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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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interamente. E probabilmente l’intera <strong>filosofia</strong> di Platone non è altro che lo sviluppo di un tale mito sul<br />

complesso intreccio di pensiero e prassi, di scienza e morale (di etica e sapere).<br />

Le scuole socratiche<br />

L’attività filosofica di Socrate diede luogo a un ampio dibattito che riguardò specialmente i principi dell’etica. In un<br />

periodo di crisi <strong>della</strong> città greca, con l’emergere di tendenze individualistiche, si sviluppò la riflessione intorno alle<br />

condizioni e alle possibilità per l’uomo di conseguire la felicità e di raggiungere il vero. Oltre alla grande riflessione di<br />

Platone, incentrata sulla rifondazione <strong>della</strong> città su basi filosofiche, abbiamo tre tendenze di sviluppo del socratismo: 1)<br />

il “naturalismo” individualistico e antiedonistico dei cinici; 2) il sensismo fenomenistico ed edonistico dei pirenaici; 3)<br />

l’eleatismo dei megarici.<br />

La scuola cinica fu fondata da Antistene di Atene, che frequentò Socrate nella maturità, dopo essere stato<br />

discepolo di Gorgia; ma la figura più famosa è quella di Diogene di Sinope, intorno al quale si tramandano<br />

alcuni celebri aneddoti: che vivesse in una botte; che avesse gettato il bicchiere allorché vide un bambino che<br />

beveva nel cavo <strong>della</strong> mano; che cercasse l’uomo con la lanterna.<br />

Intorno al problema <strong>della</strong> conoscenza, i cinici professano un sensismo radicale: l’unica fonte di conoscenza è<br />

la percezione; dunque sono valide solo le immagini sensibili, relative alla presenza di oggetti particolari; i<br />

concetti (o idee) sono semplici nomi o termini astratti (famosa l’obbiezione di Antistene a Platone: “vedo il<br />

cavallo, ma non la cavallinità”), per cui di ogni cosa si può dire solo il suo nome proprio, cioè “un solo nome<br />

di ogni singola cosa”. 112 Ne derivava come conseguenza l’impossibilità <strong>della</strong> predicazione: infatti questa implica<br />

l’unione di un nome con un altro che funga da attributo rispetto al primo; così, parlando dell’uomo, vi si<br />

attribuiscono caratteri diversi e diciamo che l’uomo è buono, saggio e così via: “pur supponendo che una<br />

cosa sia una, viceversa la diciamo molteplice e con molti nomi” (invece, a rigore, si dovrebbe solo dire, ad<br />

esempio, che l’uomo è uomo, che il buono è buono, e così via). Insomma i cinici non ammettevano che i<br />

molti potessero essere uno e l’uno potesse in sé accogliere la molteplicità. Ne derivava anche che è<br />

impossibile contraddire e dire il falso: infatti ogni parola esprime il vero e chi dice qualcosa dice l’essere (non<br />

è possibile, cioè, che dica anche il contrario di ciò che dice).<br />

Poiché la definizione implica l’uso di diversi nomi secondo il rapporto soggetto/predicato e si consegue<br />

attraverso un lungo ragionamento, non è possibile definire l’essenza di una cosa, ma si può semplicemente<br />

instaurare un paragone tra cose diverse, mettendo in rilievo l’analogia (ad es. non si può dire “il latte è<br />

bianco”, perché così si stabilirebbe una identità tra i due termini; invece è legittimo dire “il latte e il bianco”,<br />

esprimendo una analogia tra i termini stessi). I composti sno definibili attraverso l’enumerazione degli<br />

elementi semplici, mentre questi sono indefinibili (dovendosi enunciare qualcos’altro di ciascuno di essi). 113<br />

Per quanto riguarda la concezione etica <strong>della</strong> vita, secondo Antistene il fine dell’uomo è vivere secondo<br />

virtù: il modello è Ercole, le cui celebri “fatiche” hanno il significato di testimoniare la forza <strong>della</strong> volontà nel<br />

dominio dei desideri e dei piaceri. Bene per l’uomo è la libertà dai falsi obiettivi di felicità. 114 L’ideale del<br />

saggio è l’autarchia, il bastare a se stesso, il non essere schiavo dei bisogni. 115<br />

I cinici, perciò, contestavano le convenzioni sociali e sostenevano la necessità di un ritorno alla natura. 116 Ne<br />

derivava il rifiuto delle leggi positive, dei vincoli sociali, <strong>della</strong> famiglia, delle istituzioni politiche e dello<br />

stato. Inoltre i cinici ammettevano la comunione delle donne e dei figli, l’abolizione <strong>della</strong> schiavitù e di tutte<br />

le barriere tra gli individui, le classi e i popoli. 117 E, secondo il principio <strong>della</strong> fratellanza umana, i cinici non<br />

disdegnavano, anzi cercavano e prediligevano, la compagnia dei reietti e degli emarginati.<br />

112 Aristotele, Metafisica, V, 29, 1024.<br />

113 Questa tesi di Antistene è riportata da Platone nel Teeteto: “Io credo di aver sentito da qualcuno che dei primi<br />

elementi non si può dar ragione. Può essere nominato ognuno per sé, ma nient’altro si può aggiungere, né com’è né<br />

come non è; perché si dovrebbe attribuirgli essenza e non essenza; e nulla invece deve aggiungere uno che voglia dire<br />

soltanto una data cosa per se stessa” (201-202).<br />

114 A Diogene si fa dire: “A somiglianza di Ercole, protettore <strong>della</strong> mia scuola, ho domato atleti fortissimi e bestie<br />

ferocissime: la povertà, l’ignominia, l’ira, il timore, il desiderio e la più ingannevole e crudele di tutte, il piacere”<br />

(Dione Crisostomo, Orazioni, IX, I, 105).<br />

115 “Il sapiente basta a se stesso “ (Diogene Laerzio, VI, 11).<br />

116 “Giove punì Prometeo non già, come dice la leggenda, per odio che egli avesse verso gli uomini o per invidia di<br />

qualche loro bene, ma perché, scoprendo per loro e dando loro il fuoco, quegli diede loro insieme il principio e la<br />

cagione <strong>della</strong> mollezza, del fasto e <strong>della</strong> <strong>cor</strong>ruzione” (Dione Crisostomo, Orazioni, VI, I, 88).<br />

117 “Richiesto Diogene onde fosse, “cittadino del mondo” rispose” (Diogene Laerzio, VI, 63). “Il solo vero stato è il<br />

mondo intero” (Ib., 72).

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