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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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cose sono viste anche in funzione dei rapporti che gli uomini intrattengono con esse. Esse sono associate alla<br />

rappresentazione dell’utilità o del danno, del piacere o del dolore. La conoscenza riguarda specialmente<br />

questi aspetti delle cose. Infatti essa ha lo scopo di mettere gli uomini in condizione di distinguere ciò che è<br />

vantaggioso o dannoso, ciò che va ricercato e ciò che va fuggito ed evitato.<br />

Il senso <strong>della</strong> vista assume un incontrastato primato, tanto che, come ha osservato S. Agostino, noi usiamo<br />

il verbo “vedere” per indicare anche l’attività degli altri sensi. Diciamo, ad esempio, “vedi come è salato”,<br />

“vedi come canta bene”, e così via, comprendendo nel fenomeno <strong>della</strong> visione ogni altra sensazione. 2<br />

Questa particolare struttura in cui la vista occupa la funzione centrale costituisce anche un fattore di<br />

distinzione e di separazione del soggetto umano rispetto al mondo. La realtà, più che sotto la forma <strong>della</strong><br />

partecipazione, si offre sotto l’aspetto dell’alterità da esplorare sempre più profondamente e<br />

dettagliatamente. 3 Nel momento stesso in cui il mondo si offre alla visione nei suoi molteplici dettagli, che<br />

sono puntualmente colti e fissati in figure precise, esso si allontana e assume sempre di più una consistenza<br />

autonoma e inafferrabile. 4 L’uomo si identifica sempre di più con lo spirito apollineo, con la facoltà <strong>della</strong><br />

visione chiara e distinta, che è, nel suo sviluppo, la stessa facoltà <strong>della</strong> ragione. Le idee non sono altro, come<br />

diceva Platone, che gli oggetti <strong>della</strong> visione intellettuale.<br />

Le basi antropologiche <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong><br />

La <strong>filosofia</strong> ha i suoi presupposti nella stessa costituzione organica dell’uomo, il quale, a differenza degli altri esseri<br />

viventi, che dispongono di sistemi innati di istinti, intesi a rispondere a tutte le esigenze connesse alla sopravvivenza<br />

nell’ambiente, è un ente che di volta in volta progetta se stesso e il mondo di cui fa parte, sulla base di una<br />

rappresentazione delle situazioni possibili in cui può venire a trovarsi. L’uomo è l’unico ente la cui condizione è<br />

l’esistenza, cioè un modo d’essere alla cui configurazione egli stesso con<strong>cor</strong>re col suo pensiero e con la sua azione.<br />

La <strong>filosofia</strong> ha, dunque, le sue basi nella stessa costituzione dell’essere umano, che, come comunemente si<br />

dice, è l’ente dotato di ragione. E’ nella stessa struttura dell’intelligenza che vanno cercati i fattori<br />

fondamentali <strong>della</strong> nascita e dello sviluppo del pensiero filosofico.<br />

La mente è essenzialmente progettante: essa è capace di elaborare ipotesi scientifiche che hanno un<br />

significato per il modello di vita umana da attuare.<br />

L’uomo è l’unico essere vivente che si trova a dover prendere posizione circa se stesso, a dovere, cioè,<br />

crearsi una immagine di sé e dare una interpretazione <strong>della</strong> sua stessa natura.<br />

Questo bisogno, per cui l’uomo deve prendere posizione intorno a se stesso, rimanda al suo essere in<br />

certo modo “incompiuto”: sulla base di una “autointuizione”, egli deve sempre “fare di sé qualcosa”.<br />

Giustamente Nietzsche ha chiamato l’uomo “l’animale non an<strong>cor</strong>a definito”. L’uomo è, per alcuni versi,<br />

“incompiuto”, non “costituito una volta per tutte”.<br />

2 Cfr. S. Agostino, Confessiones, X, 35: Utimur autem hoc verbo etiam in ceteris sensibus, cum eos ad<br />

cognoscendum intendimus.[…] Dicimus autem non solum, vide quid luceat, quod soli oculi sentire possunt; sed etiam,<br />

vide quid sonet; vide quid oleat; vide quid sapiat, vide quam durum sit (Noi usiamo questo verbo “vedere” anche per<br />

gli altri sensi, quando li riferiamo alla conoscenza). […] Diciamo quindi non solo “vedi come risplende”, il che solo gli<br />

occhi possono percepire; ma diciamo anche “vedi come risuona”, “vedi come profuma”, “vedi come ha sapore”, “vedi<br />

come è duro”).<br />

3 A proposito <strong>della</strong> centralità del “vedere” nella generale condizione dell’uomo, l’Alquié ha osservato: “L’uomo è<br />

l’essere che vede, e, per designare la conoscenza suprema, egli non ha trovato altra parola che quella d’intuizione, che<br />

significa an<strong>cor</strong>a visione. Ora, non si vede che separandosi. Dovrebbe quindi bastare all’uomo di riflettere sulle<br />

condizioni del suo sguardo per comprendere che il suo destino non è di sintesi, ma d’analisi, che la sua condizione non è<br />

quella <strong>della</strong> fusione e del possesso, ma quella dell’attesa e <strong>della</strong> speranza. E se l’essenza dell’amore umano è, come<br />

pensa Platone, l’emozione davanti alla bellezza, il segreto dell’infelicità amorosa non è da cercare in primo luogo nei<br />

conflitti delle libertà, ma nell’impossibilità in cui si trova l’uomo di diventare ciò che vedono i suoi sensi” (La nostalgie<br />

de l’être, p. 128).<br />

4 Come ha osservato an<strong>cor</strong>a il Morot Sir, lo sviluppo del senso <strong>della</strong> vista ha insinuato nel soggetto il “sentimento<br />

dell’apparenza, <strong>della</strong> irrealtà del mondo che essa contempla” (Philosophie et mystique, p. 184). Lo sviluppo del senso<br />

<strong>della</strong> vista si accompagna, perciò, con l’insinuarsi di un senso di perdita: il reale tende a presentarsi come un semplice<br />

oggetto <strong>della</strong> visione. Da qui una specie di nostalgia verso la condizione originaria, in cui il predominio degli altri sensi,<br />

specialmente del tatto, dava all’uomo la sensazione di essere immerso nella vita stessa delle cose. “Edipo non si è tolto<br />

gli occhi per non più vedere la realtà, ma per sfuggire a un mondo d’illusioni, per entrare in un nuovo destino che deve<br />

condurlo verso il possesso <strong>della</strong> saggezza e verso la esistenza autentica” (Ib.).

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