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D ALLA “ PASTORELLA” DI F. P ETRARCA AL “CERF BLANC”<br />

va conto lo stesso Dante, stando alle testimonianze che Roncaglia ricorda<br />

nel suo contributo 29 .<br />

La versione musicale di Jacopo da Bologna ebbe un seguito: nei primi anni<br />

del ’400 ne parlava Simone Prudenzani nel suo Saporetto 30 quando descriveva<br />

una corte ricca e gaudente: esaurita l’esecuzione dei pezzi di frate<br />

Biagio, Sollazzo esibiva un rotolo contenente ben cento composizioni<br />

«scritte et solfate», cioè fissate sulla carta con testo e notazione musicale.<br />

Coadiuvato da due compagni, egli ne cantava un certo numero che dagli<br />

incipit, tutti in lingua italiana, rivelavano essere opere di Jacopo da Bologna,<br />

Giovanni da Cascia, Francesco Landini, Zanino da Perago da Padova<br />

e Matteo da Perugia 31 . Il madrigale Non al suo amante musicato da Jacopo<br />

da Bologna «benché antico» era ritenuto «molto buono» 32 .<br />

Nei primi anni del Cinquecento i testi di Petrarca entrarono nel genere<br />

frottolistico e conobbero la stampa negli undici Libri di Frottole che Ottaviano<br />

Petrucci da Fossombrone con privilegio della Serenissima dava<br />

alla luce in parte a Venezia e in parte a Fossombrone dal 1504 al 1514 33 :<br />

29 A. RONCAGLIA, Sul «divorzio tra musica e poesia», p. 390.<br />

30 Il “Sollazzo” e il “Saporetto”, con altre rime di Simone Prudenzani di Orvieto, a cura di S. Debenedetti,<br />

Torino 1913 (Supplemento al «Giornale Storico della letteratura Italiana», 15).<br />

31 E. FERRARI BARASSI, Pifferi ed altri strumenti alla corte bresciana di Pandolfo III Malatesta,<br />

in Musica e liturgie nel Medioevo bresciano (secoli XI-XV), Storia, Cultura e Società 2, a cura<br />

di M.T. Rosa Barezzani e di R. Tibaldi, Brescia 2009, pp. 474-475. Ferrari Barassi ipotizza<br />

che “frate Biagio” citato nel Saporetto di Simone Prudenzani sia lo stesso Biagio<br />

autore di Ore Pandulfum, celebrante Pandolfo Malatesta signore di Brescia dal 1404 al<br />

1421; propone come possibile la corrispondenza fra il mondo cortese vagheggiato dal<br />

Prudenzani e quello reale esistito a Brescia presso il Malatesta. Il fatto che l’autore della<br />

ballade fosse chiamato (al vocativo) «dompne» cioè domine può far pensare a una sua appartenenza<br />

ecclesiastica, probabilmente compatibile con la qualifica di «frate» assegnatagli<br />

nel Saporetto, e ciò rende ancora più realistica l’ipotesi di un’identificazione fra i<br />

due. Aggiunge ipotesi varie su Blasius alla p. 473, n. 131. Sul medesimo argomento si<br />

veda anche P. MEMELSDORFF, Ore Pandulfum. Il contratenor come glossa strutturale, in Musica<br />

e liturgie, pp. 381-420.<br />

32 E. FERRARI BARASSI, Pifferi ed altri strumenti, p. 475, n. 134; altre identificazioni e rimandi<br />

in JO. NADAS, A cautious reading, «Recercare» X (1998), pp. 36-37; e in P. DURANDO Musica,<br />

danza e gastronomia nel Saporetto di Simone Prudenzani, tesi di laurea in Musicologia,<br />

Università degli Studi di Pavia, Scuola di Paleografia e Filologia Musicale, a.a. 1998-<br />

1999, pp. 116-118.<br />

33 La realizzazione tipografica delle prime opere a stampa del Petrucci avveniva in tre fasi<br />

successive: prima i pentagrammi, poi le note e infine le parole dei testi unitamente alle<br />

15

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