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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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del disordinato scatenarsi degli istinti caotici. 205 Platone, così, può mettere in rilievo il vantaggio di un<br />

simposio “bene educato” per i singoli e per la polis. 206<br />

Un’indagine intorno all’astinenza dalle bevande alcoliche, che si estende attraverso i primi due libri,<br />

fornisce a Platone l’occasione per affrontare il problema <strong>della</strong> paideia nel suo complesso, con particolare<br />

riguardo all’educazione <strong>della</strong> dinamica degli istinti. In particolare, il filosofo mette in rilievo il valore<br />

educativo del simposio. Egli osserva che certamente l’abitudine a stare insieme educa a perseguire scopi<br />

comuni e a mettere in atto le pratiche più opportune per conseguirli. Ad esempio, la vittoria in guerra si<br />

consegue meglio se i cittadini sono stati educati ad agire insieme. Ma bisogna notare che il semplice<br />

conseguimento di una vittoria non costituisce di per sé un fattore di cultura (paideia), poiché spesso dalla<br />

vittoria si produce incultura (apaideysìa). 207 Una vittoria che alimenta hybris è una vittoria effimera. Platone<br />

ribadisce, quindi, che il simposio è un mezzo di educazione e lo collega alla formazione musicale e poetica. 208<br />

Platone concentra la sua attenzione sulla dinamica <strong>della</strong> vita psichica ai suoi livelli più bassi, per vedere<br />

come già a tali livelli si possa radicare la paideia. 209 Un buon allevamento (trophé) costituisce il primo gradino<br />

<strong>della</strong> formazione: esso deve suscitare nell’animo del fanciullo, come in un giuoco, il desiderio delle cose che<br />

poi dovranno costituire il compito del cittadino. 210 Perciò Platone può affermare che “il punto essenziale<br />

dell’educazione consiste in un <strong>cor</strong>retto allevamento che, tramite il giuoco, diriga il più possibile l’anima del<br />

fanciullo d amare quello che, divenuto uomo, dovrà renderlo perfetto nella virtù propria <strong>della</strong> sua<br />

professione”. 211<br />

La vera educazione, dunque, è il più alto valore (proton ton kalliston), che oc<strong>cor</strong>re restaurare, allorché si è in<br />

presenza di una crisi e in un periodo di decadenza <strong>della</strong> cultura e <strong>della</strong> vita politica. 212 Platone vede il limite<br />

<strong>della</strong> paideia allora dominante nell’unilateralità <strong>della</strong> virtù, nella perdita di vista dell’areté intera, nel tendere,<br />

cioè, allo sviluppo di capacità particolari, senza la visione dell’uomo nella sua essenza razionale e nella sua<br />

fondamentale unità. Egli contrappone la vera paideia alla mera formazione professionale, chiamandola<br />

“educazione <strong>della</strong> perfezione umana” (o “educazione all’areté intera). Nella sua epoca egli ravvisa i segni di<br />

una grave decadenza dell’ideale umano, per cui individua il problema principale del suo tempo<br />

nell’esigenza di una ricostruzione <strong>della</strong> paideia, nel senso di un recupero <strong>della</strong> dimensione totale e unitaria<br />

dell’areté, contro la tendenza a ottenere una formazione speciale e professionale. 213<br />

Riprendendo più avanti il motivo <strong>della</strong> funzione educativa dei simposi, Platone mette in rilievo come,<br />

dato l’ideale <strong>della</strong> paideia come autodominio, oc<strong>cor</strong>ra promuovere il rafforzamento dei poteri inibitori che<br />

sono capaci di fungere da autoregolatori degli istinti. L’uso del vino, provocando l’ebbrezza, provoca lo<br />

sviluppo di questi poteri, allo stesso modo in cui, per esempio, il fatto di esporre l’individuo a pericoli e<br />

impressioni di spavento può determinare in lui forze e sentimenti capaci di educarlo all’impavidità. In<br />

qualche modo, l’ebbrezza riporta l’adulto alla condizione di fanciullo e, quindi, lo rende soggetto di<br />

educazione, disponendo il suo animo all’educazione dei moti istintivi.<br />

Nella prima fanciullezza, quando la vita è regolata dai sentimenti di piacere e di dolore, oc<strong>cor</strong>re<br />

intervenire per disciplinare questa sfera psichica, in modo che l’individuo si orienti verso quelle cose che<br />

costituiscono un bene per l’uomo e che, in un secondo momento, vengono riconosciute e scelte come tali<br />

mediante l’intervento <strong>della</strong> ragione. L’educazione, in sintesi, consiste nel “<strong>cor</strong>retto orientamento verso i<br />

205 Ib<br />

206 Ib., 640 b.<br />

207 Ib., 651 c.<br />

208 Ib, 641 c.<br />

209 Platone, come osserva Jaeger, intende “radicare la forma consapevole, razionale <strong>della</strong> paideia – si vorrebbe dire, il suo<br />

elemento propriamente filosofico – nello stato prerazionale, inconscio o semiconscio, <strong>della</strong> vita psichica” (Paideia, IV, cit., pp. 388-<br />

89).<br />

210 Già nella Repubblica troviamo il concetto che la perfetta areté è insita nella costituzione umana e, pertanto, si viene<br />

sviluppando attraverso lo sviluppo stesso del <strong>cor</strong>po, che deve avvenire in modo armonioso, come avviene quello di ogni essere<br />

vivente. Del resto, Platone poneva il principio dell’educazione dei fanciulli nel giuoco, che è un’attività ordinata secondo un impulso<br />

spontaneo, di carattere biologico.<br />

211 Leggi, 643 c-d.<br />

212 Platone accosta il problema <strong>della</strong> decadenza dello stato a quella dell’oscuramento <strong>della</strong> cultura e dell’occultamento delle virtù.<br />

Egli è consapevole che la paideia è un bene storico, soggetto al tempo, e che, pertanto, va continuamente curata e alimentata.<br />

213 Dice l’Atensiese: “Non lasciamo allora nel vago ciò che chiamiamo educazione. Ora infatti, criticando ed elogiando<br />

l’educazione di ciascuno, diciamo che quello, fra noi, è ben educato e quell’altro privo di educazione, e anche, talvolta, ci riferiamo a<br />

chi è ben addestrato nei commerci e nei traffici marittimi, e ad altri uomini esperti in altre attività. Ma il nostro ragionamento, a<br />

quanto pare, non è proprio di chi pensa che l’educazione consista in queste cose, ma di chi piuttosto crede che l’educazione formi sin<br />

da giovani alla virtù, suscitando l’amore e il desiderio di realizzarsi come cittadini, in modo da saper governare ed essere governati<br />

secondo giustizia” (Leggi, 643 d-e).

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