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cb2010dicembre

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“LO MEGLIO SARIA NON HAVER PARCIALITÀ”<br />

stà fato ditto estimo sono ruinati molti terri, et sono venuti in grandissima<br />

povertade, sì che per debito de iustitia saria tempo de far ditto<br />

estimo, et maxime per li spese grossissimi che corre ali tempi presenti<br />

[…] et molte altre agravezi che se dano sopra de questo tale iniquo et<br />

iniusto estimo, […] se prega tutti quelli che sono stà renitenti ad non<br />

lasar far ditto estimo de che conditione, stato et grado, [...] così magnati<br />

como personi infimi, et così citadini como contadini, et così forestieri<br />

como terreri, che se volia degnare de far far ditto ditto estimo [...]».<br />

Continua poi il cartello sancendo una sorta di ultimatum alla realizzazione<br />

dell’estimo da parte delle autorità competenti, e cioè provveditori<br />

veneziani e Consiglio cittadino, scaduto il quale gli anonimi autori «se<br />

intenda essere acitati in la valle de Iosafat et in quella deno comparer fra<br />

mesi sey, cioè la ultima hora giuridica deli sey mesi adi 15 setember<br />

1526 […]». Che il bisogno di un nuovo estimo fosse sentito dalla cittadinanza<br />

è rilevabile in effetti anche dal commento successivo del cronista,<br />

che rileva come «tutti lo vardavano [il cartello] et lezevano ma non<br />

era homo che lo movesse et stete atachato più de uno mese a ditte colone»:<br />

gli anni successivi al sacco sono difficili per Brescia e per il suo<br />

territorio, e la normalizzazione dello stato di guerra permanente sembra<br />

essere ancora lontana, tanto che proprio tra 1526 e ’27 si registrano<br />

passaggi di mercenari tedeschi sul suolo bresciano. È ovvio che una<br />

parte della cittadinanza si schieri a favore di una revisione dell’estimo,<br />

per abbassare le aliquote di imposta in accordo con l’impoverimento o<br />

l’impossibilità di far fruttare a dovere le terre agricole. Qui lo scollamento<br />

più evidente appare quello già in parte consumatosi nel corso dei<br />

secoli precedenti tra città e contado: il cartello invita tutti ad essere «boni<br />

patri a questi poverissimi terri che anno portato et portano tali agravezi<br />

intollerabili et indebitamente», cioè a comprendere che l’eccessivo<br />

favoritismo tributario nei confronti della città e a spese del contado deve<br />

essere ridimensionato, in favore di una più equilibrata redistribuzione<br />

dei carichi fiscali. Uno scollamento che però ne nasconde un altro,<br />

espresso dal cartello in maniera embrionale, ma evidente come dato<br />

reale in città almeno dagli anni della serrata oligarchica: ad aver l’occasione<br />

di pagare in città anche le aliquote dei beni posseduti nel contado<br />

sono sì tutti i cittadini, ma in misura prevalente i cives nel pieno senso<br />

della parola, cioè gli aventi diritto, gli appartenenti al Consiglio. Essi,<br />

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