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fillossera che ha comportato gravi danni arrivando, in alcuni<br />

areali, alla distruzione quasi totale della coltivazione tradizionale<br />

della vite, che utilizzava la sola specie Vitis vinifera<br />

europea, è stato necessario il ricorso all’innesto delle varietà<br />

europee con un apparato radicale proveniente da altre Vitis<br />

di origine americana resistenti all’afide. Da allora sono stati<br />

selezionati numerosi portinnesti, principalmente per indurre la<br />

resistenza agli stress biotici e abiotici ed il controllo del vigore<br />

e della maturazione, ed all’interno delle principali tipologie<br />

commercializzate, su cui si effettua il controllo sanitario, sono<br />

presenti anche dei cloni.<br />

Di seguito si riportano le caratteristiche principali dei portinnesti<br />

ritenuti più idonei per gli ambienti ed i vitigni della <strong>Sardegna</strong>.<br />

La vite franca di piede<br />

La coltivazione della vite condotta senza ricorso al portinnesto<br />

è ancora presente nell’Isola nei terreni sabbiosi del Sulcis e<br />

della Gallura litoranea, dove rispettivamente occupano circa<br />

400 e 220 ettari. Al di fuori di questi ambienti specifici la fillossera<br />

rappresenta ancora un pericolo e non si consiglia l’utilizzo<br />

della vite europea autoradicata. In generale, una vite franca<br />

di piede consente sia vantaggi di natura agronomica, quali la<br />

mancanza di fenomeni di incompatibilità, l’adattamento al calcare<br />

ed ai terreni sabbiosi e la tolleranza alle acque salmastre,<br />

sia vantaggi di natura economica, riconducibili alla facilità di<br />

propagazione e ai ridotti costi di impianto. I limiti del ricorso a<br />

questo tipo di apparato radicale sono individuabili in una scarsa<br />

reperibilità sul mercato di materiale clonale selezionato, valido<br />

dal punto di vista sanitario, nella suscettibilità ai nematodi<br />

e nelle insufficienti conoscenze per un corretta gestione agronomica<br />

del vigneto franco. Non sempre la viticoltura franca di<br />

piede è risultata la più idonea dal punto di vista agronomico e<br />

nel corso del progetto SQFVS sono stati studiati sul Vermentino,<br />

sul Cannonau, sul Carignano e su Bovale sardo, gli effetti<br />

dell’assenza del portinnesto sulla fisiologia e sull’attività vegetativa<br />

produttiva della vite e sono stati valutati i vini ottenuti<br />

da piante franche od innestate coltivate su sabbia. Per quanto<br />

riguarda gli aspetti agronomici, l’utilizzo del portinnesto anche<br />

in appezzamenti sabbiosi dove tradizionalmente la viticoltura<br />

è stata sempre condotta franca di piede, non ha modificato le<br />

componenti della produzione come il numero dei grappoli per<br />

ceppo o i pesi medi di grappoli ed acini. Da un punto di vista<br />

fisiologico nella sperimentazione condotta sul Bovale sardo in<br />

agro di Badesi, le piante franche hanno mostrato dei fenomeni<br />

di adattamento alla carenza idrica basati sulla riduzione della<br />

traspirazione delle foglie sia quanto il vigneto era condotto in<br />

asciutto che in irriguo. Nonostante queste differenze legate<br />

alla sensibilità allo stress idrico, i mosti provenienti dalle viti<br />

franche e quelli dalle viti innestate non sono apparsi differenti.<br />

Relativamente ai vini, anche sul Vermentino, l’analisi sensoriale<br />

non ha evidenziato marcate differenze tra il “franco” e<br />

l’innestato, coltivati entrambi su sabbia nel nord <strong>Sardegna</strong>.<br />

Viceversa, i vini provenienti dal “franco” della varietà a bacca<br />

rossa Carignano, in una sperimentazione effettuata nel Sulcis,<br />

sono risultati più eleganti ma meno intensi rispetto ai vini provenienti<br />

da viti “innestate”.<br />

Da un punto di vista operativo quindi, negli areali estremamente<br />

sabbiosi dove è possibile utilizzare l’irrigazione, l’utilizzo<br />

del portinnesto non inficia il risultato agronomico anzi,<br />

una corretta scelta del piede della pianta potrebbe addirittura<br />

migliorare le performance produttive e qualitative rispetto alla<br />

stessa vite franca di piede, fermo restando che, in assenza di<br />

irrigazione, il piede europeo appare ancora la soluzione agronomica<br />

migliore.<br />

Vitis rupestris du Lot<br />

La Vitis rupestris è stata uno dei primi portinnesti usati già<br />

dalla fine dell’Ottocento. Il suo nome è dovuto al fatto che<br />

è originaria delle aree sassose, rocciose e aride, degli Stati<br />

Uniti. È resistente alla fillossera, si riproduce bene per talea e<br />

mostra una buona affinità di innesto. L’unica selezione di Vitis<br />

rupestris che ha avuto una notevole diffusione è la “du Lot”.<br />

La Vitis rupestris du Lot è il portinnesto più diffuso nei vecchi<br />

vigneti sardi dove si affermò per la sua vigoria e resistenza<br />

alla siccità in una viticoltura caratterizzata dalla assenza di irrigazione<br />

e di fertilizzazione, spesso situata in terreni difficili e<br />

marginali; progressivamente è stato abbandonato a favore di<br />

altri apparati radicali più rispondenti alle esigenze della viticoltura<br />

moderna. Nel corso di indagini effettuate nel Parteolla,<br />

su terreni a pH alcalino, sul Vermentino la Vitis rupestris du<br />

Lot, ha indotto produzioni inferiori di 1/3 rispetto ai portinnesti<br />

più produttivi, a causa del ridotto peso dei grappoli, dovuto<br />

alla elevata vigoria vegetativa che questo portinnesto conferisce<br />

alle varietà. Le uve non hanno mostrato un incremento<br />

nel contenuto in zuccheri, risultato simile a quello indotto dai<br />

portinnesti più generosi: non è automatico che la riduzione delle<br />

produzioni porti ad una qualità migliore. Anche sul vitigno<br />

Malvasia la Vitis rupestris ha evidenziato produzioni inferiori<br />

(-20% rispetto ai portinnesti migliori), non compensate da una<br />

migliore qualità delle uve. Sul Cannonau la Vitis rupestris du<br />

Lot ha indotto produzioni decisamente più basse, legate all’au-<br />

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