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A LBERTO Z AINA<br />

nel primi decennio del Cinquecento, annunciato dal Foppa, e che poi fiorirà<br />

in pieno con i “tre grandi” dell’arte bresciana, Savoldo, Moretto, Romanino;<br />

quindi l’affermarsi del manierismo, dopo la seconda metà del<br />

secolo, quando oramai i “tre grandi” sono tutti scomparsi.<br />

Nella cittadina della Bassa due monumenti, da pochi anni pienamente<br />

recuperati, offrono interessanti elementi per chiarire alcuni passaggi<br />

della storia artistica bresciana. Si tratta di uno dei momenti cruciali della<br />

produzione artistica, che verso la fine del Quattrocento, non solo a Brescia<br />

ma in tutta la Lombardia si esprime dapprima con gli stilemi ancora<br />

tardogotici, per assumere poi le più moderne forme rinascimentali.<br />

Santa Maria della Rosa, la cui storia edilizia era stata analizzata da Valentino<br />

Volta, reca la più vasta silloge freschiva, circa 120 cento affreschi<br />

databili tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, appartenenti cioè alla<br />

fase cruciale della transizione tra il gusto medievale e quello moderno.<br />

Un’estesa rassegna pittorica, che permette di capire meglio una larga<br />

fetta della storia artistica bresciana, giacché i maestri che vi dipingono,<br />

benché quasi tutti anonimi, sono tuttavia presenti in numerosi altri<br />

luoghi, chiese ed oratori del territorio provinciale. Dalla loro individuazione<br />

emergono conferme sorprendenti, e di straordinario interesse circa<br />

influssi, gusti e percorsi della committenza e anche sotto il profilo iconografico,<br />

specialmente dal punto di vista domenicano, essendo Santa<br />

Maria della Rosa il più grande monumento sopravvissuto di questo ordine<br />

nel Bresciano (di questo aspetto si era occupata nel 2009 Teresa Benedetti).<br />

L’analisi degli affreschi ha consentito anche, però, di orientarsi<br />

su posizioni divergenti rispetto alla storiografia precedente, chiarendo<br />

anche i rapporti di personalità magari di non primissimo piano, ma che<br />

costituiscono larga parte del tessuto artistico degli anni tra la fine del<br />

Quattrocento e l’inizio del Cinquecento nel Bresciano. Accanto a Paolo<br />

da Caylina il Vecchio, numerosi e attivissimi “maestri anonimi” hanno<br />

riempito in quegli anni le pareti delle chiese della provincia: da Brescia<br />

alla Valcamonica, dalla zona del Lago di Garda alla Franciacorta, per i<br />

quali la ricca dotazione di Santa Maria della Rosa si pone quasi come<br />

cartina al tornasole per individuare meglio le personalità (Fiorella Frisoni,<br />

Alberto Zaina). Calvisano si rivela quindi come un luogo di fecondi<br />

“transiti culturali”, rivelando anche una “insolita” presenza di Zenone<br />

Veronese (maiuscolo, vero?) che qui si rivela come affreschista (Mario<br />

Marubbi). Anche il mondo della scultura lignea ha rivelato questa fun-

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