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Molto più importanti sono però le caratteristiche fisiologiche<br />

ed in particolare una bassa concentrazione di sostanze di resistenza<br />

ed un basso rapporto acidi/zuccheri.<br />

In questi casi è opportuno orientarsi verso combinazioni cloni/<br />

portainnesto poco vigorose ed evitare le condizioni ambientali<br />

predisponenti alla malattia.<br />

Allo scopo risultano fondamentali le pratiche agronomiche che<br />

limitano il grado di umidità all’interno della vegetazione e favoriscono<br />

l’illuminazione (sito e densità di impianto, forma di<br />

allevamento, potatura verde). È stato dimostrato che la cuticola<br />

è più spessa nei grappoli esposti al sole.<br />

È importantissimo evitare l’eccessivo apporto di concimi azotati,<br />

che oltre ad incrementare la massa vegetativa, e di conseguenza<br />

l’UR entro la chioma, rendono i grappoli più voluminosi<br />

e compatti con una cuticola sottile e facilmente fessurabile.<br />

Le epidemie di muffa grigia sono spesso legate alla presenza<br />

di lesioni causate da altri parassiti, in particolare tignole ed oidio.<br />

Con una buona gestione agronomica del vigneto l’uso del<br />

mezzo chimico potrà essere limitato alle condizioni ambientali<br />

e varietali più a rischio.<br />

Le strategie di difesa contro la muffa grigia sono sostanzialmente<br />

invariate dagli anni ‘80 e sono due: il metodo fenologico<br />

(4 trattamenti) e il metodo climatico (regola dei due quindici:<br />

15 °C di temperatura, 15 ore di bagnatura).<br />

Il primo non tiene in considerazione il manifestarsi delle condizioni<br />

climatiche necessarie per le infezioni, il secondo non<br />

considera che la suscettibilità dell’ospite è legata alla fenologia:<br />

dall’allegagione all’invaiatura, anche in condizioni di<br />

bagnatura e temperatura favorevoli, la bacca è resistente alle<br />

infezioni, salvo ferite.<br />

Successivamente, in presenza di ferite il tempo di bagnatura<br />

sufficiente per l’infezione si riduce notevolmente fino ad annullarsi<br />

alla vendemmia. In definitiva, la soluzione migliore è<br />

l’utilizzo di un metodo integrato fenologico - climatico.<br />

Nella maggior parte dei casi, anche nelle zone a rischio (con<br />

ristagni di umidità e/o cv suscettibili soprattutto in annate piovose)<br />

la strategia completa dei 4 trattamenti non viene mai<br />

applicata. Il trattamento a fine fioritura può essere giustificato<br />

solo in periodi piovosi sulle cv che trattengono i residui fiorali<br />

entro il grappolo (es. Chardonnay).<br />

Il trattamento che precede la chiusura del grappolo, invece,<br />

risulta fondamentale su tutte le cv ma soprattutto su quelle a<br />

grappolo serrato, per proteggere una zona che poi non sarà più<br />

accessibile ne per i prodotti di copertura ne per quelli penetranti,<br />

che hanno una ridotta mobilità sul grappolo.<br />

Questi ultimi, distribuiti correttamente, possono contribuire al<br />

contenimento delle infezioni già installate nella bacca, anche<br />

190<br />

se latenti. Il trattamento all’invaiatura può oscillare in base<br />

all’andamento climatico, mentre quello prima della vendemmia<br />

dipende dal periodo di carenza dell’antibotritico utilizzato<br />

da 21 a 28 giorni, tranne fenexamide 7 giorni. Però, in annate<br />

asciutte e soprattutto su cv precoci, in assenza di lesioni o attacchi<br />

in atto, il trattamento all’invaiatura può essere rimandato<br />

fino a farlo coincidere col trattamento in pre-vendemmia.<br />

È necessario sottolineare che, in condizioni di rischio, i trattamenti<br />

dopo l’invaiatura hanno uno scarso peso nel contenimento<br />

dell’epidemia in assenza del trattamento in pre-chiusura.<br />

Quindi, anche nelle zone a rischio è possibile difendere<br />

adeguatamente il vigneto con due soli trattamenti.<br />

Nelle zone a basso rischio (ventilate ed esposte al sole, varietà<br />

poco suscettibili sopratutto in annate poco piovose), se non si<br />

effettuano pratiche agronomiche tali da favorire l’eccessivo rigoglio<br />

vegetativo e si praticano invece quelle che garantiscono<br />

l’arieggiamento, i trattamenti chimici possono essere omessi<br />

oppure ridotti ad uno, da effettuarsi durante la maturazione<br />

solo se le condizioni climatiche sono critiche e se c’è presenza<br />

della malattia in vigneto.<br />

Non bisogna sottovalutare l’azione indiretta dei trattamenti<br />

antiperonosporici: prodotti a base di folpet nella fase di fioritura<br />

possono ostacolare l’insediamento di B. cinerea sui residui<br />

fiorali mentre quelli a base di rame contengono la vegetazione<br />

e provocano l’inspessimento della buccia.<br />

L’assenza di p.a. tradizionali utilizzabili contro B. cinerea pone<br />

problemi nella gestione delle strategie antiresistenza. Si consiglia<br />

di effettuare un solo intervento con p.a. a resistenza incrociata<br />

e di alternarli anche da un anno all'altro.<br />

I PRINCIPALI INSETTI DANNOSI<br />

TIGNOLETTA DELLA VITE<br />

La tignoletta della vite (Lobesia botrana) è il principale fitofago<br />

della coltura e, benché prediliga climi caldi, può risultare<br />

dannosa in tutta l’Italia e nelle aree più temperate dell’Europa<br />

continentale.<br />

La larva di questo insetto si sviluppa soprattutto su Vite e su<br />

un arbusto sempreverde presente in europa occidentale (Gnidio,<br />

Daphne gnidium), ma si alimenta anche di foglie, fiori e<br />

frutti di numerose piante tipiche dell’ambiente mediterraneo<br />

(Rovo, Corbezzolo, Rosmarino, Trifoglio, Mirto, Olivo, ecc.).<br />

Ciclo biologico<br />

La tignoletta compie normalmente 3 generazioni annuali, ma<br />

nelle aree più calde dell’Italia può completarne una quarta.

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