianza. L’“essere” di Parmenide costituisce<br />

quell’unità di misura universale che consente di comprendere razionalmente ogni aspetto <strong>della</strong> realtà, sia<br />

pure in modo approssimativo (poiché oggetto di conoscenza assoluta è solo l’essere). Il pieno sviluppo di<br />

questo complesso concettuale si ha, appunto, con Platone, il quale, con lo sviluppo <strong>della</strong> metafisica dell’essere<br />

dell’ente e con la critica dell’essere/uno parmenideo, mostra la via attraverso la quale la pensabilità e<br />

l’intelligibilità riguardano le determinazioni dell’essere, assunte come forme ideali.<br />

“Dialéghein”, “dialéghesthai”, “dialogos”<br />

I Greci ebbero particolare attitudine alla discussione: la libera espressione delle opinioni e il confronto tra le varie<br />

tesi erano ampiamente adottate nell’età dell’aristocrazia, allorché il governo era esercitato dall’assemblea dei grandi<br />

proprietari terrieri, che rivestivano dignità di “primi inter pares”. Conosciamo da Omero le continue diatribe che<br />

sfociavano spesso in alterchi, per i quali si rendevano necessari gli interventi dei più saggi. Nel successivo periodo <strong>della</strong><br />

democrazia, il confronto delle idee si avvaleva di particolari strumenti retorici appresi a specifiche scuole. Comunque il<br />

dialogo divenne la forma di ricerca in comune e venne elevato a forma classica del dis<strong>cor</strong>so filosofico da Platone. La<br />

civiltà greca e antica è generalmente una civiltà del dialogo e il dialogo è il genere letterario più comune e diffuso.<br />

Il verbo “dialéghein”, “dialéghesthai”, frequente in autori del V secolo, ma già presente in Omero, indica<br />

l’attitudine a con<strong>cor</strong>dare una linea di condotta comune attraverso il confronto delle varie opinioni. Esso si<br />

riferisce al perseguimento di uno scopo attraverso (“dia”) il dis<strong>cor</strong>so (“lèghein”). Dunque, “dialéghein” vuol<br />

dire ”discutere convergendo su qualcosa”, parlare insieme per giungere a una conclusione comune. Ciò che<br />

è essenziale è il con<strong>cor</strong>so di più soggetti, che insieme “ragionano”: perciò il secondo elemento fondamentale<br />

diventavano sempre più piccole. La comune misura universale doveva ridursi gradualmente ad una quantità minima al<br />

di là di ogni misurazione, e tuttavia doveva rimanere un’unità: una specie d’infinitesimo attuale” (l. cit., p. 28).<br />

21 “Non c’è niente che visualizzi questo genere di substrato; lo dobbiamo costruire mentalmente, passando<br />

continuamente al limite. Checché si possa pensare tra cose o punti fissi, si suddivide continuamente all’infinito;<br />

qualsiasi sostanza vi poniamo nella nostra immaginazione, essa si suddivide in tanti punti, e così via all’infinito, sinché<br />

diviene evidente che ciò che noi dobbiamo afferrare è la tessitura stessa che è poi quella del continuo […]. In quel<br />

continuo di nuovissima concezione, tutta la matematica ha il suo terreno nativo e la sua dimora. Ad esso appartengono<br />

tutte le linee, superfici, figure, numeri, proporzioni e relazioni che lo spirito può generare. Il regno <strong>della</strong> verità è quello<br />

<strong>della</strong> matematica nella sua formulazione più ampia quale è stata avanzata nella nostra epoca: il dominio di tutte le<br />

possibilità del pensiero rigoroso. Esso è inalterabile e immobile, ma lo spirito si muove liberamente in esso, poiché esso<br />

è dello spirito. Esso contiene la vita <strong>della</strong> ragione [e in questo senso si può interpretare anche l’identità parmenidea di<br />

essere e pensiero: l’essere come “spazio” intelligibile è il “logos”, come fondamento di tutte le determinazioni, cioè di<br />

tutte le forme]. Esso ‘è’, come ‘è’ la ragione. Tale è il vero mondo al di là dell’esperienza sensoriale, la cui esistenza è<br />

stata rivelata a Parmenide da qualcosa che egli avvertì come ispirazione divina” (l. cit., p. 30).

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!