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Storia popolare della filosofia - prova-cor

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“derivazione” e del “ritorno”, dell’allontanamento e del riavvicinamento. Questa natura dialettica dello<br />

spirito circoscrive l’intera sfera <strong>della</strong> realtà.<br />

CAPITOLO XIII<br />

Problemi e interpretazioni<br />

La <strong>filosofia</strong> greca secondo Heidegger in un <strong>cor</strong>so universitario del 1926<br />

L’interesse di Heidegger per il pensiero greco si articola in tre fasi: nella fase che pressappoco coincide con la<br />

fondazione dell’ontologia fondamentale a partire dalla questione dell’essere dell’uomo (<strong>cor</strong>rispondente a “Essere e<br />

tempo”), egli considera specialmente la metafisica di Aristotele e il concetto di “essere” sul quale essa si basa (l’essere<br />

come semplice presenza del reale, identificato con l’ente); nella seconda fase, egli ricerca specialmente le radici <strong>della</strong><br />

concezione metafisica occidentale, caratterizzata dalla inadeguata nozione dell’essere, e individua tali radici, in<br />

particolare, nel pensiero di Platone, incentrato sulla dottrina delle idee, nella cui articolazione e nella cui struttura di<br />

essenze immutabili si identificherebbe l’essere stesso; nella terza fase, che coincide con il perseguimento di nuove vie del<br />

pensiero, oltre gli schemi <strong>della</strong> metafisica, il cui estremo sviluppo coinciderebbe con l’età <strong>della</strong> tecnica, egli si rivolge ai<br />

primi filosofi, ad Anassimandro, Eraclito e Parmenide, con l’intento di rintracciare in essi spunti di pensiero<br />

alternativo, essenzialmente poetante e, dunque, tale da essere espressione più diretta <strong>della</strong> manifestazione dell’essere<br />

come verità (“non-nascondimento”, rivelazione). Per quanto riguarda Aristotele, l’attenzione di Heidegger va dal<br />

periodo immediatamente precedente l’opera maggiore (1927) al famoso saggio sul concetto di “natura” (1949); le<br />

riflessioni su Platone risalgono agli anni che seguono la stessa opera e trovano la loro esposizione sintetica nello scritto<br />

su “La dottrina platonica <strong>della</strong> verità” (1940); successive alla “svolta” sono le ri<strong>cor</strong>renti analisi del pensiero dei primi<br />

filosofi.<br />

Il confronto con Aristotele riguarda principalmente tre punti: la critica <strong>della</strong> concezione aristotelica <strong>della</strong><br />

verità come “adaequatio intellectus et rei”; la critica dell’assunzione tradizionale del giudizio a nucleo<br />

fondamentale del pensiero; la critica <strong>della</strong> nozione aristotelica dell’essere come semplice presenza dell’ente.<br />

Heidegger giunge alla definizione <strong>della</strong> verità come fondamentale svelamento dell’ente nell’orizzonte del<br />

fenomeno originario <strong>della</strong> comprensione che appartiene all’esistenza stessa nella sua costituzione ontologica.<br />

Il dis<strong>cor</strong>so predicativo e logico non sarebbe altro che uno sviluppo che ha le sue condizioni nel fenomeno<br />

ontologico dello scoprimento, per cui l’ente si dà al soggetto umano e questo, a sua volta, è caratterizzato da<br />

un atteggiamento “scoprente”. Heidegger perviene anche a una prima connessione tra “essere” e “tempo”,<br />

sulla base <strong>della</strong> nozione di “presenza”: infatti, se la concezione tradizionale dell’essere muove dalla<br />

constatazione dell’essere “presente”, ciò vuol dire che essa privilegia una particolare determinazione<br />

temporale, cioè, appunto, il “presente”.<br />

Questa concezione avrebbe avuto la sua espressione tipica nella dottrina platonica delle idee: le idee,<br />

infatti, altro non sarebbero che le ipostatizzazioni <strong>cor</strong>rispondenti all’essere degli enti nel senso<br />

dell’immutabile presenza (le idee sono, in qualche modo, fuori del tempo, sono essenze immutabili). L’uomo<br />

padroneggerebbe queste strutture immutabili <strong>della</strong> realtà mediante l’intelletto. In questo senso nella nozione<br />

platonica di “scienza” sarebbero implicite le premesse <strong>della</strong> successiva connessione di scienza e tecnica.<br />

L’interesse per i primi filosofi è collegato allo sforzo compiuto da Heidegger già a partire<br />

dall’“Introduzione alla metafisica” (1935) per superare la prospettiva del pensiero occidentale basata sulla<br />

metafisica come concezione dell’essere disponibile all’attività umana e perciò campo del reale manipolabile.<br />

Come è noto, il filosofo è partito dalla lettura di Holderlin per sviluppare la sua riflessione sui caratteri <strong>della</strong><br />

nostra epoca, segnata da una estrema “povertà” relativa alla comprensione del senso dell’essere, per risalire<br />

all’età felice in cui gli uomini vivevano l’esperienza di una sacra unione con tutte le cose <strong>della</strong> natura e con la<br />

stessa divinità.<br />

In conclusione, quali che possano essere le interpretazioni complessive del pensiero heideggeriano e, in<br />

particolare, <strong>della</strong> lettura heideggeriana dei filosofi greci, appare notevole l’orientamento del filosofo che<br />

maggiormente riflette sulla crisi del nostro tempo a individuare le coordinate di una svolta radicale, intesa a<br />

restituire all’uomo la percezione del senso <strong>della</strong> sua vita e quella del senso dell’essere in generale. Heidegger<br />

ha compiuto un grande sforzo interpretativo attraverso il quale è riuscito a restituire ai filosofi greci più

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