Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
252<br />
A LBERTO Z AINA<br />
nel primi decennio del Cinquecento, annunciato dal Foppa, e che poi fiorirà<br />
in pieno con i “tre grandi” dell’arte bresciana, Savoldo, Moretto, Romanino;<br />
quindi l’affermarsi del manierismo, dopo la seconda metà del<br />
secolo, quando oramai i “tre grandi” sono tutti scomparsi.<br />
Nella cittadina della Bassa due monumenti, da pochi anni pienamente<br />
recuperati, offrono interessanti elementi per chiarire alcuni passaggi<br />
della storia artistica bresciana. Si tratta di uno dei momenti cruciali della<br />
produzione artistica, che verso la fine del Quattrocento, non solo a Brescia<br />
ma in tutta la Lombardia si esprime dapprima con gli stilemi ancora<br />
tardogotici, per assumere poi le più moderne forme rinascimentali.<br />
Santa Maria della Rosa, la cui storia edilizia era stata analizzata da Valentino<br />
Volta, reca la più vasta silloge freschiva, circa 120 cento affreschi<br />
databili tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, appartenenti cioè alla<br />
fase cruciale della transizione tra il gusto medievale e quello moderno.<br />
Un’estesa rassegna pittorica, che permette di capire meglio una larga<br />
fetta della storia artistica bresciana, giacché i maestri che vi dipingono,<br />
benché quasi tutti anonimi, sono tuttavia presenti in numerosi altri<br />
luoghi, chiese ed oratori del territorio provinciale. Dalla loro individuazione<br />
emergono conferme sorprendenti, e di straordinario interesse circa<br />
influssi, gusti e percorsi della committenza e anche sotto il profilo iconografico,<br />
specialmente dal punto di vista domenicano, essendo Santa<br />
Maria della Rosa il più grande monumento sopravvissuto di questo ordine<br />
nel Bresciano (di questo aspetto si era occupata nel 2009 Teresa Benedetti).<br />
L’analisi degli affreschi ha consentito anche, però, di orientarsi<br />
su posizioni divergenti rispetto alla storiografia precedente, chiarendo<br />
anche i rapporti di personalità magari di non primissimo piano, ma che<br />
costituiscono larga parte del tessuto artistico degli anni tra la fine del<br />
Quattrocento e l’inizio del Cinquecento nel Bresciano. Accanto a Paolo<br />
da Caylina il Vecchio, numerosi e attivissimi “maestri anonimi” hanno<br />
riempito in quegli anni le pareti delle chiese della provincia: da Brescia<br />
alla Valcamonica, dalla zona del Lago di Garda alla Franciacorta, per i<br />
quali la ricca dotazione di Santa Maria della Rosa si pone quasi come<br />
cartina al tornasole per individuare meglio le personalità (Fiorella Frisoni,<br />
Alberto Zaina). Calvisano si rivela quindi come un luogo di fecondi<br />
“transiti culturali”, rivelando anche una “insolita” presenza di Zenone<br />
Veronese (maiuscolo, vero?) che qui si rivela come affreschista (Mario<br />
Marubbi). Anche il mondo della scultura lignea ha rivelato questa fun-