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278<br />

C IVILTÀ B RESCIANA<br />

circa il significato del termine ‘recensione’,<br />

che, non solo a mio parere, ma anche<br />

secondo assodati canoni editoriali e<br />

redazionali comporta non solo una indicazione<br />

riassuntiva dei contenuti di<br />

un libro, ma anche, e soprattutto, un<br />

loro esame “critico”, quindi un vera e<br />

propria verifica comportante un impegno<br />

di studio.<br />

Gli interventi recensori in tale direzione,<br />

per la verità sempre più rari in campo<br />

editoriale, ma che in questa rivista continuano<br />

ad essere praticati, comportano<br />

veri e propri contributi che, in campo<br />

storico-artistico, conducono talvolta<br />

a importanti “correzioni”, attribuzioni<br />

o comunque discussioni proficue all’approfondimento<br />

dell’argomento.<br />

Affrontando il libro di Vito Zani, mi<br />

sento un po’ impari al compito, non essendo<br />

uno specialista della scultura rinascimentale,<br />

ma posso esibire solo un<br />

interesse costante, da anni, all’argomento,<br />

che mi ha portato ai confini della<br />

ricerca di Zani, soprattutto dal punto<br />

di vista archivistico: un lavoro inappuntabile<br />

su questo versante, e su quello<br />

della letteratura artistica, come si<br />

conviene ad un lavoro scaturito da un<br />

dottorato di ricerca condotto in modo<br />

rigoroso, secondo le consuetudini del<br />

Dipartimento di Storia delle arti dell’Università<br />

degli studi di Milano, che<br />

spesso promuove la ricerca sulle arti a<br />

Brescia nel primo Rinascimento. L’autore<br />

riesamina documenti e letteratura<br />

artistica: dalle provvisioni ai bollettari<br />

delle fabbriche pubbliche di Brescia, dalle<br />

edizioni di Pomponio Gaurico a quelle<br />

di Ottavio Rossi, dalle ricerche di Bernardino<br />

Faino alla grande opera di Baldassare<br />

Zamboni per ricostruire l’ambiente<br />

bresciano di fine Quattrocento.<br />

Così dal mare informe delle notizie do-<br />

cumentarie, emergono come isole le delibere<br />

comunali e il concorso di eminenti<br />

personaggi, che pongono in rilievo<br />

l’interesse di una intera comunità per i<br />

monumenti sia della fede, sia della rappresentanza<br />

civile. Vi compaiono in<br />

modo particolarmente ampio le committenze<br />

scultoree, favorite, in un certo<br />

senso, dalla ricchezza delle cave del Botticino,<br />

pietra che si presta particolarmente<br />

a dare alle sculture un gusto particolare,<br />

meno prezioso rispetto agli effetti<br />

sericei dello “statuario” di Carrara,<br />

ma più denso nel suo spesso biancore.<br />

Uno spessore che ben si addice alla “indole”<br />

della concretezza lombardo-bresciana<br />

che in questa pietra si perpetua<br />

nei secoli, dall’antichità fino all’era contemporanea,<br />

e sul cui uso Zani attua<br />

una rivisitazione fino ai fasti della committenza<br />

zanardelliana dell’Altare della<br />

patria. L’autore ricostruisce il clima di<br />

fervore che i bresciani dalla seconda<br />

metà del Quattrocento manifestano nel<br />

dare degna collocazione ai “reperti” delle<br />

reliquie dei sacri corpi di vescovi e<br />

martiri, che “producono” grandi arche<br />

dove l’architettura si sposa intimamente<br />

alla scultura e dove, a partire dal monumento<br />

al vescovo De Dominicis, comincia<br />

ad emergere il gusto umanistico<br />

del classicismo antiquario, che si esprime<br />

in opere come l’arca di San Tiziano e<br />

poi in quella più complessa di Sant’Apollonio<br />

e nella “cappella Cavalli” di<br />

San Pietro in Oliveto, per trovare i massimi<br />

momenti di espressione della fede e<br />

dell’impegno civile, che a Brescia sono<br />

“strutturalmente connessi”, nelle due<br />

più significative “pubbliche fabbriche”<br />

a cui erano preposti appositi magistrati:<br />

quella del santuario civico di Santa<br />

Maria dei Miracoli, e quella della grande<br />

impresa per il rinnovamento comples-

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