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126<br />

F ABRIZIO P AGNONI<br />

to, l’orizzonte spaziale entro cui Pandolfo si muove conosce un deciso allargamento:<br />

nel 1524 lo troviamo come «cancellaro dil Illustrissimo conte<br />

Camillo chiamato de tutti Contino» 52 , anche egli condottiero a servizio<br />

della Serenissima assieme al fratello e a capo di quattrocento uomini<br />

d’armi. Il legame stretto instauratosi tra il cronista e i fratelli da Barco è<br />

testimoniato più volte nel Registro. La presa di Garlasco è l’evento più importante<br />

vissuto da Pandolfo in qualità di cancelliere del Contino 53 ed è a<br />

lungo narrata e descritta con cura di particolari dal cronista.<br />

Nel 1525 è inviato a Crema presso il provveditore Pietro Pisani come<br />

deputato alle mura, mentre negli anni successivi ottiene diversi incarichi<br />

nel contado bresciano, in qualità di deputato a diversi vicariati:<br />

Ghedi (’26), Gavardo (’28), Montichiari (nel ’30, si tratta di uno dei vicariati<br />

maggiori, rappresentando proprio per questo motivo una carica<br />

piuttosto prestigiosa), Gottolengo (’33). Del suo vicariato a Gottolengo<br />

ci restano varie tracce nel Registro: sappiamo infatti dalla cronaca che<br />

già il padre aveva ricoperto il medesimo incarico 54 , ed abbiamo riprova<br />

del fatto che la carica comportasse l’assunzione (in rappresentanza dei<br />

Rettori veneti) di responsabilità piena per l’alta e la bassa giustizia 55 .<br />

Ad un accrescimento, seppur non rilevantissimo, del prestigio personale,<br />

fa da interessante parallelo il miglioramento economico di questo<br />

ramo dell’agnazione: non si tratta di un boom economico, ma i pochi<br />

che questi aveva iniziato per conto di Bartolomeo Martinengo e di Renzo Orsini di Ceri.<br />

Si veda Ivi, c. 233v.<br />

52 Cioè di Camillo Martinengo da Barco, fratello di Roberto Martinengo. Cfr. Ivi, c. 35r.<br />

e sgg. Il numero degli uomini al servizio di Camillo è riportato sempre dal Nassino.<br />

53 Peraltro nel racconto della presa di Garlasco Pandolfo non lesina i meriti personali<br />

nell’aver permesso, attraverso un sapiente uso incrociato delle artiglierie da assedio,<br />

l’abbattimento delle mura.<br />

54 Ivi, c. 228v, dove l’autore fa riferimento ad alcuni condannati a morte «al tempo del<br />

s.p. domino Iacomo di Nassini mio padre essendo vicario de ditta terra de Gottolengo».<br />

55 Ivi, c. 208r: «Essendo mi Pandolfo Nassino […] electo per vicario di Gottolengo del anno<br />

Millecinquecentotrentatré, per la Magnifica cità di Bressa sotto alli Magnifici Rectori<br />

[…] diromi signori lectori come […] li illustrissimi signori Rectori deteno le commissioni<br />

in scritto che potessi comandare così peccuniariamente come corporale a tutti subditi alla<br />

giurisdictione di essi magnifici signori Rectori». Se da un lato è quasi ovvio che su di una<br />

circoscrizione afferente alla città fosse proprio quest’ultima ad avere pieni diritti giurisdizionali,<br />

è d’altra parte significativo che Pandolfo sottolinei come i suoi poteri in questo<br />

campo derivino non dal Consiglio cittadino, ma dai rappresentanti del governo veneto.

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