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National Experiences - British Commission for Military History

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ai r p o w e r in 20 t H Ce n t u ry do C t r i n e s a n d em p l o y m e n t - nat i o n a l ex p e r i e n C e s<br />

così evidenza che, nella situazione politica generatasi dopo la caduta del muro di<br />

Berlino, gli obiettivi politici di una missione militare si potevano conseguire solo<br />

con il concorso delle varie componenti dello strumento militare, in tempi e con modalità<br />

diverse, ma in <strong>for</strong>ma assolutamente coordinata e convergente.<br />

Venne poi l’Afghanistan, ambiente operativo assai peculiare, in cui le cose si sono<br />

andate complicando con il passare del tempo, dopo il fulmineo successo iniziale che<br />

ha permesso di spazzare il governo del Mullah Omar, senza s<strong>for</strong>zi eccessivi. Le operazioni,<br />

prima nel solo quadro di Enduring Freedom e poi con l’intervento NATO e<br />

l’avvio di ISAF, si sono sviluppate in un quadro essenzialmente, per non dire quasi<br />

esclusivamente terrestre, con interventi delle <strong>for</strong>ze aeree in un ruolo quasi esclusivo<br />

di trasporto logistico, di ricognizione e di close air support, condotto anche con mezzi<br />

non concepiti per tale ruolo, come il B1-B, e spesso solo nella modalità ‘show the<br />

presence’, al fine di minimizzare i rischi di colpire civili innocenti. Qualcuno ne ha<br />

tratto la deduzione che nell’attuale quadro strategico, caratterizzato prevalentemente<br />

da operazioni di peace keeping/en<strong>for</strong>cement, il ruolo delle <strong>for</strong>ze terrestri sia diventato<br />

assolutamente dominante, con le altre componenti ridotte ad un ruolo di mero<br />

supporto, ma dimenticando che anche in Afghanistan le truppe di terra godono di<br />

libertà di movimento solo perché la coalizione gode di un dominio dell’aria assoluto,<br />

dominio che può essere conseguito e mantenuto solo dalla disponibilità di un’adeguata,<br />

per qualità e quantità, disponibilità di mezzi aerei delle varie tipologie.<br />

E siamo oggi alla Libia. La coalizione ha deciso fin dall’inizio che sarebbe intervenuta<br />

solo con mezzi aerei e che non avrebbe messo ‘boots on the ground’, convinta<br />

di riprodurre la fase iniziale della vicenda kosovara, confidando che le <strong>for</strong>ze ribelli<br />

avrebbero svolto agevolmente il ruolo sostenuto a suo tempo dalle milizie kosovaroalbanesi<br />

e che, visti gli sviluppi delle pressoché contemporanee vicende in Egitto<br />

e in Tunisia, i tempi sarebbero stati assai rapidi. Ci sono stati evidentemente degli<br />

errori di valutazione, sia circa le peculiarità della situazione libica rispetto a quelle<br />

dei paesi confinanti, sia soprattutto circa le effettive capacità degli insorti: questi,<br />

lungi dal costituire una reale minaccia per le <strong>for</strong>ze regolari lealiste, hanno evidenziato<br />

un’iniziale assoluta incapacità operativa, il che ha reso necessario un prolungarsi<br />

della campagna aerea, che peraltro non è mai stata martellante, al fine di dare tempo<br />

alle <strong>for</strong>ze dell’insorgenza di costituirsi, organizzarsi, addestrarsi al fine di dare consistenza<br />

alla propria azione.<br />

Quali conclusioni possiamo trarre da tutte queste vicende? Molto semplicemente<br />

che nessun obiettivo politico potrà essere conseguito da un’azione militare, qualsiasi<br />

tipo di quadro strategico si voglia considerare, se non si dispone di un complesso<br />

armonico ed equilibrato di capacità in tutte le dimensioni operative. Non solo, ma la<br />

varietà delle situazioni può essere tale da richiedere la disponibilità pronta ed efficace<br />

di unità atte ad operare in tutto il possibile spettro delle operazioni: per rimanere<br />

sul terreno, nessuno si illuda di potere rinunciare alle componenti corazzate e di artiglieria<br />

pesante senza correre rischi inaccettabili di constatare la propria impotenza<br />

di fronte a situazioni che ne richiedono l’impiego.

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