Storia popolare della filosofia - prova-cor
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trasformazione delle cose, in modo da dare luogo a una conoscenza specifica, distinta da quella<br />
“sapienziale” (an<strong>cor</strong>a mitologica) e basata sull’osservazione e sul ragionamento. Una importante tappa in<br />
questa direzione appare la stessa riflessione di Parmenide, per cui la divinità si configura come dea <strong>della</strong><br />
verità e del “logos”, dunque come principio di una conoscenza che è conseguita attraverso il pensiero. E’<br />
significativo, del resto, come in Platone i motivi “dialettici”, propri <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> come indagine razionale,<br />
siano sempre connessi coi motivi sapienziali, evidenti specialmente nell’escatologia (che appare<br />
sostanzialmente mo<strong>della</strong>ta sulla dottrina orfica).<br />
Il Mondolfo ha tracciato la via per la quale le opposte tesi del Tannery e dello Joel sono conciliate in una<br />
più completa visione unitaria. In questo senso, religione, scienza, arte, tecnica, morale e politica<br />
costituiscono, nella Grecia del VI secolo a. C. e, si può dire, an<strong>cor</strong>a prima e anche dopo, un’unità inscindibile,<br />
un tutto organico e unitario. Accade così che in quegli antichi filosofi la ricerca, la speculazione e la scienza<br />
(e anche la tecnica) acquistano il carattere di una iniziazione religiosa e si fondono in un processo di<br />
elevazione spirituale, di catarsi dal mondo, di purificazione e di attingimento del divino. Come appunto<br />
spiega il Mondolfo: “Le scuole hanno un carattere di thiasoi, anche perché vi si compie un’iniziazione e vi si<br />
adempie, oltre che una purificazione spirituale, anche una specie di missione rinnovante l’orfica katabasis eis<br />
Aidou, come mostrerà poi Platone nell’allegoria <strong>della</strong> caverna. La conoscenza, che tende a risalire dalla<br />
molteplicità confusa dei cangiamenti particolari all’unità del principio universale – thò theion, secondo<br />
l’espressione di Anassimandro – come a fonte di ogni esistenza individuale, che in quella deve infine<br />
sfociare, è katharsis spirituale; il theorein – spiegherà poi Aristotele nell’Etica Nicomachea sulle orme dei<br />
Pitagorici – costituisce la più alta tra le vite (teoretica, etica, utilitaria) possibili all’uomo” . 54<br />
Il Mondolfo ritiene che i concetti di “legge”, “destino”, “ordinamento”, e così via, siano sorti prima nel<br />
campo <strong>della</strong> riflessione morale e dell’osservazione del mondo umano e politico e da qui siano stati estesi alla<br />
rappresentazione dell’universo e <strong>della</strong> natura. “Onde appare chiaro – egli scrive – sotto ogni rispetto che il<br />
cammino <strong>della</strong> riflessione greca non si è compiuto affatto dalle stelle alla vita; ma, proprio al contrario, dalla<br />
vita alle stelle, per estendere a tutta la realtà universale extraumana quei concetti sistematici di ordine<br />
necessario e di legge ineluttabile, che s’erano prima formati nell’ambito delle esperienze ed esigenze<br />
riguardanti la vita umana. Così avviene che il concetto di legge fatale (katà tò khreon), di espiazione (dike) del<br />
peccato, che si erga insolente a violare la legge (adikia), si trasferisca con Anassimandro dal dominio <strong>della</strong><br />
vita umana a quello delle vicende cosmiche, in cui al Milesio appare ybris quel distacco dall’eeterna<br />
indistruttibile unità primordiale divina, onde si costituiscono e si pongono a sé i singoli esseri cosmici. E<br />
forse nella analoga estensione universale di un concetto generale di necessità l’aveva preceduto già Talete,<br />
cui Diog. L., I, 35, attribuisce la sentenza: ‘nulla più forte <strong>della</strong> Necessità’ (iskyrotaton Ananke). Così poi con<br />
Eraclito si afferma che per tutto l’universo ciò che da omero alla gnomica era stato asserito per le vicende<br />
umane: tutto avviene secondo un fato, che si dice anche necessità. E così alle Erinni, ministre di Dike, cui già<br />
la riflessione etica affidava il compito di vigilare la condotta degli uomini, Eraclito assegna la funzione di<br />
sorvegliare il <strong>cor</strong>so del sole, per impedire a lui pure, con la minaccia del loro intervento, di prevaricare le<br />
misure stabilite” . 55 “Moira, Ananke, Dike e altre consimili rappresentazioni <strong>della</strong> legge di necessità e di<br />
giustizia sono soltanto elementi e condizioni di un più complesso concetto unitario, quello di ‘natura’<br />
(‘physis’), in cui la prima speculazione greca cerca non soltanto il centro di raccoglimento e di sintesi <strong>della</strong><br />
scarsa e caotica molteplicità fenomenica, ma an<strong>cor</strong> più il principio permanente, di fronte alla mutazione e<br />
instabilità di tutte le cose” . 56<br />
La <strong>filosofia</strong> nella Magna Grecia<br />
I Pitagorici<br />
Pitagora pose il numero come principio di tutte le cose, dando luogo a una prima concezione matematica (aritmetica<br />
e geometrica) <strong>della</strong> natura. Prima delle cose ci sono i principi dell’ordine cosmico; alla base di ogni processo fisico ci sono<br />
i rapporti (di carattere quantitativo) secondo cui le cose stanno in rapporto tra loro, secondo una legge di armonia e di<br />
equilibrio. I numeri si generano tutti dall’unità, secondo una fondamentale differenza tra pari e dispari. Dalla dottrina<br />
pitagorica deriva la numeroogia, per cui i numeri hanno significati simbolici riferiti sia all’ordine naturale sia alla<br />
costituzione dell’anima e alla sfera umana in generale (specialmente all’ambito dei comportamenti morali).<br />
54 Op. cit., p. 49.<br />
55 Op. cit., p. 57.<br />
56 Op. cit., p. 57.