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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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Questa fondamentale visione vale anche per il mondo umano. Così, anche per quanto riguarda la<br />

concezione dell’ordine politico e la legge dell’umano accadere, riscontriamo significative anticipazioni <strong>della</strong><br />

successiva riflessione filosofica intorno alla sfera <strong>della</strong> morale e <strong>della</strong> politica. Vediamo sinteticamente i<br />

principali di questi concetti: 1) l’idea di un destino (Fato) ineluttabile: in Omero troviamo riflessioni<br />

sull’ineluttabilità del Fato, al quale tutte le vicende sono sottoposte, tanto che, ad esempio, il destino è<br />

ritenuto responsabile delle azioni e delle passioni umane (questo concetto è ri<strong>cor</strong>rente anche nei poeti tragici,<br />

specialmente in Eschilo); 2) ma accanto a questa idea troviamo quella opposta, secondo cui i mali derivano<br />

da colpe di cui è responsabile lo stesso volere umano: troviamo questo concetto specialmente in Esiodo (nelle<br />

Opere e giorni Prometeo è responsabile del furto del fuoco divino, episodio che è posto all’origine di tutti i<br />

mali); 3) l’idea di una legge universale di giustizia (Dike), che immancabilmente colpisce il colpevole (e dunque<br />

la stessa umanità, considerata colpevole); 4) dunque la visione pessimistica, per cui la vita è considerata di per<br />

sé un male; 5) l’idea dell’insondabilità dei decreti divini: Solone dice che la volontà degli dèi è nascosta agli<br />

uomini; in altri poeti sono ri<strong>cor</strong>renti gli accenni al fatto che gli dèi sanno tutto, mentre agli uomini ogni cosa<br />

è nascosta; “creature effimere, noi viviamo come bestie al pascolo, ignari di come la divinità condurrà a<br />

termine ciascuna cosa”, troviamo scritto in un frammento di Simonide di Amorgo.<br />

In rapporto a questi concetti fondamentali sulla vita, troviamo l’idea di una “giusta misura”, che<br />

rappresenta la condizione ideale per l’uomo. L’uomo, infatti, deve evitare di gareggiare con gli dèi (è<br />

tracotanza, ybris, ogni tentativo di superare i limiti imposti alla condizione umana), e, accontentandosi di ciò<br />

che gli è pertinente per natura, può riuscire a conseguire una certa felicità. Gli antichi poeti, specialmente<br />

Solone, invitano gli uomini ad avere coscienza <strong>della</strong> propria natura limitata (“Conosci te stesso”, secondo il<br />

celebre motto che i saggi, discepoli di Apollo, incisero nel tempio di Delfi, come sintesi <strong>della</strong> loro sapienza,<br />

ispirata dal dio) e a cercare nella loro stessa condizione i presupposti <strong>della</strong> felicità.<br />

La religione greca<br />

La religiosità dei Greci si espresse in diverse forme: oltre che in quella maggiormente nota <strong>della</strong> fede negli dèi<br />

dell’Olimpo omerico, abbiamo le molteplici esperienze religiose dei “misteri”, tra le quali spicca l’orfismo. Queste forme<br />

erano specialmente professate dalle popolazioni rurali, costrette a condizioni precarie d’esistenza, per cui appariva<br />

fondamentale la promessa e la via di un redenzione dalle sofferenze presenti in una vita felice di partecipazione alla<br />

realtà divina dopo la morte. In questo senso appariva fondamentale la liberazione dell’anima dal carcere <strong>cor</strong>poreo.<br />

La dottrina religiosa che specialmente ha influito sullo sviluppo di alcuni concetti filosofici è l’orfismo.<br />

Risale a questa dottrina l’idea che l’anima è immortale. Interpretando i sentimenti delle masse popolari,<br />

condannate a una di sofferenza, di fatica e di dolore, gli orfici hanno fondato le loro credenze religiose sulla<br />

destinazione immortale dell’anima e, dunque, sull’idea di un’altra vita, prefigurata come liberazione da ogni<br />

limite <strong>cor</strong>poreo e, perciò, da ogni sofferenza.<br />

Nella mitologia orfica la colpa originaria, per cui l’anima è condannata al carcere <strong>cor</strong>poreo, è quella dei<br />

Titani, che hanno sbranato e divorato Dioniso fanciullo (figlio di Zeus e di Semele). Secondo questo mito,<br />

Zeus avrebbe fulminato i Titani ribelli e dalle loro ceneri avrebbe creato l’uomo, il quale, così sarebbe<br />

composto da una parte titanica, peccaminosa, e da una parte dionisiaca, divina, appunto l’anima, che aspira<br />

a liberarsi dall’unione col <strong>cor</strong>po. La liberazione dal ciclo delle nascite (trasmigrazione) avviene, secondo la<br />

stessa dottrina orfica, attraverso l’iniziazione ai misteri e l’osservanza del rituale <strong>della</strong> vita orfica (descritta<br />

nelle iscrizioni delle laminette d’oro trovate nei sepolcri orfici di Thurii). Secondo l’orfismo, l’iniziato<br />

apprende già in questa vita l’itinerario che l’anima seguirà dopo la morte e le tappe e i riti che essa dovrà<br />

adempiere, per conseguire la completa purificazione, che la renderà libera dal ciclo delle trasmigrazioni<br />

<strong>cor</strong>poree e, dunque, meritevole <strong>della</strong> immortalità e <strong>della</strong> beatitudine eterna.<br />

Dioniso, il ditirambo, la tragedia<br />

Con l’evoluzione <strong>della</strong> società greca e la progressiva affermazione <strong>della</strong> democrazia, si hanno<br />

modificazioni nel complesso dei culti e riti religiosi. Quelle divinità che prima erano relegate a un ambito<br />

periferico, agrario, proprio delle classi subordinate, via via vennero accolte nell’”olimpo” delle divinità<br />

ufficiali (quelle omeriche <strong>della</strong> società aristocratica). Già il dio degli artigiani, Hephaisto, è da Omero stesso<br />

ammesso alla comunità degli dèi olimpici (anche se egli ha la sua sede nelle profondità <strong>della</strong> terra). Ai tempi<br />

di Pisistrato ad Atene venne introdotto il culto di Dioniso, già diffuso in Tracia: così esso assunse caratteri

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