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S EVERINO B ERTINI<br />
mancava mai in questi opifici, versando direttamente la quota spettante.<br />
Attraverso l’attività molitoria, i Comuni potevano inoltre realizzare<br />
degli utili che annualmente venivano ripartiti sulle teste e sulle bocche<br />
degli abitanti. Non sorprende, quindi, che nelle piccole comunità contadine<br />
la cui miserabilità era uno spettro con cui fare i conti quotidianamente,<br />
l’importanza strategica di questi edifici fosse al centro di aspre<br />
lotte tra gli antichi originari, proprietari degli edifici, e i forestieri che<br />
venivano esclusi dalla ripartizione degli utili.<br />
Non è da sottovalutare nemmeno la loro importanza sociale e civile. Le<br />
istituzioni proprietarie, che potevano essere Comuni, monasteri, Curie<br />
vescovili, si trovavano in mano un efficace strumento di controllo sociale.<br />
Agli abitanti del territorio, compresi i forestieri, veniva sistematicamente<br />
vietata la macinazione in mulini «stranieri» e in caso di disobbedienza<br />
scattavano meccanismi di dissuasione, come multe salate o<br />
divieti di vario genere, in grado di ridurre sul lastrico qualsiasi contadino.<br />
I proprietari di questi opifici avevano in mano un eccellente strumento<br />
per esercitare pressioni, controllare e punire la popolazione, e<br />
non esitavano ad utilizzarlo per conservare saldamente nelle proprie<br />
mani il potere. A partire da queste considerazioni non dovrebbe stupire<br />
il fatto che, al contrario, i mulini fossero anche un bersaglio privilegiato<br />
di individui, o parte della popolazione, che con atti vandalici cercavano<br />
di esercitare pressioni, se non ricattare, le istituzioni. Raimondi Sigismondo,<br />
notaio di Prandaglio, scriveva in una supplica che a memoria<br />
d’uomo la comunità di Prandaglio teneva pacificamente e senza contraddizione<br />
alcuna una travata sul Chiese sul territorio di Prandaglio<br />
per condurre acqua ai mulini per macinare. La travata venne distrutta<br />
nottetempo con gravissimo danno e spesa del Comune e senza sapere<br />
«chi siano stati tali delinquenti».<br />
Il «povero Comune» venne costretto a rifarla in quanto «non tenir essa<br />
trabata» sarebbe stata «l’estrema ruina di detta terra»; e per «oviar anco<br />
alli scandali et disordeni» che sarebbero potuti sorgere la Vicinia nominò<br />
un procuratore per comparire «alli piedi del Serenissimo Principe»<br />
della inclita città di Venezia per «dimandar et ottener […] suffragii o<br />
lettere direttive alli illustrissimi signori Rettori di Brescia» di conferma<br />
dell’antico possesso della travata da parte del Comune. Nel caso in cui<br />
qualcuno avesse avanzato obiezioni, si sarebbe potuta escogitare una